DEMONS HUNTERS

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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 11 luglio 2011, 20:59

Eccovi il post.

Inoltre vi imploro di aiutarmi...
[spoiler]Per il titolo del sequel di brisingr avevo pensato a due titoli (Empire no perchè ce ne sono 20.000.000.000.000 (ok sto esagerando, ma ce ne sono tanti))
Quindi, visto che la storia è praticamente centrata su una strana fiala dal contenuto misterioso (per voi forse, ma per me no :P) avevo pensato a Elixir (però mi fa un po' schifo) oppure avevo pensato ad Eternity (che mi fa schifo pure questo)

Vi prego! HELP ME!!!
[smilie=mellow.gif] Aiutatemi immediatamente altrimenti per Brisingr non ci sarà alcun futuro [smilie=mellow.gif] [/spoiler]

adesso attiro l'attenzione...
[spoiler]Immagine[/spoiler]

...ed ora eccovi il post

Pochi minuti ed era arrivata all’hotel dove alloggiava. Si fermò all’entrata, sentendosi una strana sensazione addosso, ma la ignorò, entrando nell’Atlas City Hotel, avvicinandosi al bancone in legno della reception dove una donna, dietro di esso, le rivolse un gran sorriso.
- Buonasera - le disse in tedesco, prendendo la chiave della stanza 307, porgendogliele - Passato una buona serata? -
Sorrise in modo forzato - Sì, grazie - rispose, voltandosi verso le scale e l’ascensore alla sua sinistra - Buonanotte -
- Buonanotte -
Lasciala reception e salì lentamente le scale, fino all’ultimo piano, poi svoltò a sinistra per un lungo corridoio, raggiungendo l’ultima stanza a destra. Infilò la chiave nella serratura ed entrò nella stanza, chiudendo a chiave la porta.
La camera non era un granché: era piccola, il letto matrimoniale ci stava appena lasciando il posto ad un piccolo armadio, poi c’era un’unica finestra, che dava sulla Paul- Heyse-Straße, appena sopra alle scale antincendio esterne. Una parete divisoria separava la camera dal bagno, altrettanto piccolo e senza alcuna finestra.
Lanciò la chiave sul letto ed entrò nel bagno, aprendo il getto d’acqua fredda della doccia, entrando subito dopo essersi spogliata. Sperò con tutto il cuore che l’acqua ghiacciata le togliesse dalla testa quei pensieri che l’Elementale le aveva messo in testa, ma sembrava non funzionare.
“E se Jane avesse ragione?”
***
Non appena aveva visto Angelica si era nascosto dietro un angolo, aspettando che la ragazza entrasse nell’hotel e che il suo cuore ricominciasse a battere.
Si era avvicinato all’entrata e, prima di entrare, aveva aspettato che la mora se ne andasse dalla reception. La donna mora dietro al bancone gli sorrise, dicendo qualcosa in tedesco, che non riuscì a capire.
“Io faccio schifo in tedesco!” pensò, iniziando a parlare in inglese - Buonasera, una mia amica alloggia qui, sapreste dirmi la sua camera? -
- Certo, qual è il nome della sua amica? -
- Angelica Vetra -
La donna gli sorrise di nuovo - La stanza è la numero 307. All’ultimo piano prenda il corridoio a sinistra, la camera è l’ultima a destra. Vuole che la avvisi del suo arrivo? -
- No, grazie - disse, salutando la donna con un lieve cenno del capo e salendo le scale di corsa, con il cuore che batteva all'impazzata all'idea di rivederla.
"E già che ci sono le dico quattro parolacce per aver combinato tutto questo casino" pensò, arrivando all'ultimo piano dell'hotel, svoltando a sinistra per un lungo corridoio tenendo lo sguardo fisso sull'ultima porta e, quando si fermò proprio davanti, lesse più e più volte il numero 307.
Bussò e restò in silenzio.
Qualcuno parlò in tedesco, ma riconobbe subito la voce, e restò in silenzio. La serratura scattò e la porta si aprì, mostrandogli la ragazza che desiderava stringere di nuovo tra le braccia, avvolta in un candido asciugamano. Angelica sgranò gli occhi ed impallidì ancora di più - Matteo...cosa...-
La spinse in camera ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle, voltandosi poi verso la ragazza - Angelica. Devi tornare immediatamente -
- Co…cosa ci fai qui? -
- Ti ho cercato da quanto te ne sei andata, cosa pensi che ci faccia qui? -
Lei fece dei profondi respiri - Devo chiederti di andartene -
- Dopo tutta la strada che ho fatto mi chiedi di andarmene? -
- Esatto -
- E se non lo faccio? Scappi di nuovo? -
- Ti butto fuori con la forza - rispose Angelica in tono freddo - Ora vattene -
- No -
- Non costringermi ad usare la forza -
- La forza? Non so se hai notato ma sono due volte più grosso di te, sono un uomo e tu una donna piccola e magrolina -
La mora non si scompose ed incrociò le braccia al petto - Io sono un Agente -
- Oh certo - disse in tono ironico - E scommetto che sotto l’asciugamano nascondi un fucile -
- Non ho bisogno del fucile per mandarti via -
Fece un passo avanti, fronteggiandola - Ah no? -
- Le mie mani fanno ancora più male -
- Non penso -
Angelica gli tirò un forte schiaffo, restando impassibile. Si portò una mano alla guancia colpita e guardò la ragazza, confuso.
- Vattene -
- Non ci penso proprio - rispose - Adesso torni a Verona con me di tua spontanea volontà oppure ti riporto a casa con la forza -
- Non hai il coraggio di farmi del male -
Era troppo. La spinse contro il muro, bloccandole le braccia, cercando però di non farle male - Adesso tu torni con me a Verona immediatamente -
- No -
- Sei testarda come un mulo! -
- E tu non dovevi cercarmi! -
- Sono venuto a cercarti perché sei una stupida! -
- E tu sei un asino! -
- Testona! -
- Brutto scemo! -
L’afferrò senza sforzo, facendole di nuovo battere la schiena contro il muro - Sto cominciando ad arrabbiarmi! -
- Non me ne frega niente! -
- Sono arrabbiato perché sei scappata, sono arrabbiato perché mi hai lasciato da solo, sono arrabbiato perché hai smesso di lottare! -
Angelica gli diede uno spintone, facendolo arretrare, afferrandogli il collo - Io non ho smesso di lottare! -
- Sì invece! - disse, liberandosi in fretta ed allontanando la fidanzata con uno spintone, facendole sbattere la schiena contro il muro - Hai assecondato i piani della spia -
- Volevo proteggervi! -
- Non ci hai protetto Angelica. Non hai fatto proprio niente! -
La ragazza partì all’attacco, tirandogli un altro schiaffo: sentì immediatamente il sapore del sangue sulle labbra. Angelica fece per colpirlo di nuovo, ma le afferrò entrambi i polsi, facendola prima inginocchiare e poi sdraiare a terra.
- La spia ha tenuto sotto controllo sia me, sia Elisabeth e anche Beatrice! - le urlò ad un soffio dal suo viso - Cosa volevano secondo te?! Usarci per attirarti di nuovo a Verona e per costringerti ad allearti con la spia! -
Angelica sembrò calmarsi un attimo, facendo dei respiri profondi per rilassarsi. Le liberò i polsi, ma non si fidò a liberarla: gli aveva fatto male con quello schiaffo!
La mora gli appoggiò la mano fredda sulla guancia, lanciando un sospiro - Scusami, non dovevo colpirti -
- Ti sei calmata adesso? - domandò, spostandosi ed aiutandola a mettersi a sedere.
Lei annuì, sistemandosi l’asciugamano - Hai ragione tu. Non dovevo... -
Non le diede nemmeno il tempo di concludere la frase: si avvicinò ed appoggiò le labbra sulle sue.
***
Rimase immobile per qualche secondo, ma poi si lasciò andare: gli strinse forte la maglia, facendolo avvicinare ancora di più. Proprio quando stava per cedere, il ragazzo si fermò, alzandosi in piedi ed aiutandola a fare lo stesso, ma solo per farla sedere di nuovo sul letto.
- Come hai fatto a trovarmi? - domandò, prevedendo già la risposta - Anzi, non dirmelo. Scommetto che dietro a tutto questo ci sono Elisabeth e Beatrice -
- Se non fosse stato per loro non sarei mai riuscito a seminare gli Agenti che ci pedinavano -
- Sai con esattezza perché vi seguivano? -
- No, ma di sicuro volevano scoprire dove sei - disse lui - Ma per fortuna sono arrivato all’aeroporto senza farmi scoprire -
- Elisabeth e Beatrice? Che fine hanno fatto? -
- Non lo so. Mi hanno detto di non chiamare -
Chiuse gli occhi, lanciando un sospiro - Speriamo che non sia successo niente -
- Se vuoi scoprirlo basta tornare a casa -
- Non so se c’è un aereo che va a Verona. Forse domani mattina - disse, senza ricevere risposta, lanciando un’occhiata a Matteo - Ti senti bene? -
Il ragazzo le mise una mano nei capelli ancora bagnati e l’attirò a sé, baciandola con disperazione, accarezzandole quel poco di schiena lasciata scoperta dall’asciugamano.
Si staccò appena, prendendo fiato - Non credo sia una buona idea -
- Cosa vuoi fare fino a domani mattina? -
- Dormire? Tu hai le borse sotto agli occhi -
- Ho fatto il pieno di zuccheri in aereo -
Scosse la testa sorridendo - Non ci credo, hai preso l’aereo anche se hai paura di volare? -
- Non ho paura di volare è che quel coso poteva cadere per...un guasto, un temporale, magari la vecchia seduta vicino a me era una terrorista, come fai a dirlo? -
Rise piano, portandosi le mani al viso - Matteo Dall’Angelo, non ti facevo così pessimista -
- Poteva staccarsi il motore da un momento all’altro -
- Se mi dici che hai visto un Gremlins... -
- Non ho visto nessun Gremlins -
- Sicuro? Perché a loro piace rosicchiare le parti dei motori degli aerei -
- Non sei spiritosa -
Scoppiò a ridere, sdraiandosi sul letto a pancia in su. Matteo non disse niente: restò con la sua solita espressione imbronciata finché non smise di ridere. Si mise di nuovo a sedere, togliendosi una lacrima che le rigava la guancia per il troppo ridere - Sai, stare da sola mi ha fatto pensare a come sarebbe la mia vita senza demoni, senza essere chiamata ogni giorno dall’Agenzia, senza correre pericoli. Dirò alla Direttrice che mi ritiro. Per sempre -
Il moro le sorrise, ma lei abbassò lo sguardo.
- Ti dispiace lasciare l'Agenzia?-
Scrollò la testa - No, é solo che non mi lasceranno andare via tanto facilmente. Ma parlerò civilmente con la Direttrice, cercando di trovare un accordo -
Matteo si avvicinò al suo viso - Lo spero davvero, sarebbe bello non avere più demoni che non ti ronzano intorno pronti ad ucciderti -
Annuì - Sì, sarebbe bello - sussurrò, chiudendo gli occhi ed eliminando la distanza che li divideva, mentre lui alzò piano una mano, accarezzandole la nuca. Fremette a quel tocco così dolce e schiuse appena le labbra per approfondire il contatto, gettandogli poi le braccia al collo, con le mani perse in quei capelli castani che amava stringere tra le dita. Quando si staccarono, entrambi avevano il respiro affannato.
- Tornerai a Verona, allora? Non dovrò usare la forza per costringerti a prendere l’aereo, vero? -
Scosse la testa - Non serve usare la forza. Non posso lasciarti prendere l’aereo con la paura folle che ti ritrovi -
Il moro le sorrise, togliendole completamente l'asciugamano di dosso, facendola sdraiare sul letto - Quando la smetterai di prendermi in giro? - domandò lui, mettendosi sopra di lei.
- Mai -
- Beh, allora io dirò ospedale, ospedale, ospedale, luogo chiuso, luogo chiuso, luogo chiuso, ospedale, ospedale e ospedale-
Inarcò un sopracciglio, mettendo il broncio - Scemo -
Matteo rise, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio - Sei tremendamente eccitante quando fai quella faccia -
Aggrottò la fronte, non capendo - Io non faccio nessuna faccia -
Il fidanzato non le rispose, ma iniziò ad accarezzarle la schiena nuda, scossa da strani brividi, e a baciarla con disperazione, come se lei fosse acqua e lui un assetato nel bel mezzo del deserto.
***
Si staccò appena, osservando la ragazza e per un attimo si sentì male nel vedere una cicatrice sulla spalla destra, la stessa spalla dove l’Incubo l’aveva ferita settimane prima; ma poi le sorrise, accarezzandole i capelli bagnati - Mi sei mancata così tanto -
- Anche tu mi sei mancato -
- Promettimi che non te ne andrai più -
- Non scapperò più, te lo prometto. Solo ora mi sono resa conto dell’errore che ho commesso, ma adesso... - iniziò la ragazza, invertendo le posizioni e mettendosi a cavalcioni sopra di lui - Basta parlare -
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[/spoiler]
Ultima modifica di Kiarya92 il 12 luglio 2011, 13:07, modificato 2 volte in totale.
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 13 luglio 2011, 11:40

Ok, eccovi un post brutto brutto...
Tra un po' sarà tutto finito :laugh:
Non so se posterò altro oggi...voglio mettermi d'impegno e...

[spoiler]Fare un riassunto di Brisingr [smilie=russian_roulette.gif]
qui mi serve qualcosa da bere... -.-'' [/spoiler]

Venerdì, 21 agosto 2009 - ore 03.41
Quando socchiuse gli occhi osservò il posto vuoto sul letto accanto a lui e sperò di non aver sognato tutto.
Mise subito a fuoco la stanza dell'Atlas City Hotel immersa nell'oscurità e voltò immediatamente lo sguardo verso la finestra socchiusa, dove filtrava quel poco di luce che gli bastava per intravedere un'ombra fuori dalla finestra. Si alzò, sbadigliando, infilò boxer e pantaloncini ed aprì la finestra - Cosa fai qui fuori? -
Angelica gli lanciò un'occhiata fugace, aspirando dalla sigaretta che teneva tra le labbra - Fumo -
- Non dovresti farlo -
- Lo so, ma sono nervosa -
Scavalcò la finestra per sedersi accanto alla fidanzata sulla scala antincendio esterna - E perché sei nervosa? -
La ragazza soffiò fuori il fumo schiudendo appena le labbra rosee - Non lo so. Sento che c'è qualcosa che non va -
- Cosa dovrebbe esserci? Siamo solo io e te, a chilometri da Verona e nessuno sa che siamo qui. A parte Elisabeth e Beatrice, ovvio -
- Lo so, ma ho un brutto presentimento -
Si spaventò a morte sentendo uno schiocco secco e una voce vicino a loro. Angelica prese la sigaretta, ormai finita, tra le dita e la gettò sulla strada - Jane, cosa ti porta qui? -
- Volevo parlarti - rispose la voce a lui sconosciuta - É lui il tuo fidanzato da Verona? -
Si alzò in piedi e si voltò verso una donna, bellissima, con addosso un abito da sera, che saliva le scale antincendo per raggiungerli.
- Sì, lui é Matteo. Matteo ti presento Jane -
Rimase immobile, osservando la donna dai capelli talmente chiari da sembrare bianchi - Sei un demone -
- Sono un Elementale, se permetti - rispose Jane con un sorriso - Tranquillo, non voglio né ucciderti né squartati per usare le tue ossa come decorazioni nel mio giardino -
- Questo mi rassicura -
L'Elementale gli sorrise nuovamente, avvicinandosi ed appoggiandogli una mano sulla spalla - Dovrei parlare da sola con Angelica per qualche minuto, poi ti prometto che tornerà a letto sana come un pesce -
Guardò prima il demone, poi Angelica e poi di nuovo la donna - D'accordo - sussurrò, ritornando in camera e sdraiandosi sul letto, dove poteva sentire ogni parola.
Chissà cosa voleva quella donna da Angelica.
***
Prese un'altra sigaretta dal pacchetto che teneva accanto a lei, portandola poi alle labbra ed accendendola - Allora, cosa vuoi? - domandò, soffiando fuori il fumo.
- Sei una persona interessante, Angelica. Ti ho tenuta d’occhio da quando hai ucciso Kyra -
- Perché? -
- Volevo vedere se eri all’altezza di quello che sto per offrirti -
Lanciò un’occhiata a Jane, ancora in piedi, aspettando che parlasse, ma il demone rimase in silenzio per alcuni ed interminabili secondi, studiandola con lo sguardo.
- Sto cercando una sostituta - le spiegò l’Elementale - E penso che potresti essere tu -
Per un attimo non sapeva se restare seria o scoppiare a ridere. Aspirò dalla sigaretta voltando lo sguardo e ridendo piano - Non voglio diventare la cosa a cui ho dato la caccia per anni. Perché, invece di stare qui a parlare con me, non vai a cercarne qualcuno che voglia diventare il prossimo Elementale? -
- Perché io voglio te - rispose la donna - Sento che tu sei la persona giusta e che non useresti i miei poteri per fare del male -
- Ho detto che non li voglio -
- Non sei costretta a diventare un demone. Potrei trasmetterti soltanto la mia forza, il controllo sull’acqua, l’autoguarigione e l’immortalità -
- Non voglio essere immortale ed ora vattene prima che ti uccida -
- Potresti pensarci almeno? - le domandò l’Elementale - Posso evitare di trasmetterti l’immortalità -
- Ho detto no -
- Perché? -
Chiuse gli occhi, soffiando fuori il fumo della sigaretta - Sono 19 anni che convivo con il mio dono di vedere i fantasmi e sono stati gli anni più terribili della mia vita, una vita che forse non potrò mai vivere felice - disse - Non sono in grado di reggere un altro peso, soprattutto se si tratta dei poteri di un Elementale, mi dispiace -
Jane, dopo averla fissata intensamente per alcuni interminabili secondi, lanciò un sospiro, osservando la Paul- Heyse-Straße tre piani sotto di loro - D’accordo, se è questo ciò che vuoi, non te lo chiederò più -
Le fece un piccolo cenno di ringraziamento - Grazie Jane -
- Vedrai che tutto si risolverà -
Sorrise appena, distogliendo lo sguardo dai magnetici occhi verdi del demone - Lo spero -
- No, Angelica. Tutto si risolverà. Io lo so -
- Come puoi saperlo? - domandò, lanciando il mozzicone di sigaretta oltre le scale antincendio.
- Un’anima forte risiede in un corpo forte e in una mente forte, Angelica. Sei più in gamba di quello che pensi -
Si alzò in piedi, aprendo la finestra e dando le spalle all’Elementale - Molti continuano a ripetermelo, ma ormai non ne sono più tanto sicura - disse, congedandosi, rientrando nella stanza 307 ed osservando Matteo, seduto sul letto, che la guardava a sua volta. Sapeva che aveva sentito tutto il discorso tra lei e Jane, ma non disse nulla, sdraiandosi sul letto e girandosi dall’altra parte, cercando di dormire.


La sveglia impostata sul suo cellulare prese a suonare, ma la spense subito. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte.
Si girò nel letto guardando il ragazzo ancora addormentato - Matteo? Matteo devi alzarti - sussurrò, ma lui si girò dall’altra parte, russando piano. Gli sfiorò la spalla, provando nuovamente a svegliarlo, ma ancora niente: Matteo borbottò qualcosa nel sonno e tornò a russare.
Lanciò un sospiro e, non avendo altra scelta, diede un lieve calcio al ragazzo che imprecò sottovoce, voltandosi verso di lei. Chiuse gli occhi, fingendo di dormire per sembrare innocente.
Lo sentì imprecare di nuovo per l’ora ed iniziò a chiamarla sottovoce. Socchiuse gli occhi - Che c’è? -
- Dobbiamo andare - rispose lui - Se non mi avessi colpito la gamba mentre dormivi, col cavolo che tornavamo a Verona -
Ghignò sotto i baffi - Ti ho colpito? Scusami...-
- Non fa niente - disse Matteo, alzandosi dal letto - Vado a fare una doccia -
- Sbrigati che devo farla anch’io - disse alzandosi a sua volta, iniziando a raccogliere le proprie cose e sistemarle nella valigia che si era portata appresso, poi prese il telefono e chiamò la reception, chiedendo cortesemente di far arrivare un taxi davanti all’hotel tra mezz’ora. Quando Matteo uscì dal bagno, fu il suo turno, facendo una doccia a tempo di record e quando uscì, trovò il fidanzato già vestito (con gli stessi abiti della sera prima, visto che non si era portato nulla) e seduto sul letto, in attesa che fosse pronta.
- Il taxi dovrebbe arrivare da un momento all’altro - disse, iniziando a vestirsi velocemente, mentre Matteo, dopo essersi alzato, osservò fuori dalla finestra.
- Ehm...Angelica? Abbiamo un problema -
- Che problema? - domandò, infilando un paio di pantaloncini.
- In realtà sono sei i problemi, e sono arrivati su tre Mercedes -
Infilò una t-shirt e si affacciò alla finestra, osservando i sei Agenti che entravano nell’hotel. Imprecò a denti stretti: come avevano fatto a trovarli?
Si voltò verso Matteo, preoccupata - Mi avevi detto che non ti aveva seguito nessuno -
- Infatti! Non riesco a capire come...-
- Ormai è fatta, saranno qui tra pochi secondi - disse, aprendo il comodino per impugnare l’ultima cosa che non aveva riposto in valigia: una Revolver già carica e pronta per l’uso.
Partì l’allarme antincendio e sentì le persone del suo stesso piano uscire dalle proprie stanze per raggiungere l’uscita. Afferrò il fidanzato per la maglia e lo nascose dietro al letto - Non muoverti - disse, puntando la pistola verso la porta della camera 307, che fu sfondata pochi secondi dopo.
Sperò che quegli Agenti fossero dalla sua parte, ma non fu così: i sei uomini iniziarono a spararle addosso e si nascose immediatamente dietro al letto, accanto a Matteo.
Non appena li sentì entrare, uscì allo scoperto, sparando ed uccidendone due, prima di tornare a ripararsi dietro al letto, sentendo una scarica di pallottole sibilare sopra la sua testa.
Sbirciò appena i quattro Agenti rimasti, nascosti nel corridoio, poi guardò Matteo, immobile - Vai fuori dalla finestra, ti copro io -
Lui annuì, ma la loro attenzione fu catturata da altri spari che, stranamente, non erano rivolti nella loro direzione. Uscì dal nascondiglio uccidendo un Agente che sparava a qualcuno nel corridoio, poi, un lampo accecante, gli spari cessarono.
Si avvicinò cauta all’entrata, curiosa di vedere a chi stavano sparando e non si sorprese di vedere Jane, sorridente come non mai, che teneva sollevato l’ultimo Agente per il collo come se fosse una bambola - Ho sentito gli spari -
Inarcò un sopracciglio - E come hai fatto a sentirli? -
- Ero sul tetto - rispose l’Elementale, formando nella mano libera una sfera d’energia, pronta a dare il colpo di grazie al sopravvissuto.
- No, fermati -
Il demone obbedì, facendo scomparire il globo stringendo semplicemente il pugno.
- Puoi incantarlo? -
- Mi sembra ovvio -
- Chiedigli come hanno fatto a trovarci -
L’Elementale annuì, puntando lo sguardo in quello dell’Agente: gli occhi del demone diventarono rossi e per la prima volta minacciosi - Rispondi, verme di un traditore -
- Abbiamo messo una microspia al ragazzo -
Si voltò verso Matteo, in piedi nella stanza, lanciandogli un’occhiata.
- Non ne sapevo niente -
- L’ho inserita personalmente quando si uscita dalla stanza del ragazzo per lasciare Verona -
- Dove? -
- Dietro l’orecchio -
- Perché tenere d’occhio i miei amici? -
- Il capo voleva rintracciarti -
Si voltò verso Jane - È costretto a rispondere, vero? - domandò e lei annuì. Prese un respiro profondo - Chi è il tuo capo? -
- Non lo so, non l’ho mai visto -
Imprecò a mente - Perché voleva rintracciarmi? -
- Non lo so -
- C’è altro? -
- No, 33. Non so nient’altro -
Si voltò verso il fidanzato, prima di vedere Jane spezzare il collo all’Agente, e lo fece sedere sul letto, piegandogli la testa e scostandogli i capelli per osservare una piccola cicatrice dietro l’orecchio destro - Devo togliertelo -
- Farà male? -
- Ti direi di no, ma ti direi una bugia - disse, alzandosi in piedi ed afferrando uno stiletto riposto nella cintura di uno degli Agenti morti, tornando poi da lui - Jane? Riusciresti a far sparire i corpi? -
- Ovvio -
Fece scattare lo stiletto, avvicinando la punta alla cicatrice - Resta immobile -
Matteo annuì e chiuse gli occhi, mentre lei recise appena la pelle, attenta a non fargli troppo male, tastandola con le dita nel tentativo di estrarre il microchip che, fortunatamente, era appena sottopelle.
Riuscì ad estrarlo e lo osservò nel suo palmo. La tentazione di stringere il pugno e di sbriciolare quell’oggetto era forte, ma una lampadina si accese sopra la sua testa e con essa un’idea nella sua mente - Jane? Tu poi spostarti velocemente da un posto all’altro, giusto? - domandò voltandosi, stupendosi di trovare la stanza in perfetto ordine, i cadaveri erano spariti e tutto sembra rimesso a nuovo: i fori di proiettile nel muro erano scomparsi proprio come le macchie di sangue per terra.
Il demone, sulla porta della stanza, sorrise - Che domande, sono un Elementale -
Si alzò in piedi, lanciandole il chip - Perché non lo porti in un bel posticino, tipo Berlino? -
Il demone, dopo aver afferrato al volo il chip, lo osservò per qualche istante, tornando poi a guardarla - Tu vuoi farmi correre fino a Berlino per fargli credere che non li hai scoperti ed attirarli a Berlino per tenerli impegnati? -
- Esatto -
- Ok, no problem -
Le fece un piccolo cenno di ringraziamento - Sono in debito con te, Jane -
- Quando ci rivedremo a Verona, mi offrirai un mojito -
Sorrise - D’accordo -
La donna le diede le spalle, camminando sinuosamente verso il corridoio - Vi conviene muovervi - disse lei, prima di sparire in un battito di ciglia.
Si voltò verso Matteo, ancora seduto sul letto, con la mano premuta contro il piccolo taglietto dietro l’orecchio - Andiamo. Si torna a Verona -
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 18 luglio 2011, 14:33

Bene, eccomi di nuovo qui con un nuovo post. Scusate tanto il ritardo ma ero un po' bloccata con questa storia e impegnata a scrivere qualcosa del proseguimento di Brisingr...
Stasera scrivo il più possibile sul mio stupido quadernetto semidistrutto e forse domani sera avrete un altro pezzo, al massimo domani mattina :)

Buona lettura ;)

Ore 10.34
Quando Matteo fermò l'automobile, si diede un pizzicotto, sperando di non sognare, ed osservò la sua casa, la stessa casa che temeva di non rivedere più. Lanciò un'occhiata al ragazzo, che sembrò cogliere immediatamente la voglia che aveva di riabbracciare i suoi genitori, le fece un cenno senza aggiungere altro.
- Torno presto - disse, dandogli un bacio sulla guancia e tirando la maniglia della portiera, scendendo a capofitto dall'Audi, correndo verso la cancellata che circondava una parte della proprietà di casa Vetra, la scavalcò con facilità e raggiunse la porta della cucina, tentando di entrare, ma dato qualcuno aveva chiuso a chiave, iniziò a tirare pugni al vetro della porta. Non appena vide sua madre fermarsi sulla porta, a cavallo della cucina e dell'ingresso, si fermò.
Sua madre corse verso la porta, fece scattare la serratura con uno schiocco secco ed aprì la porta, abbracciandola con vigore.
- Pensavo che non saresti più tornata - le sussurrò lei, accarezzandole i capelli.
Respirò l'intenso profumo di ammorbidente alla lavanda che la maglia della donna emanava e sorrise - Scusami se me ne sono andata così. Non dovevo -
- Non ti preoccupare, tesoro. Adesso é tutto a posto -
Annuì, staccandosi di malavoglia da quell'abbraccio così dolce che sembrava farla stare bene e farle dimenticare l'Agenzia, la spia, il fatto di essere un mostro, i demoni e i fantasmi. Per un attimo si sentì normale, ma fu sbalzata di nuovo alla realtà pensando a due nomi: Elisabeth e Beatrice.
- Mamma, ora devo fare una cosa, ma ti prometto che ti spiegherò tutto - disse, partendo di nuovo dopo averla salutata e raggiungendo Matteo, che la aspettava accanto all'auto - La mia katana? - domandò immediatamente.
- L'ho nascosta in camera mia, dietro l'armadio - le rispose il ragazzo, osservandola suonare il campanello di casa Dall'Angelo un paio di volte - Angelica, cos'hai intenzione di fare? -
- Se Elisabeth e Beatrice ti hanno aiutato a prendere quell'aereo per raggiungermi sono nei guai - disse, salutando con la mano la madre di Matteo, che la fece immediatamente entrare, rivolgendole subito diverse domande.
- Le spiegherò dopo - si limitò a dire, correndo su per la rampa di scale per raggiungere la stanza del fidanzato. Avvicinandosi all'armadio, tastò immediatamente nella piccola fessura tra il legno e il muro e, dopo essersi scorticata un po' le nocche e piantata delle schegge sulla mano, riuscì a recuperare la sua katana. Appoggiando la mano sull'intreccio di pelle nera attorno al manico di mogano e al menuki dorato della tigre, si sentì di nuovo viva e pronta a combattere con le unghie e con i denti.
Tornò di sotto, salutando la donna dai capelli castani, ancora sulla porta leggermente scossa per la sua improvvisa e veloce entrata, e raggiunse nuovamente Matteo - Guida come non hai mai guidato in vita tua. Portami all'Agenzia -
- Ci vorranno cinque minuti -
- Te ne concedo due - disse in tono freddo, saltando in macchina ed allacciandosi le cinture, seguita subito dal ragazzo - Prima arriviamo e più possibilità hanno Elisabeth e Beatrice di vivere -


Quando la pesante porta all’ingresso dell’Agenzia si aprì con diversi sibili, entrò a passo di marcia, con lo sguardo fisso davanti a lei, in attesa di incontrare un povero malcapitato, capitato accidentalmente sulla sua strada.
Non appena vide un Agente, estrasse la katana dal fodero allacciato dietro la schiena, lo raggiunse e, prima che potesse ribellarsi in qualche modo, lo afferrò per la gola, facendogli sbattere la schiena contro il muro immacolato del corridoio, puntandogli la spada in mezzo agli occhi. L’Agente sembrò pietrificarsi dopo averla osservata negli occhi.
- Dimmi dove hanno portato Beatrice o giuro che ti ammazzo all’istante -
Il ragazzo, un po’ più grande di lei, alto e mingherlino, deglutì - Ho visto che l’hanno portata di sotto con un’altra ragazza -
Gli mostrò i denti, appoggiando la punta della katana sulla pelle - In quale stanza? -
- 7 -
Lo lasciò andare e continuò la sua marcia verso la scala a chiocciola che conduceva al piano inferiore. Le persone che incontrava sul suo cammino si facevano da parte, osservandola increduli di vederla di nuovo lì tra loro.
Raggiunse la stanza numero 7 e spalancò la porta con un calcio: si sentì sollevata nel vedere le due amiche, sedute l’una accanto all’altra ad un tavolo di metallo, proprio davanti ad un Agente, un uomo dai capelli scuri sulla trentina, che si alzò immediatamente in piedi, portando una mano alla pistola riposta nella cintura dei pantaloni, pronto a spararle a sangue freddo. Sollevò la katana appoggiando la punta affilata nell’incavo del collo dell’uomo - Provaci e scopriremo chi di noi due è più veloce - disse, lanciando un’occhiata alle due amiche, facendo cenno di uscire.
Elisabeth e Beatrice si alzarono, uscendo dalla stanza, mentre lei indietreggiò piano, tenendo sempre sotto controllo l’Agente. Quando uscì, afferrò le due per un braccio ed iniziò a correre.
- Si può sapere dov’eri finita? - le domandò Elisabeth, faticando a starle dietro. Aveva un brutto taglio sulla fronte dal quale colava un rivolo di sangue.
- Dopo Elisabeth, ora dobbiamo andarcene -
Corsero fuori dall’Agenzia il più in fretta possibile e raggiunsero l’auto dove c’era Matteo, seduto al posto di guida, pronto a partire. Salirono sull’Audi e il ragazzo, dopo un’inversione a U nel parcheggio davanti alla casa stregata, partì a tutta velocità.
Seduta sul sedile del passeggero, voltò la testa verso le due ragazze, sedute dietro - Siete per caso impazzite voi due? -
Elisabeth e Beatrice si guardarono a vicenda, tornando poi a guardare lei - Avrebbero seguito Matteo - rispose la rossa - Dovevamo fare qualcosa -
- Farsi inseguire da degli Agenti non mi sembra una buona idea! - esclamò - E poi lo hanno trovato lo stesso -
- Cosa? Come hanno fatto? - domandò Beatrice, agitata, curando in pochi secondi la ferita alla fronte della rossa - Vi hanno trovato? -
- Gli avevano piantato un chip quando me ne sono andata -
- Non me ne sono accorta -
- Come potevi? Non me ne sarei accorta nemmeno io l’Agente che ho interrogato non me l’avesse detto -
- E adesso? - domandò la rossa, leggermente spaventata per la situazione - Cos’hai intenzione di fare? -
- Ho intenzione di trovarlo e finirla una volta per tutte -
______________________________________________________

Dopo aver accompagnato Beatrice al suo appartamento, lei, Matteo ed Elisabeth tornarono immediatamente a casa sua.
Alla vista di un’auto familiare, nascose immediatamente la katana sotto al sedile appena in tempo per vedere Alice e Vittoria ferme davanti al cancelletto di casa sua. Il ragazzo fermò la macchina e scesero.
- Angi! Che fine avevi fatto? - le domandò la mora, correndole incontro e saltandole al collo, abbracciandola con vigore - Elisabeth ci aveva detto che eri in vacanza, ma perché non rispondevi al telefono? -
Lanciò un sospiro, staccandosi dall’amica, abbracciando poi Vittoria - Beh, avevo molto da fare -
- Potevi rispondere alla sera -
- Lo so, scusatemi -
- Eravamo venute per chiedere una cosa a Matteo, ma non era in casa, e stavamo chiedendo a tua madre se poteva farci avere un incontro ravvicinato del terzo tipo con te - disse Alice.
Si passò una mano nei capelli, confusa - Possiamo parlarne in casa? Sto morendo di caldo -
Dopo che sua madre aprì loro in cancelletto, entrarono tutti in casa dove, grazie al condizionatore si poteva ignorare la calura estiva all’esterno e, con qualche altro grado in meno, poteva vedere i pinguini che giravano per casa. Si sedettero a tavola, in cucina, davanti ad un bel bicchiere di tè freddo al limone.
- Allora? - domandò, sorseggiando il suo tè - Cosa volevate chiedermi? -
- Beh, io ed Alice pensavamo...-
- Se domani avevi voglia di accogliere la combriccola a casa - disse la mora, arrivando diritta al punto - Così possiamo attaccarti con i gavettoni -
Lanciò un sospiro. Temeva l’attacco di qualche demone inviato dalla spia, ma non riuscì a dire di no alla vista degli occhioni dolci di Vittoria e di Alice - D’accordo -
- Io sono esclusa? - domandò Elisabeth, finendo il suo tè.
- Assolutamente no! Tu e la tua mente malata mi servite per gli agguati ad Angelica - sussurrò la mora, scoppiando a ridere da sola.
- Basta che non vi fate del male - s’intromise sua madre, seduta sul divano che leggeva una rivista - Io e tuo padre andiamo in montagna, volevo chiederti se venivi, ma ti saresti annoiata a morte - aggiunse la donna senza alzare lo sguardo, rivolta a lei.
- Così ordiniamo la pizza e ci guardiamo un bel film horror -
- Stavolta lo scelgo io - sussurrò, bevendo l’ultimo sorso di tè.
- E cosa vorresti guardare, Angelica-mi-piacciono-tanto-gli-horror-e-non-mi-spavento-mai-Vetra? -
- Un film di Wes Craven sicuramente, ma sono indecisa tra uno dei film di Nightmare e Scream 3 -
Alice ed Elisabeth si lanciarono un’occhiata, restando in silenzio.
- Che c’è? Non fanno paura -
- Scream mi fa urlare come una marmocchia solo perché l’assassino sbuca sempre all’improvviso - ammise la mora, incrociando le braccia al petto ed annuendo con la testa.
- È quello il bello -
- Ok, allora ci guardiamo Scary movie 3 - decise Elisabeth - Lo porto io -
Alice scoppiò nuovamente a ridere da sola - C’è una festa di mezzo, conti anche le feste? -
Lanciò un’occhiata a Matteo, alzando le spalle: a volte non capiva cosa prendeva ad Alice, ma Elisabeth sembrava seguirla a ruota.
- Beh, dipende. Che festa è? - domandò la rossa, trattenendosi dal scoppiare a ridere.
- Quella di Martin Luther King -
- Allora no -
- Perché no? In ufficio fanno tutti vacanza! -
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 19 luglio 2011, 18:22

Eccoti accontentato Tobia ;)
Certo...è un po' corto...ma sto crepando di fame e non ce la faccio più a resistere! [smilie=girl_werewolf.gif][smilie=girl_werewolf.gif]
...mamma mia che fame...

Dopo cena, lei ed Elisabeth si rifugiarono nella stanza degli ospiti e si fece raccontare per filo e per segno quello che le era accaduto da quando era segretamente partita per Monaco. L’amica le disse che, dopo alcuni giorni, si era accorta della Mercedes perennemente appostata nell’ombra di fronte alla sua casa e che la seguiva ovunque andasse, le raccontò degli incontri con Beatrice nella speranza di sentire buone notizie su di lei e dei pomeriggi passati a casa di Matteo per tentare di calmarlo e rassicurarlo.
- Tu invece? - domandò la rossa alla fine del suo breve racconto - Cos’hai fatto a Monaco? -
- Praticamente nulla - ammise - Non c’erano né demoni da uccidere né persone che mi davano la caccia. Passavo i pomeriggi a camminare per il centro, ripensando più e più volte se avevo fatto la cosa giusta a lasciarvi qui -
- Davvero nessun demone? -
- No - rispose - Nessuno che volesse staccarmi la testa. Ho incontrato un Elementale, poco prima dell’arrivo di Matteo, e mi è sembrata una a posto, inoltre sono in debito con lei -
- Questa mattina mi avevi detto che vi hanno trovati con un chip, che cos’è successo? -
- Niente di che, degli Agenti hanno fatto irruzione nella mia camera e ci hanno sparato addosso -
- Stai bene, vero? -
- Sì, certo -
Elisabeth, dopo averla osservata negli occhi per diversi secondi, assicurandosi forse che non stesse mentendo, puntò lo sguardo davanti a lei, fissando nel vuoto, e si portò una mano al mento. Sapeva che l’amica stava riflettendo sugli avvenimenti appena accaduti, nella speranza di capire qualcosa di più in questa storia dove nemmeno lei ci capiva molto, e preferì non disturbarla.
- Non riesco a capire a che gioco sta giocando - sussurrò la ragazza senza smettere di fissare nel vuoto - Perché chiamarti e proporti di andartene per poi pedinare noi? -
- Forse pensa che, lontana dalle persone che mi aiutano, sia un bersaglio più facile -
- E se le persone che ci pedinavano non erano dalla parte della spia? -
- Ma vi hanno fatto del male. Tu avevi un taglio sulla fronte, l’ho visto con i miei occhi - le ricordò.
- Quella non è stata colpa loro, è stata colpa mia - rispose l’amica, lanciandole un’occhiata come se volesse scusarsi in anticipo - Gli sono andata addosso con la macchina -
Aggrottò la fronte, sperando di aver capito male - Tu cosa? -
- Mi avevano tagliato la strada dopo cinque minuti...dovevo pur farmi spazio -
- Elisabeth -
- Non potevo sapere se erano buoni o cattivi! Nemmeno tu riesci a capire chi è dalla tua parte -
Sospirò, dandole ragione. Non poteva praticamente fidarsi di nessuno, ma forse c’era una sola persona nell’Agenzia, oltre a Beatrice, che era certamente dalla sua parte: la Direttrice.
- Domani mattina chiamo la Direttrice per farle qualche domanda -
- Sarebbe meglio e poi, se quegli uomini erano con la spia, perché scomodarsi di tenerci d’occhio quando avevano impiantato quel chip a Matteo e potevano benissimo controllarlo da un GPS? -
- Già, non ci avevo pensato -
- Poi c’è un altro problema -
- Quale? -
- Domani -
Annuì - Ero un po’ diffidente dall’accettare ma...ho ceduto -
- Credi che la spia possa mandare dei demoni anche in presenza di civili che non sanno nemmeno della loro esistenza? -
- Probabile -
- Ed infine il terzo dilemma: non hai alcolici in casa -
Lanciò un lungo sospiro, scuotendo la testa. L’ultima cosa che voleva erano i suoi amici ubriachi fradici che le giravano per casa mentre delle entità a loro sconosciute potevano attaccare in qualsiasi momento - Compra dei Bacardi -
- Perché dei Bacardi? Con quelli non parti nemmeno se li correggi -
- Appunto. Li voglio lucidi per mandarli via il prima possibile -
- Che guastafeste - disse l’amica che, dopo aver sospirato, si alzò in piedi, stiracchiando le braccia verso l’alto - È meglio che vada, mi accompagni? Sai...non ho la macchina -
Annuì, alzandosi in piedi, senza guardarla negli occhi.
- Non preoccuparti, starò attenta - le disse Elisabeth, percependo la sua preoccupazione.
- Ti prometto che presto sarà finita -
- Lo spero, Angelica -
______________________________________________________

Sabato, 22 agosto 2009 - ore 17.11
Prese il cellulare, abbandonato nel cassetto della scrivania da quando era scappata a Monaco, lo accese e chiamò all’istante la Direttrice, sperando che rispondesse.
La donna, dall’altro capo del telefono, la salutò cortesemente e lei ricambiò, andando però subito al punto - È stata lei a mandare gli uomini che seguivano Beatrice Carraro, Elisabeth Hall e Matteo Dall’Angelo? -
- Prima della tua missione a Casera di Sivella, l’Agente 2 mi aveva informato di quello che gli avevi detto. Quando te ne sei andata non ho esitato a mandare degli Agenti a controllare che non capitasse niente ai tuoi amici -
Lanciò un sospiro - Grazie Direttrice -
- Non devi ringraziarmi di niente, 33. Ma volevo parlarti lunedì sera, nel mio ufficio, alle otto -
- Certo - disse, riattaccando e spegnendo nuovamente il cellulare.
Al suono acuto del suo campanello, mentre scendeva le scale, fece dei respiri profondi, dicendosi di stare calma e che tutto sarebbe andato bene. Quando aprì la porta non poté fare a meno di sorridere alla combriccola di amici appostati fuori dal cancelletto, le ragazze in pantaloncini corti mentre i maschi in bermuda, ciascuno aveva uno zainetto, probabilmente con il ricambio, mentre solo Elisabeth ed Alice avevano un piccolo frigo termico. Gli aprì, sperando di non ricevere subito un gavettone in faccia. Elisabeth ed Alice la raggiunsero e la superarono, entrando in cucina per sistemare le bottiglie di Bacardi e di qualcos’altro nel frigorifero.
- Allora, sei pronta? - le domandò la mora, lanciandole un’occhiata diabolica.
Sospirò - Sì -
- Hai già il costume sotto? -
Annuì, voltandosi per salutare Vittoria con un tenero abbraccio, i ragazzi con una pacca sulla spalla e Matteo con un bacio.
- Tutti fuori! - esclamò Alice - C’è la mia macchina da lavare! -
Si raccolse i capelli, scuotendo poi la testa - Dovresti portarla giù -
- Se la benedetta padrona di casa mi aprisse il cancello la porterei giù! -
Si avvicinò ad una mensola, prendendo un piccolo telecomando e schiacciando il pulsante per far aprire il cancello - Fatto - disse all’amica prima che uscisse di corsa come una forsennata.
- Anche la mia sarebbe da lavare - ammise Sergio, seguito a ruota da Federico che disse praticamente la stessa identica cosa. Lanciò un sospiro.
Elisabeth, dopo aver svuotato il frigo termico, lo sistemò accanto al divano, frugando poi nel suo zainetto per estrarre un sacchetto di palloncini colorati - Dopo aver lavato la macchina la guerra dei gavettoni sarà un vero massacro! -
Tutti sussultarono nel sentire Alice, che aveva portato la macchina davanti al garage, che suonò diverse volte il clacson per attirare la loro attenzione - Muovetevi perché sto mettendo le radici! -
Lanciò un’occhiata di supplica a Matteo, sperando che la capisse al volo, cosa che ovviamente accadde. Mentre gli altri uscivano dalla porta della cucina, lui le diede una leggera pacca sulla schiena - Lo so, lo so. Sarà una lunga giornata -
Dopo aver sceso le scale e raggiunto l’auto di Alice, Elisabeth prese subito il comando, togliendosi la t-shirt e restando con il pezzo sopra del costume di un bel blu scuro e con i pantaloncini corti dello stesso colore.
- Tre macchine - rispose Vittoria, con addosso un cortissimo vestito panna sopra al costume rosso scuro, già pronta con tre secchi vuoti, aiutata immediatamente dalla rossa.
- Musica? -
- A quella ci penso io! - urlò Alice, ancora chiusa in macchina che armeggiava con lo stereo alzandolo poi a tutto volume prima di uscire - Sweet! Sugar! Candyman! -
Lanciò l’ennesima occhiata di supplica al fidanzato, ormai rassegnato, schivando all’ultimo secondo una spugna completamente zuppa lanciata da Elisabeth che si avvicinò pericolosamente a lei con uno dei secchi colmo d’acqua - Non ti faccio niente! - esclamò la ragazza, lanciando a ciascun ragazzo una spugna recuperata da uno scaffale nel suo garage - Ragazzi! Cominciate a lavare! -
- Perché dobbiamo farlo noi? - domandò Sergio, prendendo lo shampoo per auto che Alice gli aveva passato - Voi cos’avete intenzione di fare? Stare lì come le belle statuine e guardarci sgobbare? -
- No! - esclamò nuovamente Elisabeth, con in pugno la canna dell’acqua - Noi vi annaffiamo! -
Si spostò appena in tempo per evitare il getto d’acqua rivolto ai quattro poveri ragazzi, già zuppi dalla testa ai piedi. Nemmeno il tempo di prendere in giro Matteo, con tutti i capelli bagnati attaccati al viso, che si ritrovò nella stessa situazione, attaccata da Alice che le svuotò un secchio d’acqua gelida in testa.
Scoppiò a ridere come un’idiota, afferrando l’amica ed abbracciandola per bagnarla a sua volta - Sei proprio una gran bastarda! -
- Così ti abbronzi di più Biancaneve! -
Scosse la testa, togliendosi la t-shirt e prendendo una spugna - Al lavoro -
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Re: RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 20 luglio 2011, 16:33

Svit-kona94 ha scritto:Se devi far succedere qualcosa di brutto, esaurisci tutto entro la mezzanotte di quel giorno, perché quello dopo è il mio compleanno e non voglio demoni, spie e cattivoni vari, men che meno spargimenti di sangue o depressione :sleep: Altrimenti me ne vado :invisibile:


Non preoccuparti. Tutto finirà prima di mezzanotte ^^

Dopo più di due ore passate a lavare le auto, avevano cominciato a rincorrersi per il giardino in uno scontro “tutti contro tutti” a suon di gavettoni e secchiate d’acqua, ed ora erano quasi completamente asciutti, sdraiati sull'erba nella parte davanti del giardino, ammirando gli ultimi raggi del sole appena tramontato proprio di fronte a loro, oltre casa Dall’Angelo, mentre ciascuno si gustava la propria pizza bella fumante ordinata poco prima e già tagliata a spicchi.
- Questa si che è vita - sussurrò Alice a bocca piena.
Lanciò un’occhiata alla mora - Stare sotto il sole ed uccidersi a vicenda con i gavettoni? -
- Esatto - le rispose tranquillamente l’amica, mandando giù in un boccone il suo ultimo trancio di pizza.
- Ora che Alice ha finito possiamo prendere da bere - annunciò Sergio, facendo un piccolo cenno ad Elisabeth prima di alzarsi con la rossa e dirigersi verso la cucina.
- Sai, mi sono ricordato di una cosa che mi ha fatto venire i brividi - le sussurrò Matteo ad un tratto.
Si voltò a guardarlo, piegando appena la testa confusa - Cosa? -
- Ti ricordi quando mi hai predetto il futuro in gita? - domandò il ragazzo.
- Sì, ricordo -
- Beh, adesso che ci penso tutto quello che mi hai detto è successo -
- Figo - sussurrò Alice, guardandola a bocca aperta, voltandosi per frugare nel suo zainetto che, in quel momento, usava come cuscino, estraendo un mazzo di carte e mescolandolo - Dimmi il mio futuro! -
- Alice è una sciocchezza -
- DAI! -
Sospirò e prese le carte che l’amica le porgeva, sistemando poi tre carte sull’erba, voltandole con lentezza: il cavallo di spade, il fante di coppe e il quattro di bastoni. Aggrottò la fronte - Ci sono delle notizie non buone in arrivo, forse un avvenimento molto vicino, legate ad una donna dai capelli scuri affidabile e buona e inoltre ci sarà un aiuto da parte dei tuoi amici -
- Chi è la donna? -
- Non lo so -
- Come no?! -
- Potrebbe essere tua madre, tua sorella...come posso saperlo? -
- Dai leggi anche il mio! - esclamò Elisabeth, tornata assieme a Sergio con una bottiglia di Bacardi ciascuno.
Rimescolò le carte dopo aver preso l’ultima bottiglia di Bacardi tropical lime, rimescolando le carte e seguendo lo stesso procedimento di prima, estraendo le solite tre carte: l’asso di spade, l’asso di denari e il due di spade.
- Tutto si sistemerà, qualunque cosa accada - iniziò - Hai la fortuna dalla tua parte e ti conviene approfittarne perché durerà poco. Riceverai una telefonata e la coppia di assi dice che di sicuro andrà bene - concluse, riprendendo le carte e facendo avvicinare anche Vittoria, leggendo anche a lei il futuro - Il sei di spade dice che verserai delle lacrime di dolore, il tre di coppe indica la fiducia. Devi avere fiducia nella stessa donna scura di capelli che è uscita ad Alice -
- Ma si può sapere chi diavolo è questa donna? - domandò ancora Alice, aprendo la sua bottiglia di Bacardi.
- Non lo so chi è! -
- Porca miseria mi sono tagliata con il tuo cavatappi tarocco! - esclamò Vittoria, portandosi l’indice alle labbra.
- Beh, Angi...adesso rimante solo il tuo futuro da scoprire - disse Elisabeth - Magari è più preciso del nostro -
Se avrebbe rifiutato le amiche l’avrebbero costretta con la forza, quindi rimescolò per la quarta volta il mazzo di carte da briscola e ne estrasse tre dal mazzo: il re di spade, il sei di spade e l’asso di denari.
- Anch’io, per ora, ho la fortuna dalla mia parte, ma finirà presto per dei soldi legati a questioni legali con un uomo in divisa, un uomo importante, ed immagino che sarà lui a causarmi dolore -
Le tre amiche guardarono le carte appoggiate sull’erba, annuendo con la testa.
- Il tuo futuro non sembra tanto carino -
- Secondo me questo misterioso uomo in divisa è un vigile che ti darà una multa per averti beccata a fare i 300 chilometri all’ora in un centro abitato e ti ritirerà la patente, facendoti tornare a casa a piedi in lacrime -
- Non ci avevo pensato. Molto realistica come interpretazione, Alice -
- Cos’altro potevi aspettarti da lei? -
- Ehi! -
Rimasero lì anche quando iniziò a fare buio, bevendo e scherzando, parlando del più e del meno. Alice aveva raccontato quello che aveva fatto al mare, la settimana prima, con i suoi genitori e la sua sorellina più piccola, Elisabeth aveva parlato di un film che aveva visto al cinema ed ora Sergio, Federico e Davide stavano discutendo animatamente sul mondiale del 2006, disputato in Germania e sulle previsioni del mondiale dell’anno prossimo in Sudafrica.
Per tutto il tempo, non aveva fatto altro che guardarsi intorno, sentendosi addosso una strana sensazione. Vide una figura sulla strada spostarsi nell’ombra e dovette mantenere la calma non appena riconobbe quegli simboli scarlatti sul dorso della creatura. Si voltò verso gli altri - Tutti in casa - ordinò.
- Angelica, che ti prende? - le chiese Elisabeth, bevendo l’ultimo sorso di Bacardi alla pesca.
- Fate come ho detto - disse alzandosi in piedi - Elisabeth, ci sono dei...-
Non riuscì a terminare la frase che l’amica aveva già capito, ed era scattata in piedi - Forse dovremo entrare in casa -
- Ma che vi prende a voi due? - domandò Sergio - C’è un caldo pazzesco, tanto vale rimanere fuori -
- Ho detto - disse a denti stretti - Di andare dentro -
- Perché? -
- Perché siamo in pericolo -
Stranamente non era stata lei a parlare, ma Elisabeth, che indicava la strada oltre la cancellata. Si voltò e lo vide: era un demone del sangue, simile a quello che aveva ucciso quella sera dello scontro con le gemelle, solo che questo era grosso come una mucca.
- Non fate rumore, andate in casa e poi in cantina...non può vederci -
- Cos’è quella cosa? - domandò Alice, spaventata a morte, con lo sguardo fisso sulla figura illuminata dal lampione.
- Ma che cazzo è? - domandò Sergio, mentre Elisabeth lo tirava verso la porta.
- Ehm, Angelica? Abbiamo altri due problemi -
si voltò verso altri due demoni, nel suo giardino, che annusavano l’aria come cani, puntando il muso verso di loro. Sapeva che si orientavano con l’odore del sangue, ma nessuno di loro era ferito. Forse.
Si voltò e vide Vittoria, che indietreggiava assieme a Davide, e si ricordò che poche ore prima si era tagliata con il cavatappi. Imprecò a mente: erano nei guai.
- Correte! - esclamò, e tutti partirono di corsa, inseguiti dai tre demoni, che seguivano l’odore del sangue di Vittoria.
Uno stava per raggiungere l’amica dai capelli biondi, ma prima che potesse farle del male, si mise in mezzo, ed entrambe rotolarono sull’erba. Si voltò e diede un calcio in faccia al demone, aiutando l’amica ad alzarsi e a correre via. Notò immediatamente una macchia scarlatta che si espandeva sulla maglietta dell’amica.
- Stai bene? -
- Io...penso di sì -
Raggiunsero la cantina e non appena varcò la soglia, chiuse la porta con un tonfo, bloccandola con una spranga di ferro, lasciata lì apposta per momenti come quello; poi si voltò e si inginocchiò accanto a Vittoria, seduta a terra, che si stringeva la spalla sinistra, sanguinante.
- Cos’erano quelle cose? - domandò Sergio - Perché ci hanno attaccati? -
Non vi badò ed appoggiò la schiena contro il muro, abbassando lo sguardo, appoggiandosi una mano sul fianco e poi osservando il palmo sporco di sangue. Matteo le si avvicinò immediatamente, alzandole la canottiera per scoprire il fianco - Oh Dio -
- Non è niente - disse, piegando appena la testa nel sentire un singulto, e vide Alice, raggomitolata in un angolo, bianca come uno straccio che osservava intensamente il sangue.
Puntò lo sguardo sulla porta - Non riesco a capire perché non sentono che siamo qui - disse, pensando che era una cosa veramente insolita: i demoni del sangue aveva un olfatto formidabile e riuscivano ad individuare la preda anche se aveva un misero taglietto. O quella era la loro giornata fortunata, o qualcosa impediva ai demoni di sentire l’odore di tutto quel sangue.
- Hai detto che sono ciechi, no? - domandò Matteo, inginocchiato accanto a lei.
- Sì, ma loro individuano la preda anche sentendo l’odore di un po’ di sangue - disse chiudendo gli occhi ed annusando l’aria - C’è qualcosa che li tiene lontani -
Sentì immediatamente un profumo familiare, che stonava con l’odore di chiuso della cantina. Sgranò gli occhi e si alzò subito in piedi, guardando Elisabeth - Sei tu -
L’amica parve leggermente confusa - Io? -
- Il tuo profumo - spiegò - La puzza del tuo profumo li tiene lontani -
- Puzza un corno! - esclamò offesa la rossa - È Dolce e Gabbana -
- Per loro è puzza - concluse, iniziando a camminare avanti e indietro - Ottimo, ora mi serve solo un piano -
Matteo si alzò in piedi - Dove tieni le pistole? -
- Nel cassetto della biancheria - rispose senza degnarlo di uno sguardo.
- Vado a prenderle -
Si voltò di scatto verso il fidanzato, fulminandolo con lo sguardo - Non pensarci nemmeno -
Matteo indicò la ferita sul suo fianco - Ti sentirebbero -
- Anche tu - ribatté, indicando gli abiti del ragazzo sporchi di sangue.
- Pistole, demoni - iniziò Sergio, intromettendosi - Si può sapere di cosa cazzo state parlando e cosa sono quelle cose là fuori? -
Si voltò verso il biondo - Ti spiegherò quando tutto sarà finito, Sergio -
- No, voglio delle risposte. Adesso -
Lanciò un sospiro e guardò uno per uno tutti i presenti: Vittoria, bianca come uno straccio, Davide, seduto accanto alla fidanzata, Alice, raggomitolata in un angolo in preda alla sua fobia del sangue, Federico, che stringeva la mora tra le braccia, Elisabeth, che la guardava disperata, Sergio, infuriato per quella strana ed insolita situazione, e Matteo, che le strinse subito la mano per darle il suo sostegno.
Prese un respiro profondo e cominciò.
- Sappiate che per tutti questi anni vi ho raccontato quasi sempre delle bugie per nascondere quello che sono veramente - disse - La verità è che sono un Agente. Lavoro in un’Agenzia segreta e mi occupo di uccidere i demoni. Quelli là fuori sono demoni mandati da una persona che mi vuole uccidere ed ora siete rimasti coinvolti anche voi -
- Stai scherzando? - domandò Davide, che era impallidito all’improvviso.
- No - rispose fredda - Ora dovete fare quello che vi dirò, senza discutere, senza nemmeno dire una parola. Se vi dico di scappare, prendete la macchina e scappate, se vi dico di abbandonarmi dovete farlo, perché non voglio che nessuno si faccia male a causa mia - disse ancora - Intesi? -
Tutti annuirono.
- Giuratelo -
Tutti giurarono, escluso Matteo. Lanciò un sospiro, stringendogli appena la mano - Amore, ti prego -
- Stavo per perderti una volta, non voglio che succeda di nuovo -
- Non puoi fare niente contro di loro -
- Mi basta una pistola -
- Matteo -
- No - rispose immediatamente lui - Non ti abbandono -
Si allontanò da lui ed appoggiò la schiena contro il muro, lasciandosi scivolare a terra: doveva trovare un piano.
“Non appena esco da quella porta sentirebbero immediatamente il mio sangue. Matteo ha solo i vestiti sporchi, Elisabeth è impregnata di profumo e gli altri sono sconvolti” pensò - Andiamo Angelica - si disse - Pensa, cazzo -
- Potrei distarli - propose Matteo - Esco fuori e comincio a correre, così voi potete scappare e portare Vittoria all’ospedale -
- La sentirebbero subito - rispose.
- Posso dare la mia maglia a Vittoria - s’intromise la rossa - Così coprirebbe l’odore -
Si alzò in piedi - Mi serve una maglietta che non sia sporca di sangue - disse, guardando Sergio e Federico. Entrambi si tolsero la maglia senza discutere.
Ne diede una a Matteo - Strappala e fai delle bende - disse strappando quella di Sergio. Il fidanzato obbedì e dopo qualche minuto riuscirono a ricavare un bel po’ di pezzi da usare come bende improvvisate.
Prese una bottiglia di vino dallo scaffale e si avvicinò a Vittoria.
- Non vorrai mica farmelo bere tutto, vero? - sussurrò la bionda.
Sorrise e ruppe il collo della bottiglia battendolo contro il muro - Brucerà un po’, ma cerca di resistere - disse, versando il vino rosso sulla ferita della ragazza, che strinse i denti - Così l’odore del vino coprirà quello del sangue -
Finito il vino nella bottiglia, le fasciò la spalla più e più volte usando diversi strati di bende, poi si alzò in piedi - Elisabeth dalle la tua maglia, ma non farla sporcare di sangue. Matteo, togliti la tua, Davide, anche tu, e cerca di toglierla anche a Vittoria, strappala se necessario - disse, prendendo poi le magliette dei due ragazzi e le posò a terra - Allora, il piano è questo: io li trattengo e cerco di confonderli con queste magliette che saranno molto presto inzuppate di sangue - aggiunse, prendendo la bottiglia di vino che aveva rotto prima.
- Presto? - domandò Elisabeth.
- Esatto - disse, facendo cenno a Federico di coprire gli occhi ad Alice, prima di ferirsi il palmo della mano sinistra con la bottiglia rotta, facendo gocciolare il sangue sugli abiti - Anche se si orientano con l’odore de sangue sono pur sempre ciechi, ed impazziranno nel sentire lo stesso odore in posti diversi. Cominceranno a correre dietro a me o rimarranno fermi a mangiarsi le vostre magliette. Vi giuro che ve le ricompro - aggiunse, appoggiando la mano ferita sugli abiti per sporcarli ancor più di sangue.
- Angelica...- iniziò Matteo, tentando di bloccare la spiegazione del suo piano.
- Fidati di me, ti prego. Non succederà niente -
Il ragazzo si zittì immediatamente, sospirando.
Indicò l’unica piccola finestrella della cantina - Vi avverto io quando dovete uscire. Prendete la mia macchina e andate all’ospedale. Dite che siete Agenti e non vi faranno domande su come ha fatto Vittoria a ferirsi - disse - Elisabeth, tu devi essere l’ombra di Vittoria, intesi? Non la devi mai mollare o i demoni potrebbero sentire il suo sangue anche sotto a tutta quella puzza di alcol -
- E se la sentono comunque? -
- Non succederà, ma dovete fare in fretta. Io cerco di distrarli il più possibile e farò in modo che siano più attratti da me e non da Vittoria -
- Come intendi ucciderli? - domandò il fidanzato.
Gli sorrise - Qui mi serve il tuo aiuto. Devi correre in camera mia quando ho dato il via libera e lanciarmi la katana dalla finestra -
- D’accordo -
Si voltò verso i suoi amici - Avete capito? -
Tutti annuirono.
- Mi dispiace molto, davvero. Non avrei mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere - ammise - Vi chiedo solo di...tenere il segreto come hanno fatto fino adesso sia Elisabeth sia Matteo -
Tutti fecero un piccolo cenno ed abbassarono lo sguardo: Davide riprese a rassicurare Vittoria, Federico tentava di far calmare Alice, che aveva smesso di tremare, Elisabeth si avvicinò a Sergio, dandogli un bacio sulle labbra, sussurrandogli sottovoce alcune parole.
Matteo la trascinò in un angolo e le prese il viso tra le mani, guardandola intensamente. Distolse subito lo sguardo.
- Guardami -
Obbedì e rimasero a fissarsi per alcuni ed interminabili secondi.
- Ti prego - iniziò - Quando mi hai passato la katana, scappa, non restare qui -
- Non posso farlo -
- Ti prego -
Il fidanzato si limitò solamente a baciarla - Fai attenzione -
Annuì, raccolse le magliette sporche di sangue e si avvicinò alla porta, poi prese un respiro profondo prima di partire di corsa.
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 22 luglio 2011, 16:04

La spia ad oggi pomeriggio :sospettoso:

Non appena uscì dalla porta proprio accanto al garage, salì di corsa la scala per raggiungere il giardino davanti a casa, abbandonando due magliette. Sentì immediatamente i ringhi cupi dei tre demoni del sangue che avevano fiutato l’odore delle magliette impregnate di sangue e l’avevano individuata.
Continuò a correre lanciando di tanto in tanto uno sguardo alle spalle: vide uno dei tre demoni fermarsi per studiare intensamente la sua canottiera sporca di sangue e la maglietta di Davide che giacevano tra l'erba. Gettò a terra la terza maglietta dall'altra parte del giardino, poi girò l'angolo, pronta a correre verso il giardino sul retro, ma si bloccò all'improvviso: il secondo demone era proprio davanti a lei. Rimase immobile, osservando la creatura che avanzava, mostrandole subito i denti. Le lanciò immediatamente la terza maglietta sul muso allungato e gli passò di corsa accanto, riuscendo a non farsi colpire. Il terzo demone la stava ancora seguendo.
Si avvicinò al muro della casa, inginocchiandosi accanto alla piccola finestrella della cantina, battendo un paio di forti colpi - Forza andate! -
***
Non appena sentì Angelica avvertirli di partire, spalancò la porta e fece uscire tutti. Elisabeth, superandolo, gli sussurrò di fare attenzione.
Quando vide tutti uscire dalla porta che dava sul garage, tornò indietro, correndo su per le scale e, arrivato all'ingresso, salì la seconda rampa di scale, raggiungendo la camera della fidanzata.
Si avvicinò al piccolo spazio tra il muro e l’armadio recuperando la katana dal manico ricoperto da un intreccio di pelle rosso sangue. La sguainò, gettando il fodero da una parte, ed aprì la finestra, osservando Angelica, in mezzo al giardino sul retro, già con lo sguardo rivolto verso di lui.
Le lanciò la spada e la mora la prese al volo, roteandola con maestria e puntandola verso uno dei demoni che le si avvicinava, annusando l’aria, senza mostrare alcun interesse alla maglia sporca di sangue proprio ad un soffio dalle sue grosse zampe.
Vide Angelica lanciargli un’occhiata di supplica, ma si voltò verso il cassetto della biancheria della fidanzata, recuperando la Revolver già carica. Prese un profondo respiro e corse di sotto: lo sapeva di essere stupido a fare una cosa del genere, ma non gli importava. Doveva darle una mano.
***
Osservò immobile il demone davanti a lei, tenendo particolarmente d’occhio le grosse zampe munite di artigli affilati come rasoi, poi, nel momento stesso in cui il demone lanciò un forte ruggito, scattò rapida come un fulmine, tentando di affondare la katana al centro del petto della creatura, ma fu immediatamente scaraventata lontano dalle tre code che si agitavano frenetiche nell’aria.
Si rialzò immediatamente, evitando l’attacco del demone, che tentò di serrare le fauci sulla sua gamba, sperando forse di poter assaporare la sua carne, ma per il demone, l’unica cosa che riuscì ad assaggiare fu un forte calcio sul muso. La creatura balzò indietro, con la mandibola fuori sede che dondolava avanti e indietro, ruggendo di dolore. Approfittò del momento per scattare in avanti, lanciandosi verso il suo avversario come una freccia che vola verso il bersaglio e si abbassò all’ultimo istante per evitare una delle tre code che fendette l’aria e scivolò tra le possenti zampe del demone, recidendo i tendini, rotolando poi di lato per evitare di essere schiacciata sotto l’enorme peso della creatura che si accasciava a terra, incapace di restare in piedi. Affondò la lama nera della katana nel cranio del demone del sangue che, dopo un lamento, si accasciò completamente al suolo privo di vita.
Nemmeno il tempo di cantare vittoria che il secondo demone si faceva avanti, ringhiando nel sentire l’odore del sangue del suo simile, ed attaccandola immediatamente, spalancando la bocca. Lo schivò all’ultimo istante, saltandogli in groppa come se fosse un cavallo. La creatura iniziò a saltare, scalciare e dimenarsi come un toro ad un rodeo di cowboy, ma riuscì a rimanere sul suo dorso piantandogli la katana nella schiena ed usarla per reggere ai forti scossoni del demone che, se possibile, iniziò ad agitarsi ancora di più.
Prima di venire scaraventata a terra, estrasse la spada solo per affondarla una seconda volta e sentire la spina dorsale del demone rompersi con uno schiocco. Si rialzò immediatamente, osservando il suo avversario, steso su un fianco, che emetteva cupi latrati di dolore. Estrasse la spada e gli tagliò la gola mettendo fine al suo dolore.
- Ora ne manca uno solo - si disse, mentre il suono di uno sparo squarciò l'aria. Capì immediatamente che Matteo aveva fatto di testa sua, e partì di corsa, trovando il fidanzato a torso nudo che fronteggiava l’ultimo demone con solo la sua Revolver. Piantò la katana a terra, facendo dei respiri profondi - Sono qui! È me che vuoi, giusto? -
Il demone, a quelle parole, sembrò non curarsi più di Matteo e scattò immediatamente verso di lei. Divelse la katana dal terreno e rimase immobile fino all’ultimo istante, spostandosi di lato, senza però evitare una rapida zampata che le disegnò dei profondi tagli sul braccio destro. Indietreggiò un po’, portandosi la mano sinistra alla ferita ed osservando il demone che la caricava nuovamente, schivandolo una seconda volta, ricambiando il favore e ferendolo al fianco.
Un feroce ruggito vibrò nell’aria ed osservò il demone voltarsi ancora verso di lei. La creatura la attaccò una terza volta, balzando in aria pronta a bloccarla sotto il suo peso, ma i suoi artigli affondarono nell’erba. Veloce come un fulmine, prima che l’avversario si riprendesse, gli tagliò la gola.
Si sedette a terra, affondando la katana nel terreno, e fece un respiro profondo nel guardare Matteo, nella stessa posizione in cui l’aveva trovato pochi secondi prima, che la guardava a sua volta con occhi sgranati.
- Gli altri? - domandò.
Lui la raggiunse di corsa, inginocchiandosi al suo fianco - Hanno fatto come hai detto -
Gli lanciò un sorriso sfuggente - Sei tu che stai diventando una peste -
- Non potevo lasciarti qui -
Gli lanciò un sorriso - Stai bene? -
- Io sì, sei tu quella messa peggio -
Si alzò in piedi osservando i segni sanguinanti lasciati dal graffio del demone e la ferita, decisamente più profonda, sul fianco - Mi ha presa di striscio, non é niente - disse - Però é meglio se andiamo a vedere come sta Vittoria -
Matteo si alzò in piedi, seguendola all'interno della casa, fino alla sua stanza. Recuperò dall'armadio la prima canotta che le capitò sottomano e la indossò sopra al costume - Puoi prendere una maglietta di mio padre, dovrebbe andarti bene - gli disse, infilando la katana nel fodero e nascondendola nel solito posto, osservando il fidanzato annuire con la testa, rimettendo la Revolver dove l'aveva trovata e andando nella stanza accanto. Lo aspettò seduta sul letto, leggermente frastornata per quanto accaduto e per la perdita di sangue, sentendosi stupida per restare lì ad aspettare che le cose succedessero. Ma cosa poteva fare? Non sapeva nemmeno con chi aveva a che fare, chi erano dalla sua parte e chi non lo era. Inoltre sentiva un’orribile presentimento agitarsi senza sosta dentro di lei e la cosa non la calmava affatto.
Quando sentì Matteo schiarirsi la voce, voltò lo sguardo verso di lui.
- Due penny per i tuoi pensieri - disse il ragazzo, rimanendo fermo sulla porta.
Agitò la testa, allontanando quei pensieri che il fidanzato desiderava sapere e si alzò in piedi - I miei pensieri non valgono così tanto - sussurrò con un sorriso, cercando di farlo desistere dal sapere i suoi stupidi ed altrettanto inutili pensieri - Andiamo, forse gli altri sono in pensiero per noi anche se adesso mi odieranno a morte -
- Capiranno, non preoccuparti. Sono pur sempre i tuoi amici -
- Lo spero -


Matteo trovò immediatamente parcheggio proprio davanti all'entrata dell'ospedale di Borgo Roma. Quando entrarono, una donna delle pulizie la osservò con gli occhi sbarrati come se avesse tre teste, chiamando immediatamente un'infermiera.
Ignorando l'infermiera e un suo collega, si fece largo per i corridoi, divincolandosi quando uno dei due l'afferrava per portarla in una qualche stanza per medicarla. Si voltò di scatto dopo pochi minuti, pietrificando con lo sguardo i due che la assillavano - Non ho intenzione di farmi medicare, chiaro?! - urlò benché fossero le undici passate - Sono un Agente, ed esigo che mi venga detto dove hanno portato la mia amica arrivata poco fa, altrimenti vi faccio licenziare in tronco! -
L'infermiere la mandò a quel paese con un gesto quando si fu voltato per andarsene, mentre l'infermiera, una donna dai quarant'anni con i capelli scuri, rimase immobile - Sta parlando della ragazza che é arrivata poco fa con un gruppo di suoi colleghi? -
Annuì - Le sarei grata se mi portasse da lei -
- Certo - sussurrò la donna, dopo averle lanciato un'occhiata, chiedendosi forse come poteva una ragazza così giovane fare l'Agente. Sapeva che l'infermiera pensava che fosse un'agente speciale della polizia, perché era quello che l'Agenzia aveva fatto credere a tutti gli ospedali vicino alle varie sedi in Italia e all'estero. Non sarebbe stato carino presentarsi mezzi morti dicendo "Mi sono distratta un attimo e un grosso demone alto due metri di circa una tonnellata mi ha scagliata contro un muro sfracellandomi tutte le costole". Era meglio stare zitti e far credere agli infermieri e ai medici di "essere stati sopraffatti da un malvivente armato di un pugnale che, non contento di avervi ferito, vi ha tirato sotto con la macchina rompendovi qualche osso".
Raggiunsero una stanza e dentro vi trovò tutti i suoi amici, con addosso delle magliette fornite probabilmente dalle infermiere che li hanno accolti, e Vittoria seduta su un letto. Quando la videro ferma sulla soglia, nessuno osò aprir bocca, ma solo Elisabeth, dopo aver lanciato un sospiro di sollievo nel rivederla viva e vegeta, le corse incontro, abbracciandola con forza - Grazie al cielo stai bene - disse l'amica, staccandosi subito quando vide che non ricambiava l'abbraccio.
Guardò Vittoria, che le sorrise subito - Sto bene, non preoccuparti -
- Io volevo...-
- La prego Agente - la interruppe l'infermiera, facendosi avanti - Ora si lasci visitare -
Le lanciò un'occhiata ed annuì. La donna prese una sedia e la fece accomodare poi, dopo aver preso una bottiglietta di disinfettante per inumidire una garza sterile, le prese il braccio destro, segnato dai graffi del demone del sangue, poi il fianco ed infine la mano. Dopo aver disinfettato tutto per bene, le appiccicò sulla pelle diversi cerotti - Bene ora é a posto -
La ringraziò e la congedò. Quando l'infermiera la lasciò sola col suo gruppo si sentì gelare alla vista dell'occhiata che le rivolgeva Sergio, incazzato nero.
- Lo so, vi devo delle spiegazioni più dettagliate - ammise, sempre seduta sulla sedia. Si sentiva come un'assassina durante un interrogatorio che ammetteva i suoi crimini dopo essere stata smascherata - Sappiate che vi ho mentito solo per tenervi al sicuro -
- Ma ci hanno attaccati lo stesso - disse il biondo, incrociando le braccia al petto.
- Sì, e non accadrà più -
- Come puoi saperlo? -
- Sergio, lasciala in pace - sussurrò Vittoria, facendosi piccola, piccola - Quei cosi ci avranno anche attaccati, ma se non fosse stato per Angelica non saremmo riusciti a scappare -
- Ma ci hanno attaccato a causa sua -
- Sì, ci hanno attaccato a causa sua, ma se non fosse stato per lei Vittoria sarebbe morta. Senza offesa Vicky - disse Elisabeth, cercando di far ragionare Sergio.
- Di niente -
Abbassò lo sguardo e scosse la testa, lasciandoli discutere, per avvicinarsi ad Alice, ancora un po’ scossa - Tu come stai? -
- Non c’è male - rispose la mora, senza alzare lo sguardo per guardarla negli occhi - Non so perché ho così tanta paura del sangue, se non mi sedevo rischiavo di svenire -
- Lo so. Il pallore della pelle e lo svenimento sono dei sintomi dell’emofobia. Potresti superarla se vuoi -
- Proprio non ci riesco, Angi - le confidò l’amica - È da quando sono piccola che ha cominciato -
L’abbracciò, tentando di consolarla - Uno psicologo potrebbe aiutarti. Il mio è un mago nel suo mestiere -
- Tu vai da uno psicologo? -
- Lo sai che ho una paura matta degli ospedali. Eppure sono qui -
- Ma tu non hai paura di niente - la prese in giro Alice - Tu vai in giro ad uccidere quelle cose -
- Non ho paura di loro, ma in questo momento sono tentata di scappare dalla finestra -
L’amica scoppiò a ridere e si staccò dall’abbraccio, dandole una pacca sulla spalla per salutarla, poi salutò Vittoria con un bacio sulla guancia, Elisabeth con un abbraccio e i ragazzi con un piccolo cenno della testa - Sappiate ancora che mi dispiace - sussurrò, voltandosi poi verso la porta ed uscendo dalla stanza, seguita subito da Matteo, che le passò un braccio intorno alla vita.
- Dagli tempo, vedrai che capiranno -
Annuì - Torniamo a casa -


Non appena varcò la soglia di casa il cordless di casa iniziò a suonare nell'oscurità dell'ingresso. Si avvicinò al mobile dov'era appoggiato e rispose, chiedendosi chi fosse a quelle ore - Pronto? -
- Mi sono stancato di te, 33 -
Riconobbe immediatamente la voce della spia distorta da qualche aggeggio elettronico.
- Allora smettila di nasconderti e affrontami -
- Lunedì, Vetra. Sarò io a trovarti all'Agenzia -
Detto questo, l'uomo dall'altro capo del telefono, riattaccò. Si voltò verso Matteo, proprio accanto a lei che, probabilmente, aveva sentito la sua breve conversazione con la spia, e gli sorrise - Andiamo a dormire, hai l'aria distrutta -
- Mai quanto te -
- Non é niente -
- Cosa ti ha detto? - le domandò il ragazzo, facendosi ancora più vicino.
- Lunedì tutto finirà - sussurrò - O morirà lui o morirò io -


Aggiunto dopo 5 ore 5 minuti:

Lunedì, 24 agosto 2009 - ore 19.53
Il giorno prima rimasta a letto assieme a Matteo per tutta la mattina, il pomeriggio e gran parte della sera, alzandosi soltanto per andare a mangiare. Matteo aveva tentato inutilmente di farla alzare, ma dopo qualche tentativo ci aveva rinunciato. Anche quel giorno l’aveva passato senza fare niente ed ora, che mancava poco con l’appuntamento con la Direttrice e all’incontro con la spia, si stava vestendo con calma, cercando di non pensare a niente. Matteo, sdraiato sul letto, la osservava in silenzio.
Infilò un paio di pantaloncini, poi una t-shirt e le sue inseparabili ed ormai distrutte Converse nere - Tra poco devo andare - sussurrò, passandosi una mano nei capelli.
- Sei sicura di voler andare da sola? -
Annuì, prendendo entrambe le katane nascoste nel solito posto e sistemandole a tracolla. Per la prima volta in vita sua, si sentiva agitata. Si voltò verso il fidanzato, sedendosi sul letto - Mi prometti che stavolta non farai niente di stupido? -
Il fidanzato dopo averla fissata pochi secondi negli occhi, annuì - Tu mi prometti di tornare tutta intera? -
- Lo sai che non posso farti promesse del genere -
- Se non mi chiami tra un’ora giuro che farò di tutto per entrare in quella dannata Agenzia -
Rise piano, avvicinandosi e dandogli un bacio sulle labbra - D’accordo - disse, prendendo il cellulare dal cassetto della scrivania e mettendolo in tasca. Era pronta per andare.
- Fai attenzione -
Si fermò sulla porta e gli sorrise, uscendo senza dire altro.


La porta blindata posta all’entrata dell’Agenzia si aprì con un sibilo, lasciandole libero accesso ai corridoi immacolati e completamente deserti. Si strofinò le braccia per l’aria condizionata e s’incamminò verso l’ufficio della Direttrice, incontrando alcuni Agenti di tanto in tanto, che la guardavano a malo modo, spostandosi per lasciarla passare. Sperò che non fosse successo qualcosa.
Svoltando per un altro corridoio, si bloccò proprio davanti alla porta della direzione, voltando lo sguardo nel sentire qualcuno che la chiamava. Vide l’Agente 2 avvicinarsi a passo di marcia, con il viso freddo ed impassibile, come sempre, con addosso dei lunghi pantaloni neri e una camicia bianca. La bassa temperatura del luogo rendeva sopportabile quell’abbigliamento che l’uomo era costretto a tenere.
- Ho sentito di sabato, 33. La Direttrice mi ha informato dell’accaduto poco fa, cos’è successo? -
Scosse la testa, passandosi una mano nei capelli - Niente di che, tre demoni del sangue -
- Capisco. Cosa sei venuta a fare qui? La Direttrice mi aveva detto che saresti venuta... -
- Dovevo parlarle riguardo una faccenda, nulla di importante, ma volevo comunicarle della chiamata che ho ricevuto dalla spia -
L’uomo pelato aggrottò la fronte, incrociando le braccia al petto - Cosa ti ha detto? -
- Che oggi mi avrebbe trovata all’Agenzia, ma non è ancora successo niente -
- Dici? -
Gli lanciò un’occhiata nel sentire il tono del suo superiore farsi, se possibile, ancora più freddo. Fece finta di niente ed appoggiò la mano sulla maniglia, abbassandola. Quando l’aprì del tutto si sentì mancare alla vista dell’ufficio, completamente sottosopra, e della Direttrice, accasciata priva di vita sulla sedia a rotelle, con gli occhi sgranati e vitrei, con un foro di proiettile proprio in mezzo alla fronte che, probabilmente, le aveva trapassato la testa da parte a parte. Si soffermò qualche secondo sulla cassaforte, nascosta dietro alcuni grossi e finti libri posti sulla libreria, completamente vuota.
- Non hai idea di quello che ho dovuto fare per farmi dire la combinazione - disse l’Agente al suo fianco con un sospiro.
I suoi occhi tornarono ad osservare il corpo senza vita della Direttrice, nella speranza di essere intrappolata in un brutto sogno e di risvegliarsi per sentirsi dire che era un’incosciente e che attirava qualunque tipo di guaio. Dopo alcuni secondi, però, la speranza si spense del tutto, lasciando il posto alla rabbia che ora provava nei confronti di un uomo che aveva considerato un amico e un alleato, ma che ora si rivelava per quello che era veramente: un nemico ancor più peggiore dei demoni che aveva affrontato fino a quel momento, proprio come le aveva detto Jane.
Si voltò verso l’Agente 2, squadrandolo dall’alto in basso - Sei stato tu fin dall’inizio -
L’uomo non rispose, ma non distolse gli occhi scuri dai suoi.
- Tu avevi ingaggiato Kyra, tu avevi informato le guardie di Leferve, tu hai mandato il padre di Matteo per uccidermi e tutti gli altri demoni che hanno tentato di togliermi di mezzo - disse, con voce fredda, priva di qualunque emozione - Tu sei la spia -
- Brillanti deduzioni, complimenti 33 -
- Perché? - domandò, facendo un passo indietro - Perché hai fatto tutto questo? Perché tutti questi morti? A quale scopo? -
- L’Agenzia ha bisogno di un nuovo capo, Angelica. Qualcuno che non ha paura di usare i demoni per la guerra -
- Non c’è nessuna guerra e tu sei soltanto un pazzo -
- Ci sarà presto, credimi - rispose l’uomo, incrociando le grosse braccia al petto - E sarà la guerra più terribile -
- Tu vuoi usare i demoni come soldati - sussurrò, facendo qualche altro passo indietro, per mettere la giusta distanza tra lei e quell’uomo.
- No, ho qualcosa di meglio - sussurrò lui - E ben resto lo proverai di persona -
Non ebbe nemmeno il tempo di capire appieno la frase che l’Agente le aveva appena detto che l’uomo, dopo un forte slancio, le corse incontro, tirandole un forte pugno nello stomaco. Si piegò in avanti, senza fiato, portando subito la mano all’elsa di una delle due katane, ma prima che potesse estrarla, l’Agente le afferrò il braccio, scaraventandola contro il muro con forza. Sentì l’uomo afferrare il manico della sua spada ed estrarla dal fodero con degli stridii.
Si rialzò subito, indietreggiando ed estraendo la sua katana, mentre l’avversario impugnava quella regalatale dalla Direttrice. L’Agente 2 tentò subito un affondo, ma si scansò immediatamente, tentando a sua volta di colpirlo, ma la sua lama fu fermata da quella nera. Indietreggiò immediatamente quando l’avversario fece un passo avanti, facendo scorrere le lame fino all’elsa, e lo attaccò di nuovo. Ancora una volta la lama nera deviò il suo attacco, ma riuscì a disegnargli una linea scarlatta sul braccio, tagliando anche la stoffa della camicia. Gli attacchi si susseguirono l’uno dopo l’altro più veloci che mai, e per ogni affondo c’era una degna parata dell’avversario. Tutto sembrava una danza bellissima, ma allo stesso tempo pericolosa e letale.
Si allontanò nuovamente, lanciandosi uno sguardo alle spalle nel vedere sette Agenti correrle incontro: quattro si fermarono immediatamente, estraendo le pistole e tenendola sotto tiro, mentre gli altri tre, muniti di lunghi pugnali, la attaccarono. Dopo aver schivato un attacco mosse velocemente la katana da sotto in su, tagliando la gola a due avversari, mentre il terzo indietreggiava, intimidito.
Deviò ancora una volta la lama nera, che le passò ad un soffio dal fianco, ma ancor prima di voltarsi, la spia le afferrò il collo da dietro, facendole sbattere la testa contro il muro. Scosse subito la testa, evitando un altro attacco dell’avversario, pronto ad affondarle la katana nella schiena che, però, affondò nel muro, tra le piastrelle di ceramica bianche della parete. Fu subito attaccata dall’ultimo Agente armato di pugnale e, dopo averlo schivato, gli affondò la katana nel petto, rubandogli di mano il pugnale e lanciandolo contro uno dei quattro Agenti appostati più lontano, pronti a spararle, che crollò a terra con la lama seghettata conficcata in fronte.
Divelse immediatamente la spada dal corpo privo di vita dell’Agente, pronta a tornare a scontrarsi con la spia, ma quando si voltò il suo avversario era ad un soffio da lei. L’Agente 2 l’afferrò per il collo, facendole toccare la schiena contro la parete del corridoio e togliendole la katana di mano.
- Non sai da quanto tempo ho desiderato fare questo con le mie mani -
Per tutta risposta gli sputò in faccia, ricevendo un pugno in pieno viso, sentendo subito il sapore metallico del sangue in bocca.
- Ma, come ti ho detto prima, ho in mente altro per te -
Dopo una forte ginocchiata nello stomaco, l’Agente 2 la scaraventò a terra. Leggermente frastornata ed ansimante, sentì qualcuno afferrarla e metterla di nuovo in piedi, bloccarla. Iniziò subito a divincolarsi come una furia, ma a quelle due mani se ne aggiunsero altre due e poi ancora due, immobilizzandola del tutto.
- Sei stata una valida avversaria, 33 - disse l’Agente 2 - Portatela nella stanza 1 -
Gli uomini la trascinarono via, percorrendo due corridoi e raggiungendo in meno di un minuto la stanza 1. Ricordava che la stanza 1 veniva usata da Marco e da Beatrice per studiare i primi demoni artificiali creati dalla Rosa.
Quando entrarono, riuscì soltanto a notare un tavolo da lavoro appoggiato alla parete accanto alla porta e un altro proprio di fronte, al centro della stanza c’era un lettino, probabilmente di acciaio, con delle spesse cinghie di cuoio che penzolavano ai lati, fissate accuratamente alla struttura in metallo del lettino.
- Spogliatela, controllate che non abbia altre armi -
I tre uomini accontentarono immediatamente il loro capo, strappandole la t-shirt di dosso e tagliando con un pugnale i pantaloncini, graffiandole persino la pelle. I suoi abiti finirono a terra, ridotti in stracci, ma almeno gli Agenti avevano avuto il buonsenso di lasciarla in biancheria.
- Non ha niente, signore - disse uno dei tre uomini, che non aveva mai visto in vita sua.
La spia indicò una camicia azzurrina appesa ad un gancio dietro la porta, che venne chiusa immediatamente - Vestila e legala al lettino -
Gli uomini riuscirono a farle infilare con difficoltà la camicia, che aveva le maniche talmente lunghe da nasconderle le mani e, fortunatamente, era abbastanza grande da arrivarle fino a metà coscia. Quando le chiusero i bottoni uno alla volta, l’alzarono senza sforzo, adagiandola sul lettino e, mentre due la bloccavano, il terzo le legò i polsi e le caviglie con le cinghie, stringendole il più possibile. Iniziò nuovamente a divincolarsi con tutta la forza che aveva, mentre l’Agente 2, con tutta calma, prese una sedia e si accomodò accanto al lettino - Lasciateci soli - ordinò il suo superiore agli altri colleghi, che ubbidirono, uscendo dalla stanza.
L’uomo iniziò subito iniziando a tirarle su la manica del braccio destro, stringendole un laccio emostatico al di sopra del gomito - Per me sei stata una palla al piede, sin dall'inizio. Eri sempre in mezzo ai piedi ad ammazzare demoni che avevano accettato di ubbidirmi... - le raccontò lui, prendendo dal tavolo da lavoro proprio dietro di lui una comunissima siringa, contenente del liquido di un rosso acceso - Poi la storia della Direttrice. Non avevo altra scelta, dovevo ucciderla per attuare il mio piano. Quella disgraziata nel suo testamento aveva scritto che lasciava a te il comando, a te! Una stupida ragazzina invece di me! Che ho lavorato qui da sempre! Ma ora non importa, adesso sono io il Direttore dell'Azienda, dato che il testamento è stato...casualmente distrutto. Adesso sono a capo degli uomini meglio addestrati e della Rosa, che su mio ordine ha scoperto un siero che mi renderà ancora più ricco e potente! -
- Allora sono opera tua anche le sparizioni dei civili degli ultimi mesi -
- Dovevamo sperimentare il siero su qualcuno, no? In questi mesi è stato migliorato ogni volta, per garantire un effetto di lunga durata e, guarda caso...- le disse l’Agente 2, portandole la siringa ad un soffio dal viso - ...mi serve proprio una cavia per vedere se stavolta funziona -
- Sei un pazzo, gli altri Agenti ti fermeranno -
- Quelli che si sono ribellati a me sono stati chiusi nelle celle per i demoni, in attesa del siero vero e proprio. Quando tutti saranno stati contaminati da questa innovazione, obbediranno solo e soltanto a me - sussurrò l’uomo, afferrandole con forza il braccio, conficcando poi l'ago nella vena - Ed è quello che succederà a te. Se il siero funziona obbedirai al tuo nemico, altrimenti, morirai -
Urlò non appena la strana sostanza fu iniettata, iniziando a circolare nel suo sangue. Sentì subito un’insopportabile calore che partiva dal braccio e si espandeva lentamente in tutto il resto del corpo.
- Brucia vero? -
Strinse i pugni, urlando ancora con tutto il fiato che aveva, sentendo il cuore scoppiarle nel petto.
- E adesso vediamo se stavolta funziona - disse l'uomo estraendo l'ago, con un diabolico sorriso stampato sul volto - Diventerai la cosa a cui hai dato la caccia -
- Non la passerai liscia -
- L’ho già fatto, 33. E tu non puoi fare altro - rispose lui, uscendo dalla stanza e lasciandola sola, in preda ad un dolore atroce.
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 23 luglio 2011, 17:54

Tobia ha beccato la parola chiave di questo post: Laura :sospettoso:

Buona lettura :arms:

Ormai, l’ora che aveva concesso ad Angelica per chiamarlo era scaduta. Provò subito a chiamarla, ma il cellulare era spento.
Mentre aveva passato quegli interminabili sessanta minuti ad osservare l’orario sul display del suo cellulare, era riuscito a trovare la soluzione su come entrare all’Agenzia. Cosa c’era di meglio di chiedere ad un Agente di farlo entrare?
Il nome dell’Agente gli era balzato subito in testa e chiamò immediatamente Beatrice, ma non appena premette il tasto di chiamata partì subito il messaggio registrato della Vodafone, il quale annunciava che il numero chiamato non era al momento raggiungibile. Provò più e più volte, ma il risultato non cambiava.
Se Beatrice non rispondeva al cellulare era successo qualcosa, se lo sentiva da quando Angelica era uscita.
Si alzò dal letto ed iniziò a camminare avanti e indietro, pensando ad una soluzione.
"Chi altro conosco che lavora all'Agenzia?" si domandò, fermandosi all'improvviso, dandosi dello stupido per non aver pensato prima a lei. Cercò il numero nella rubrica del suo cellulare e la chiamò immediatamente. Lanciò un sospiro di sollievo quando Laura Mancini rispose con un'imprecazione.
- Dannazione Dall'Angelo, spero che tu abbia un buon motivo per avermi disturbata -
- Angelica é in pericolo -
- Smettila di fare il principe che salva la fanciulla in pericolo. Angelica sa cavarsela da sola -
- La spia l'ha chiamata, ha detto che oggi ci sarebbe stata la resa dei conti - le raccontò brevemente, nella speranza che Laura gli desse ascolto.
- Hai provato a chiamare Beatrice? - le domandò lei dopo aver sbuffato.
- Non risponde -
- Strano. Decisamente strano di solito...-
- ...risponde sempre al telefono - concluse per lei.
- Aspetta un attimo. Provo a chiamare Francesco, dovrebbe essere all'Agenzia adesso - disse la ragazza dall'altro capo del telefono, rimanendo in silenzio alcuni secondi - Non risponde -
- Sta succedendo qualcosa là dentro, Laura. Dobbiamo fare qualcosa -
- Tu non farai un bel niente, vado a dare un'occhiata. Da sola - gli disse Laura con un altro sospiro - Proprio quando ho la sera libero dal lavoro -
- Ti prego, portami con te -
- Mi saresti d'intralcio -
- So sparare -
- E io so fare una bomba artigianale. Resta a casa che é meglio -
- Non sai nemmeno cosa sta succedendo là dentro! - urlò al telefono - Uno in più ti fa sempre comodo -
Laura Mancini rimase un attimo in silenzio. Sapeva che era ancora più testarda di Angelica, ma sapeva che non avrebbe potuto dirgli di no.
- Hai la pistola di Angelica? -
- Sì -
- Arrivo tra due minuti - disse la ragazza con tono freddo, forse infastidita dal fatto che doveva trascinarsi dietro un civile per tutta l'Agenzia, invasa dai demoni o da qualsiasi altra cosa. Riattaccò subito, infilando i suoi pantaloncini corti, sistemati sulla sedia posta accanto alla scrivania, e la sua maglietta.
Aprì il cassetto della biancheria della fidanzata dove, due giorni prima, aveva preso la Revolver e tentato di uccidere uno dei demoni che li avevano attaccati. La pistola era ancora al suo posto e la impugnò con un po' di timore, senza sapere se era carica o meno e, dato che non sapeva nemmeno come fare per controllare, avrebbe chiesto gentilmente a Laura di caricarla se necessario.
Uscì di corsa da casa Vetra con la pistola nella cintura dei pantaloni, ed attese l'arrivo di Laura, che fermò la macchina proprio davanti a lui, con una sgommata.
- Muoviti! - urlò la bionda al volante e lui obbedì immediatamente.
Si allacciò subito la cintura di sicurezza quando la ragazza partì a tutta velocità, zigzagando tra le altre macchine, evitandole per un soffio, salendo persino sul marciapiede fortunatamente vuoto.
- Allora, Dall'Angelo - iniziò la ragazza, tranquillamente, senza mai staccare gli occhi dalla strada - Qualunque cosa sia successa là dentro, dovrai fare tutto quello che ti dirò. Non voglio storie. Se solo osi disubbidirmi ci metto due secondi a stenderti e a buttarti fuori, chiaro? -
- Sì, d'accordo - rispose piano - E volevo chiederti se potevi controllare la pistola di Angelica -
La bionda gli lanciò un'occhiata - Ok -
Dopo un paio di minuti, Laura parcheggiò proprio davanti alla vecchia casa infestata, avvolta nella sua solita spaventosa e lugubre atmosfera. Ogni volta che osservava quella struttura pericolante, che minacciava di crollare con la prossima folata di vento, gli faceva venire un brivido in tutto il corpo.
- É carica - disse Laura ad un tratto e si voltò verso di lei, osservandola sistemare una pallottola nel tamburo della Revolver di Angelica, che gli aveva preso senza che se ne accorgesse. La bionda, con un rapido movimento, risistemò il tamburo e gli porse la pistola e qualche pallottola - Non sprecare i colpi, ho solo queste pallottole che vanno bene per questa pistola, d'accordo? -
- Non so nemmeno come caricarla -
- Devi solo fare così - disse la ragazza, facendo uscire il tamburo della pistola - Metti le pallottole e lo chiudi - concluse lei, risistemandolo, mettendogli poi in mano la Revolver e le pallottole in tasca.
- Ok, ho capito -
- Agitato Dall'Angelo? -
- Hai presente quando senti un nodo alla gola, il cuore smette di battere e cominci a sudare freddo al solo pensiero di fare qualcosa che non dovresti nemmeno lontanamente immaginare di fare? -
La bionda inarcò un sopracciglio, caricando le sue pistole semiautomatiche - Non potresti rispondere come tutte le persone normali? -
- Sì, sono agitato - ammise.
- Finalmente parliamo la stessa lingua - scherzò lei, sistemandosi un lungo pugnale nella cintura dei pantaloncini, prendendo poi un piccolo zainetto dai sedili posteriori e un fucile a pompa - Ora entriamo, e ricordati quello che ti ho detto -
Annuì, scendendo dalla macchina e seguendo la ragazza all'interno della casa stregata usata come copertura. Il cuore gli si fermò nel petto quando la porta che conduceva all'Agenzia si aprì.
***
Smise immediatamente di urlare quando sentì dei rumori provenire dal corridoio ed ascoltò meglio il rumore dei passi di due persone, che nella sua testa sembravano amplificati. Non appena sentì un tonfo sordo, voltò lo sguardo verso la porta del laboratorio, crollata a terra con un semplice calcio ben assestato di Laura Mancini.
- Oh, era aperta -
Dietro di lei c’era Matteo, immobile, che la fissava con gli occhi sgranati, soffermandosi sulle cinghie che le bloccavano le caviglie e i polsi. Fece un respiro profondo, distogliendo gli occhi dai suoi - Andatevene - sussurrò ma, come al solito, Matteo non la stava ascoltando: si era avvicinato al lettino ed aveva cominciato a trafficare con i lacci di cuoio, tentando di liberarla.
- Hai capito quello che ho detto? Dovete andarvene! - esclamò, dimenandosi con forza nel tentativo di allontanare il ragazzo, che, ancora una volta, non le diede retta.
- Non dovresti liberarla - disse Laura, afferrando il polso al moro, allontanandolo da lei.
“Almeno lei capisce” pensò, lanciando uno sguardo alla ragazza, tentando di ignorare quello strano calore che le cresceva sempre di più nel petto - Dovete...liberare gli altri -
- Cos’è successo? - le domandò lei.
- La spia - raccontò in un sussurro - È l’Agente 2, ha rinchiuso gli Agenti che si sono ribellati a lui nelle celle al piano di sotto -
- A te cos’ha fatto? -
Chiuse gli occhi, tentando di ignorare il profumo della ragazza che ora sentiva così dolce ed invitante - Un siero. Diventerò un demone ai suoi ordini -
Matteo si riavvicinò nuovamente e non riuscì più a trattenere quello strano istinto: iniziò a dimenarsi, cercando di liberarsi e di uccidere. Uccidere per placare il suo desiderio di sangue.
***
Afferrò prontamente Matteo per un braccio, facendolo allontanare insieme a lei dal lettino, ed impugnò immediatamente la pistola, puntandola su Angelica, che si dimenava come una furia. I suoi occhi diventarono rossi come il fuoco e sapeva che ora non poteva fare altro che ucciderla.
Fu immediatamente fermata da Matteo, che le fece abbassare il braccio a malo modo - Non vorrai ucciderla? -
- Sì - sussurrò puntando di nuovo la pistola verso la mora e scansando il ragazzo.
Lui le si parò davanti, osservandola serio.
- Quella cosa non é più Angelica! - urlò, senza abbassare l’arma e senza mai distogliere lo sguardo dalla ragazza che continuava a dimenarsi, in preda ad una furia incontrollabile - Guardala. Ti sembra Angelica? - chiese, abbassando la Beretta e lanciando un sospiro - È diventata un mostro -
La mora, con un ultimo grido, si abbandonò sul lettino di metallo, respirando forte, e le lanciò uno sguardo di supplica mentre le lacrime le rigavano le guance - Vi prego, vi supplico - sussurrò la ragazza, soffocando un singhiozzo - Andate a liberare gli altri -
- Non ti lascio qui - disse Matteo, che si avvicinò nuovamente al lettino. Capì immediatamente le intenzioni del ragazzo di liberare Angelica e non poteva permetterlo.
Lo afferrò per un braccio e lo scaraventò in corridoio - Non osare liberarla -
- Dobbiamo aiutarla! -
Era pronta a dargli un pugno per farlo tornare in sé, ma si voltò verso Angelica, che sussurrò appena il suo nome, attirando la sua attenzione. Fece un passo avanti, affiancandosi al lettino - Che c’è? -
- Laura, se dovessi liberarmi ed attaccarvi... - iniziò la mora facendo un respiro profondo per calmarsi o forse per accettare quella strana situazione, parlando così piano che faticava persino a sentirla - ...giurami che mi fermerai in qualsiasi modo. Anche a costo di uccidermi -
- Deve esserci un modo per farti tornare come prima -
Angelica sorrise - No, almeno finché l’effetto non svanisce e, da quello che ho capito, nessuno finora è sopravvissuto -
Lanciò un sospiro, facendo un piccolo cenno - Te lo giuro - disse, voltandosi subito dopo ed uscendo in corridoio, sistemando la porta che aveva sfondato poco prima in qualche modo, e s’incamminò velocemente, trascinando Matteo per un braccio, che si ostinava a tornare indietro.
Sbuffò “Uomini” pensò, dandogli un leggero strattone per farlo camminare davanti a lei - Cammina -
- Cosa ti ha detto? -
- Niente che ti riguardi -
- Mi riguarda se centra la persona che amo -
Si bloccò, fulminandolo con lo sguardo - Mi ha chiesto di ucciderla se dovesse attaccarci -
- Non lo farebbe mai -
- Non è più Angelica! Lo vuoi capire?! -
- Ci deve essere un modo per salvarla! -
- No - sussurrò, riprendendo a camminare.
- Come fai a dirlo? -
- Perché me l’ha... - disse a bassa voce, sentendo un rumore che sembrava avvicinarsi - ...detto lei -
- La stai condannando a morte -
Si fermò, in allerta, concentrandosi sul rumore appena udito - Arriva qualcuno -
- Chi? -
Dovette trovare una soluzione alla svelta. Aprì la porta proprio accanto a loro, lanciò dentro Matteo e lo seguì immediatamente, socchiudendo subito la porta ed ascoltando i rumori che provenivano dal corridoio. A giudicare dal rumore dei passi, individuò sei o sette Agenti.
Si tolse lo zainetto dalle spalle e vi infilò dentro la mano, estraendo una granata stordente M84, un tubo esagonale di acciaio con fori lungo i lati che permettono la combustione delle miscele che provocano un lampo di luce e il botto. Sorrise al pensiero di usarla dentro all’Agenzia. Si voltò verso Matteo, leggermente spaventato nel vedere la cosa che teneva in mano - Quando la lancio copriti le orecchie e chiudi gli occhi - gli consigliò. Una volta lanciata, la granata avrebbe prodotto una luce ed un botto assordante di circa 170-180 decibel e avrebbe reso incapaci gli Agenti in corridoio senza causare però alcuna ferita. A quello avrebbe rimediato lei prima dello scadere di cinque secondi: il lampo luminoso scaturito dall’esplosione, attivava momentaneamente tutte le cellule della retina, rendendo la visione impossibile solo per quel breve lasso di tempo.
- Vuoi lanciarla davvero? -
- Ho sempre sognato di farlo - sussurrò azionando la leva con un sorriso, lanciando la granata in fondo al corridoio, proprio vicino al gruppo di sei Agenti. Si mise subito le mani sulle orecchie e chiuse gli occhi, attendendo l’esplosione.
Quando sentì il botto scattò in piedi, con in pugno le sue semiautomatiche, ed uscì in corridoio. Pochi e precisi spari e gli Agenti giacevano morti a terra, tutti con un foro di proiettile proprio in mezzo alla fronte. Diede un pugno al muro, dando il via libera a Matteo - Forza -
Il ragazzo, a gattoni, uscì dalla porta - Ma dove l’hai presa una cosa del genere? -
- Ne ho rubate un paio dall’armeria -
- Tu sei fuori di testa -
Lo aiutò ad alzarsi e gli sorrise, dandogli il suo zaino - Grazie, significa molto per me -
***
Strinse gli occhi e respirò profondamente, piantandosi persino le unghie nei palmi, per tentare di mantenere il controllo e cercare di ignorare uno strano odore che sembrava volerla stregare. L’avrebbe riconosciuto fra mille quell’odore: era sangue.
Sentì il battito accelerare e un dolore atroce invaderle il corpo che le fece sgranare gli occhi ed urlare di dolore, iniziando a dimenarsi per liberarsi da quelle dannate cinghie che la tenevano incollata al lettino, tenendola lontana dalla fonte di quell’odore che ora le sembrava irresistibile.
Si liberò con facilità, strappando le cinghie come se fossero stelle filanti, e si mise in piedi, appoggiando la mano sulla maniglia della porta, afferrandola come se fosse fatta di polistirolo e scaraventandola alle sue spalle, oltre il lettino.
Uscì in corridoio seguendo quello strano istinto che si era svegliato in lei.
***
Nello svoltare per un altro corridoio, si bloccò, osservando due katane familiari: la prima, dall’intreccio di pelle nera sul manico, era abbandonata a terra, con la lama intrisa di sangue, mentre l’altra, dalla lama nera, era conficcata nel muro.
- Quelle sono di Angelica - disse Matteo, riconoscendole a sua volta.
Si avvicinò piano, raccogliendo quella a terra, osservando il suo riflesso nella lama splendente d’acciaio mentre un rivolo di sangue, ancora fresco, iniziò a scivolare lentamente lungo il filo tagliente della spada.
- Quella non ti appartiene - disse una voce che la fece persino rabbrividire.
Si voltò e rimase pietrificata all’istante: proprio qualche metro da lei c’era Angelica, la stessa Angelica che aveva visto pochi minuti prima legata ad un lettino in metallo e disperata, mentre ora sembrava essere un’altra persona, totalmente diversa. Lo sguardo freddo fisso verso di lei non emetteva alcuna emozione, nessun sentimento, e i suoi occhi, dello stesso colore del sangue, sembrano voler prendere fuoco. Strinse più forte l’elsa della katana.
- Angelica - la chiamò, sperando che si svegliasse da quella che sembrava un’ipnosi, ma rinunciò all’istante vedendola sorridere in modo diabolico e mostrarle i lunghi canini. Il demone, che una volta era la ragazza che odiava a morte e che ora considerava come un’amica, fece qualche passo verso di lei, senza alcuna fretta.
Lanciò un’occhiata a Matteo - Vai a liberare gli altri. C’è una scala a chiocciola...le celle sono lì - gli sussurrò piano senza perdere d’occhio la sua avversaria. Il ragazzo, senza distogliere gli occhi dalla sua fidanzata ridotta in quelle condizioni, indietreggiò, per poi voltarsi ed iniziare a correre, sparendo oltre il corridoio.
Il sangue le si gelò nelle vene vedendo Angelica, fermandosi a qualche metro da lei, sorridendole in modo diabolico. Strinse ancor di più la presa sulla katana - Non voglio combattere contro di te -
Angelica scattò veloce verso di lei, pronta ad ucciderla alla minima esitazione. Schivò le sue dita arcuate, pronte a graffiarla a morte, ed agitò la katana, pronta a colpirla, ma la ragazza afferrò la lama con la mano, bloccandola. Vide il sangue colare lungo il braccio ed imbrattare le lunghe maniche della camicia, ma l’espressione di Angelica non cambiava, sembrava quasi non provare alcun dolore.
Con un rapido movimento riuscì a liberare la lama e ad allontanare l’avversaria con un calcio allo stomaco.
- Non costringermi a farti del male -
Angelica sorrise e scompare dalla sua vista in un battito di ciglia. Si voltò immediatamente, ma non abbastanza in fretta, e un dolore lancinante alla spalla sinistra la fece urlare: il demone le aveva artigliato la spalla come un falco che cattura la sua preda. Afferrò il pugnale allacciato alla cintura dei pantaloncini con la mano libera, piantando la lama nella spalla destra dell’avversaria che si allontanò con un elegante balzo. La ragazza divelse il pugnale dalla carne e glielo lanciò contro, ma riuscì a schivarlo per un soffio, commettendo il grave errore di concentrarsi totalmente sulla lama del pugnale: ancor prima di voltare lo sguardo, la mora la afferrò per il collo, sollevandola da terra senza il minimo sforzo, facendole sbattere la schiena contro il muro. La katana le scivolò via per la forza dell’impatto contro la parete.
- Ti prego...torna in te -
- Risparmia il fiato - disse qualcuno fuori dal suo campo visivo, ma riconobbe immediatamente l’Agente 2 - Obbedisce solo a me -
Dopo uno schiocco di dita, la ragazza la liberò, indietreggiando, raggiungendo quello che ora era diventato il suo padrone. Si portò una mano alla spalla e si lasciò scivolare a terra, afferrando nuovamente la katana.
- Giurami fedeltà, Laura Mancini. Giurami fedeltà e non ti verrà fatto alcun male -
- Mai - sussurrò, rialzandosi in piedi, puntando la katana contro - Preferisco morire che servire uno schifoso bastardo -
L’Agente 2 rise in tono gelido, passandosi una mano sulla testa pelata che, a parer suo, sembrava una palla da bowling - Uccidila - ordinò l’uomo ad Angelica, che avanzò con calma, sicura e decisa.
Quando si avvicinò troppo si allontanò, ferendola di striscio alla base del collo - Io so che puoi sentirmi, Angelica. So che sei ancora lì -
Il demone tentò di attaccarla, ma stavolta fu più veloce: fendette l’aria con la katana, riuscendo a sentire la pelle del viso della mora tagliarsi come burro.
Angelica indietreggio, sfiorandosi il taglio e la ragazza indietreggiò, portandosi una mano all’occhio dove aveva tracciato con la spada un sottile segno scarlatto partiva dal sopracciglio e finiva sulla guancia. Approfittò di quel momento per scappare in fretta e furia, dirigendosi verso il piano inferiore, alle celle anti-demone. Non ce l’avrebbe mai fatta da sola ed era più saggio chiedere aiuto a qualcuno, ma il vero problema era: chi avrebbe combattuto al suo fianco contro un demone che poco tempo prima era l’Agente 33?
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 27 luglio 2011, 14:21

Eccomi qui! scusate il ritardo!
Eccovi un piccolo post fatto un po' male :sleep:

Scese le scale a chiocciola, rischiando quasi di rompersi l’osso del collo, trovando Matteo davanti alla cella numero 1, che tentava di liberare gli Agenti intrappolati dentro sparando al vetro antiproiettile e anti-demone. Lanciò un sospiro e si avvicinò, stringendosi la spalla ferita - Dall’Angelo, si può sapere cosa stai combinando? -
Il ragazzo si voltò verso di lei, abbassando la Revolver - Sto liberando gli altri -
- E io sto ballando il burlesque - sussurrò, prendendo il fucile a pompa che teneva a tracolla, osservando attraverso il vetro gli Agenti chiusi all’interno - Spostati -
Matteo obbedì e sparò diversi colpi alla serratura della cella, sfondando poi la porta con un calcio: era una vera fortuna che le porte fossero rinforzate solo dall’altra parte. Quando la porta cadde sul pavimento con un tonfo, gli Agenti uscirono tranquillamente.
- Ascoltate tutti! - urlò dopo aver ordinato a Matteo di aprire le altre celle nel suo stesso modo - Non dovete muovervi da qui, chiaro? -
Alla ventina di Agenti appena liberati se ne aggiunse un’altra ventina e un’altra e un’altra ancora. Dovette salire sui gradini della scala a chiocciola per farsi vedere da tutti e sperando di vedere una familiare testa bionda. Impugnò la sua semiautomatica e sparò un colpo al soffitto, facendo zittire tutti.
- Inutile dirvi dell’Agente 2 - iniziò - Dovete tutti raggiungere l’armeria, prendere tutto quello che potete e combattere. Dobbiamo attirarli fuori, nel parcheggio -
Tutti annuirono, un po’ timorosi di dover lottare contro dei loro colleghi, con le persone con cui si erano allenate, con cui avevano affrontato incarichi pericolosi, con cui avevano stretto amicizia. Fece un respiro profondo: ora doveva dire loro di 33.
- Noi siamo in vantaggio numerico. L’Agente 2 è riuscito a portare dalla sua parte solo pochi Agenti ben addestrati e molte matricole ma, purtroppo per noi, lui ha 33 -
Gli Agenti iniziarono a borbottare e dovette attirare l’attenzione con un altro sparo: inutile evitare di farsi trovare, era sicura che la spia sapeva che avrebbe liberato gli altri per ostacolarlo - Non esiterà ad uccidervi, non esiterà nemmeno un momento. L’Agente 2 le ha iniettato un siero che la trasforma in una specie di demone sotto il suo controllo. Attiratela fuori...a lei ci penso io - concluse, lasciando libera la scala a chiocciola per permettere ai suoi colleghi di salire al piano di sopra, facendosi largo tra la folla per raggiungere Matteo, abbracciato a Beatrice, in lacrime. Dietro di lui c’era Francesco, che la raggiunse di corsa, abbracciandola ed accarezzandole i capelli.
- Perché sei venuta? - le domandò il ragazzo.
Si passò una mano nei capelli - Storia lunga, te la spiegherò se ne avrò l’opportunità. Ora è meglio se vai con gli altri in armeria -
Francesco annuì e dopo averle dato un lungo ed appassionato bacio sulle labbra seguì gli ultimi Agenti. Guardò Matteo e Beatrice, lanciando un sospiro - Beatrice, tu resta qui. Potresti curare i feriti meno gravi -
La bionda annuì, staccandosi da Matteo, e le si avvicinò, appoggiandole una mano sulla ferita, guarendola dopo pochi secondi - È tutto vero? Lui ha Angelica? -
Annuì - Non mi ha nemmeno riconosciuta, si limitava a tentare di uccidermi - disse, afferrando Matteo per un braccio - Tu. Vai in armeria a prenderti qualcosa -
- Ne sei sicura? -
- Hai voluto venire qui? Adesso dai una mano - disse - E ridammi lo zaino -
Il moro, confuso, le consegnò lo zainetto e si allontanò, lasciando sole lei e l’infermiera dell’Agenzia. Si domandò se c’era un modo per fermare Angelica, o almeno distrarla.
- I demoni artificiali sopportano la luce? - domandò, mettendosi lo zaino sulle spalle, reggendo il fucile a pompa con una mano e la katana con l’altra.
Beatrice confusa, si portò una mano al mento - Più che altro ai rumori forti, perché? -
- Se la Rosa ha ideato il siero deve averlo fatto grazie alla creazione di quelle cose -
- Pensi che questo possa fermare Angelica? -
- Fermarla no, ma renderla vulnerabile sì - disse, dandole le spalle e salendo le scale a chiocciola. La scena che le si presentò davanti le fece accapponare la pelle: Angelica era ferma in mezzo al corridoio, con la camicia azzurrina sporca di sangue, in mezzo ad una decina di Agenti riversi a terra, uccisi dalla letale katana che la ragazza teneva in mano. Il demone si pulì un rivolo di sangue che le scendeva da un angolo della bocca e i suoi occhi sembrarono infuocarsi ancora di più nel vederla sbucare dalla scala a chiocciola.
Prese un profondo respiro e puntò il fucile contro il demone, facendo subito fuoco. Angelica si spostò velocemente, evitando di essere colpita, e sorride in modo diabolico mentre continua ad avvicinarsi, facendosi largo tra i corpi e camminando scalza sul sangue viscoso che ricopriva quasi tutto il pavimento.
Si sistemò il fucile a tracolla con tutta tranquillità, infilando una mano nello zaino nel tentativo di trovare un’altra granata stordente. Quando riuscì ad afferrarne una, estrasse la mano dalla tasca dello zaino, stringendo la granata nel pugno, mentre nella sua testa alcune voci le dicevano di uccidere Angelica e altre le suggerivano di catturarla e di sperare che sopravviva all’effetto del siero.
Azionò la leva e la lanciò contro il demone, che l’afferrò al volo, lanciandola alle sue spalle. Si voltò ed iniziò a correre, sentendo immediatamente il botto emanato dalla granata stordente e, subito dopo, un forte ringhio che la fece sorridere: Angelica non sopportava il rumore. Bene.
Corse a perdifiato per i vari corridoi che sembravano tutti uguali, ma fortunatamente era lì abbastanza tempo da riuscire a distinguerli e si trovò davanti alla porta blindata all’entrata dell’Agenzia. Premette un pulsante e dovette aspettare alcuni secondi prima che la porta si aprisse lentamente con dei sibili sinistri.
Si lanciò un’occhiata alle spalle e vide Angelica apparire alla fine del corridoio: non correva, camminava con lentezza, come un serial killer che tiene la sua vittima in pugno. Salì di corsa le scale e uscì dalla casa stregata, sperando che Angelica la seguisse.
Si soffermò un attimo su quel campo di battaglia illuminato da un piccolo spicchio di luna crescente e il vento soffiava leggero, trasportando le urla di rabbia degli Agenti che si affrontavano. Vide immediatamente Francesco lottare contro degli Agenti e lanciò un sospiro nel vederlo tutto intero e senza un graffio.
Balzò in avanti sentendo una presenza alle sue spalle e si voltò: Angelica l’aveva raggiunta.
- Pensavo che ci fosse qualcosa dentro di te che si potesse salvare, Vetra. Ma non è così e manterrò la promessa che ti ho fatto - disse, stringendo più saldamente l’elsa della katana con una mano e il calcio della Beretta semiautomatica con l’altra - Non ci sarà risveglio per te. L’inferno ti attende -
Iniziò a battere la canna della pistola sulla lama della katana, producendo dei continui ed assillanti tintinnii, abbastanza acuti da dare fastidio alla sua avversaria, che lasciò cadere a terra la katana portandosi le mani alle orecchie, urlando.
Il demone si riprese immediatamente, anche se lei continuava a fare rumore, e raccolse tranquillamente la katana e guardandola in modo freddo. Il trucchetto del rumore sembrava non avere più effetto. Imprecò a mente, evitando per un soffio l’attacco di Angelica che tentò di trafiggerla con la katana, e si allontanò.
Sorrise in modo diabolico alla sua avversaria, che però le restituì uno sguardo di fuoco, e scattò in avanti con la lama alzata: doveva finirla qui. Adesso. Il demone fece lo stesso con la lama nera alzata, puntata verso di lei.
Quando le due lame si scontravano delle scintille cadevano sull’asfalto, scomparendo subito dopo, tentò diversi affondi, ma Angelica parava i suoi attacchi come se niente fosse, non teneva nemmeno lo sguardo sulla lama, si limitava a guardarla negli occhi.
I loro occhi si incrociarono per un istante e quegli occhi di fuoco sembrarono quasi volerla incantare. Dovette allontanarsi immediatamente quando sentì la lama avversaria ferirle profondamente il fianco e la pelle bruciare subito dopo. Strinse i denti ed attaccò ancora, ma quando le due lame si scontrarono, fu sbalzata indietro per l’intensità del colpo, cadendo a terra di schiena. Si rialzò immediatamente, osservando l’avversaria, che non sembrava minimamente stanca.
Lanciò un urlo ed entrambe corsero l’una verso l’altra, con entrambe le lame protese in avanti. Quando si scontrarono, strinse forte l’elsa ricoperta dall’intreccio di pelle nera ed affondò la lama. Il tempo sembra fermarsi e tutto tace, persino i rumori della battaglia intorno a loro.
Sgranò gli occhi quando un liquido vermiglio iniziò ad uscirle dalla bocca, colando lungo il collo ed imbrattando la t-shirt, ed incrociò lo sguardo con quello di Angelica: sul volto della ragazza era apparsa una smorfia di dolore.
Abbassò gli occhi sulla lama conficcata nella sua spalla che, probabilmente, la trapassava da parte a parte. Tornò a guardare l’avversaria e, ignorando il dolore, strinse più saldamente l’elsa della katana ed affondò ancor di più la lama nella carne del demone, che emise un lamento strozzato.
- Stavolta ti ho presa - sussurrò, osservando la spada conficcata nello stomaco della mora. Con un calcio allontanò l’avversaria ed estrasse la spada, stringendo forte i denti nel sentire la lama nera ritrarsi dalla sua spalla, e sorrise, vedendo Angelica indietreggiare appena, portandosi una mano allo stomaco.
- È finita -
Sentì un brivido lungo la schiena quando vide la ragazza rialzare lo sguardo, con un ghigno diabolico sul viso - Sarà finita quando lo dirò io, Mancini -
Non si accorse di niente: Angelica la attaccò talmente in fretta che riuscì soltanto a vedere una macchia sfuocata. Fu scaraventata contro il muro della casa stregata e si accasciò subito a terra, alzando lo sguardo verso l’avversaria, già davanti a lei, che la osservava intensamente con la katana alzata all’altezza del suo collo.
Il buio la avvolse in pochi secondi.
***
Aveva assistito a tutto il combattimento in disparte ed ora, vedendo Laura a terra ed Angelica in piedi di fronte a lei pronta a darle il colpo di grazia, la raggiunse di corsa. Sperò di poterla fermare.
- Angelica! Angelica ti prego, torna in te! - urlò a pochi metri dalla fidanzata, attirando la sua attenzione.
Angelica voltò lo sguardo verso di lui e lasciò perdere Laura, accasciata a terra ancora viva ma priva di sensi, e le si avvicinò, afferrandolo per la maglia ed alzandolo senza sforzo per tirargli un forte pugno nello stomaco. Sentì immediatamente il sapore metallico del sangue espandersi in bocca e dovette sputarlo fuori, crollando poi in ginocchio quando la mora lasciò la presa sulla maglietta.
- Angelica...-
- Non tornerà come prima -
Alzò lo sguardo: l’Agente 2, rimasto fermo a godersi lo spettacolo, era a pochi metri da lui. Quando raggiunse Angelica lo squadrò per bene, sorridendo - Uccidilo, 33 -
Voltò lo sguardo verso Angelica, guardandola negli occhi ed aspettando. Aspettando in silenzio.
La ragazza alzò la katana, pronta a colpirlo, ma lui non abbassò lo sguardo: se stava per morire voleva farlo guardandola negli occhi, quegli occhi verdi che lo avevano incantato, e che ora erano del colore del sangue.
Qualche pensiero scattò nella mente della ragazza davanti a lui: vide il suo viso addolcirsi e, dopo un lieve tremito della mano, abbassò appena la lama nera.
- Che stai facendo? - domandò l’Agente 2, sorpreso dalla reazione della ragazza - Mi hai sentito, 33? Uccidilo -
Angelica si voltò verso il suo padrone, abbassando del tutto la katana - No -
- Osi disubbidirmi? -
Lei ringhiò come una tigre - E tu osi darmi degli ordini? -
- Il siero ti fa obbedire solo e soltanto a me - le rispose l’uomo - Ed ora uccidilo -
- No -
- Bene - disse lui, estraendo una pistola - Vorrà dire che dovrò pensarci io -
***
Tutto avvenne in una frazione di secondo: il rumore di uno sparo sembrò squarciare l’aria. Si voltò lentamente sentendo un tonfo sordo, ed osservò il ragazzo riverso a terra, immobile. Dovette indietreggiare ed appoggiarsi al muro della casa stregata quando un intenso calore iniziò a propagarsi velocemente all'interno del suo corpo, facendole persino girare la testa.
- Matteo...- sussurrò cercando di reprimere la furia cieca che cercava di prendere il sopravvento - Matteo -
Le sue mani tremarono in modo incontrollato e prese a respirare forte e velocemente.
Si voltò verso l’uomo, infuriata come una bestia - Tu...- disse piano facendo qualche passo, non riuscendo più a trattenere il nuovo lato demonico presente in lei - Lo hai ucciso -
- La prossima volta eseguirai i miei ordini senza discutere -
- Non ci sarà una prossima volta, Agente - disse in un ringhio, alzando la katana.
L'Agente 2, dopo averla osservata per un attimo, indietreggiò di qualche passo, intimidito dai cupi ringhi che emetteva - Devi obbedire a me. Io ti ho dato la forza che ora possiedi -
- La mia forza proviene da me ed è mia soltanto. Ed ora in avanti servirò solo me stessa *-


* frase rubacchiata da "la spada della verità" ^^ ci stava bene xD
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 4 agosto 2011, 11:01

Intanto ho questo piccolo pezzo ma, probabilmente, per stasera avrete un altro pezzo.
Lo giuro sulla scorta di prezzemolo :)

Buona lettura ;)

L'Agente 2 non smise di indietreggiare, osservandola negli occhi con preoccupazione e un po' di paura, paura per quello che ora poteva fare, paura perché ora era imprevedibile e pericolosa. Oltre a questo il suo avversario si stava sicuramente chiedendo perché non obbediva più ai suoi ordini. Chi poteva saperlo? Nemmeno lei non capiva il perché di quelle emozioni così forti che aveva provato, perché aveva sentito così tanto dolore nel vedere quel ragazzo riverso al suolo che non riconosceva. Si era concentrata per alcuni secondi sul suo viso, subito dopo aver ricevuto l'ordine di ucciderlo, e lo aveva riconosciuto, aveva riconosciuto quel ragazzo che le aveva rubato il cuore, che l'aveva guardata come nessuno e che le diceva "ti amo" ogni giorno, in qualsiasi momento ed occasione. Era disposta a vendere l'anima al diavolo pur di sentirselo dire un'ultima volta da lui e di ripeterglielo a sua volta.
Strinse forte l'impugnatura della katana facendo sbiancare le nocche e raccolse l'altra, camminando lentamente verso la sua preda: non vedeva l'ora di stringere quella testa pelata tra le mani ed aprirla come se fosse una noce di cocco. L'uomo arrestò la sua ritirata e fece fuoco contro di lei, nella speranza di colpirla o almeno di farle perdere tempo per evitarle.
"Illuso" pensò, osservando uno ad uno i proiettili. I suoi sensi, ora sviluppati al massimo, le permettevano di vedere tutto a rallentatore e non fu difficile deviare i proiettili con le lame delle katane senza nemmeno fermarsi.
Continuò a seguirlo con calma, fin dentro l'Agenzia. Non sapeva se l'Agente 2 aveva un piano o se stava semplicemente scappando da lei. Forse aveva un piano per fermarla, oppure sapeva come fermarla, ma non le importava: doveva prenderlo e fargli patire le pene dell'inferno per quello che aveva fatto a Matteo.
***
- Laura, maledizione. Vuoi svegliarti? -
Socchiuse appena gli occhi - Come passatempo faccio il découpage...- bisbigliò, rispondendo al coniglio nel suo sogno. Quel bastardo voleva attirarla in una dannata tana tra le radici di un albero a giocare a poker con la giraffa equilibrista cieca e l'oca ninja.
- Svegliati Laura! -
Sgranò gli occhi: quell'urlo non era decisamente nel suo sogno. Mise subito a fuoco la figura di Francesco, davanti a lei, preoccupato come non mai. Si era forse persa qualcosa?
- Ehm...ciao -
- Ciao un corno, Laura Mancini! Ho perso vent'anni quando ti ho vista a terra -
"Mi sono decisamente persa qualcosa" si disse a mente, osservandosi intorno nel tentativo di ricordare qualcosa e, alla vista del parcheggio davanti alla casa stregata, un nome le balzò in testa: Angelica. Tentò subito di alzarsi, ma qualcuno glielo impedì. Solo ora vide Beatrice, accanto a lei, con la fronte aggrottata per concentrare i suoi poteri e curarle la spalla. Rimase buona un attimo, aspettando che la bionda finisse - Dov'é Angelica? Che fine ha fatto Dall'Angelo? -
- Angelica ha seguito l'Agente 2 dentro - le rispose Francesco - E non lo stava di certo aiutando -
- Cosa? -
- Hai capito bene -
- E Matteo? -
Francesco voltò il viso da una parte e lei seguì subito lo sguardo, vedendo Matteo, seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro della casa stregata e la testa che ciondolava a destra e a sinistra. Si alzò ed andò subito a vedere se stava bene, appoggiandogli due dita sul collo, in cerca del battito e lanciò un sospiro di sollievo sentendo che il cuore che batteva ancora. Angelica l'avrebbe sicuramente uccisa se gli fosse successo qualcosa.
Controllò che stesse bene e che non avesse alcun tipo di ferita e i suoi occhi caddero su un foro di proiettile sulla maglietta, proprio al centro del petto, e vi appoggiò sopra la mano, ritraendola immediatamente.
"Ma cosa diavolo..." pensò, osservandosi la mano che non si era nemmeno sporcata di sangue. Gli alzò in fretta la t-shirt, sorridendo alla vista di un giubbotto antiproiettile dell'Agenzia - Matteo Dall'Angelo sei proprio una volpe -
Il ragazzo socchiuse gli occhi, sorridendo - Io non so schivare le pallottole come in Matrix e poi mi hai detto di prendere quello che volevo dall'armeria -
Si passò una mano nei capelli - Tutti avrebbero preso un bazooka e tu vai a prenderti un giubbotto antiproiettile -
- Beh è servito, no? -
- Hai avuto una fortuna sfacciata - sussurrò - Non saresti qui se ti avesse sparato in mezzo agli occhi -
- E tu non saresti qui se non avessi chiamato Angelica -
- Non tirartelo troppo, Dall’Angelo - disse, dandogli le spalle - Non muoverti da qui, intesi? -
Matteo non le rispose ma lei non ci fece nemmeno caso, si avvicinò a Francesco, prendendogli il pugnale riposto nella sua cintura - Io vado dentro - annunciò al ragazzo, che le afferrò subito il braccio, impedendole di proseguire.
- Non ti lascio andare da sola -
- Non è il momento di mettersi a litigare -
- Litigare non serve. Io vengo con te, punto -
Annuì - Stai attento -
- Anche tu -
***
Continuava a seguire l’Agente per diversi corridoi, avendo la strana sensazione di girare intorno e respirando affannosamente, sentendosi persino stanca.
C'era qualcosa che non andava: non riusciva a spiegarsi perché la sua vista si faceva sempre meno nitida e perché le gambe faticassero a tenerla in piedi, per non parlare della ferita alla spalla e allo stomaco, che sembravano quasi bruciare.
A diversi metri davanti a lei, Agente 2 terminò la sua corsa, voltandosi verso di lei e puntandole contro la pistola: questa volta fece persino fatica e vedere i proiettili sparati dall'avversario. Ne schivò un paio, ma fu comunque colpita alla gamba, e dovette spostarsi di lato, scivolando a terra fino a sedersi sul candido ed immacolato pavimento con la schiena appoggiata al muro.
"Ma cosa mi sta succedendo?"
L’Agente 2 si lasciò sfuggire una lunga e fredda risata, mettendosi entrambe le mani sui fianchi - Pensi davvero di poter usare il siero contro di me? - domandò lui, avvicinandosi appena - Io conosco il punto debole del siero, non sono così stupido come credi -
Prese un respiro profondo e si alzò di scatto, attaccandolo. L’Agente schivò con facilità entrambe le lame delle sue katane, parando ogni attacco con un lungo pugnale che, per tutto il tempo aveva tenuto nascosto nella cintura dei pantaloni. Indietreggiò subito con un balzo, osservando le sue mani che avevano iniziato a tremare in modo incontrollato, facendole perdere la presa su entrambe le katane, che scivolarono a terra con diversi tintinnii acuti.
“Perché mi sta accadendo questo?” si domandò “Poco prima non sentivo né dolore, né stanchezza, ed ora fatico a tenermi in piedi e ad impugnare due katane”
Si riscosse immediatamente, schivando il pugnale lanciato dall’avversario, ma fu immediatamente messa in ginocchio, bloccata dall’uomo, che le torceva il braccio sinistro con forza. Tentò immediatamente di liberarsi, ma lanciò un grido sentendo l’osso spezzarsi.
L'Agente 2 l'afferrò per i capelli, facendole sbattere la testa contro il muro del corridoio più e più volte. Solo quando l'avversario smise di percuoterla vide il sangue sporcare la piastrelle di porcellana del muro e colare lentamente verso il pavimento. Si mise a sedere per terra, togliendosi con il dorso della mano il sangue che, dalla fronte, scivolava sempre più in giù. Ogni secondo che passava si sentiva sempre più stordita e persino debole. Fece dei respiri profondi e lanciò un'occhiataccia all'uomo al suo fianco, così sicuro di poterla battere così facilmente.
- Oh, non guardarmi così - disse lui in un sussurro, tenendo sempre quel ghigno sul viso - Piccola Angelica, perché continui a resistere? Unisciti a me, insieme comanderemo l'Agenzia -
Quella domanda la fece infuriare ancora di più: l'Agente, dopo aver sparato a Matteo, aveva la faccia tosta di chiederle di unirsi a lui. Si mise in ginocchio, lentamente, raddrizzandosi subito dopo ed tenendo una mano appoggiata al muro per evitare di crollare a terra - Tu lo hai ucciso -
- Non ti serviva a nulla, Angelica. Era solo d'intralcio alla nostra missione. Credimi, l'ho fatto per il tuo bene -
- Lo hai fatto per il bene della TUA missione, vecchio. Io non ho niente a che fare con te -
- Allora, se non sei dalla mia parte, é inutile dirti perché ti senti così debole. Oppure posso darti una possibilità di dimostrarmi il contrario - sussurrò l'uomo, guardando oltre la sua spalla con un ghigno malefico stampato sulle labbra arricciate in modo alquanto strano. Voltò lo sguardo a sua volta, osservando una ragazza e un ragazzo, entrambi biondi e della stessa altezza: lei impugnava un lungo coltello, mentre il ragazzo le puntava contro due pistole.
Sorrise ricordandosi di Laura, la sua peggiore nemica/amica, e Francesco, il ragazzo che l'aveva estratta dai rottami dell'Alfa durante la missione a villa Leferve, ma la sua allegria sparì immediatamente, lasciando il posto ad una bella lampadina tondeggiante che si accese nella sua testa: aveva un piano. Si mise in piedi, staccandosi dal muro, ed avanzò verso i due Agenti, visibilmente terrorizzati nel vederla ridurre la distanza che li separava, schivò le pallottole sparate dal ragazzo e lo attaccò.
***
Non riuscì a fermare Angelica in tempo: fu scaraventata da una parte e dovette osservare la ragazza colpire Francesco, lanciandolo a sua volta contro il muro. Quando gli si avvicinò le lanciò contro il pugnale: la mora si voltò all'ultimo istante per afferrarlo al volo e la guardò intensamente. Era uno sguardo diverso da quello che aveva visto mentre combattevano e si chiese se Angelica avesse trovato un po' di senno.
Il demone le rilanciò il pugnale, che si piantò nella parete dov'era appoggiata, a pochi centimetri dal suo orecchio, poi tornò sul ragazzo, afferrandolo per le spalle ed avvicinandosi al suo collo. Non riuscì a fare niente: Francesco sgranò gli occhi e li richiuse subito quando la ragazza lo fece appoggiare al muro.
Quando Angelica si voltò si lanciarono uno sguardo di fuoco, proprio come ai vecchi tempi, poi le sorrise, pulendosi il rivolo di sangue che le scendeva da un angolo della bocca. Non appena vide il morso sul collo del suo ragazzo, sentì una furia cieca annebbiarle la mente, divelse il pugnale dalla parete e si lanciò contro di lei. Sapeva di non avere speranze ma lo fece ugualmente.
Al primo affondo, Angelica le afferrò il polso destro e lo piegò in modo innaturale, costringendola a lasciare la presa sul pugnale e ad inginocchiarsi a terra. Poteva quasi sentire il suo polso scricchiolare sotto la presa della mora.
Chiuse gli occhi, pensando che non poteva lasciarla vincere, non poteva dopo quello che aveva fatto a Francesco, così strinse i denti: non le importava di morire, ma avrebbe trascinato Angelica con lei. Afferrò il pugnale con la mano sinistra e glielo piantò nella gamba, appena sopra il ginocchio. Angelica non lasciò la presa, ma si inginocchiò di fronte a lei, pronta a colpirla di nuovo diritta al cuore. Estrasse il pugnale dalla gamba dell'avversaria, ma la mora le bloccò subito la mano, avvicinandosi per morderla.
Si stupì di sentire la solita voce della ragazza e non il morso.
- Francesco sta bene, ma ho bisogno del tuo aiuto - le disse lei in un sussurrò - Allontanami con una testata e stai al gioco -
Sorrise, allontanandola con una forte testata, sperando di non averle fatto male, e la osservò allontanarsi come una ginnasta con dei salti mortali all'indietro per poi raccogliere la sua solita katana.
***
Si voltò subito verso la spia, facendo un piccolo cenno del capo - Mi perdoni, mio signore. Chieda qualunque cosa e sarà fatta -
L'Agente 2 le sorrise, facendo poi un cenno del capo per indicare Laura - Uccidila, poi penseremo ai sopravvissuti nel parcheggio -
- Come desidera - sussurrò, voltandosi verso Laura ed attaccandola subito. Con ogni attacco tentò di moderare la forza che il siero le aveva donato e che ora era ritornata. Intuì subito che doveva bere regolarmente sangue per preservare la sua forza. Continuò per un po' di fingere di combattere contro Laura, che parava con facilità ogni suo attacco, bloccando a lama bianca della katana con quella del pugnale; poi mosse appena le labbra, comunicando alla ragazza altre istruzioni.
La disarmò immediatamente, togliendole il pugnale di mano e puntandoglielo alla gola, terminando il combattimento.
- Cosa aspetti 33? Ti ordino di ucciderla -
Si voltò verso l'Agente, sperando che cadesse nella sua trappola - Mio signore, questa ragazza potrebbe tornare utile, ma se mi ordinate di ucciderla lo farò - disse ed alzò la katana, osservando Laura negli occhi.
- Cosa intendi per tornare utile? -
Si voltò di nuovo - Potrebbe usare il siero su di lei. Obbedirà ai suoi ordini seppur contraria -
L'Agente 2 si portò una mano al mento, valutando la proposta appena fatta, poi le fece gesto di farla avvicinare. Annuì, afferrando la ragazza per un braccio e, sperando di non farle troppo male, la lanciò verso l'uomo. Laura, in ginocchio di fronte a lui, alzò appena lo sguardo.
- Cosa ne pensi della proposta della tua amica, Mancini? -
- Ci sarà qualcun altro a fermarti al mio posto, bastardo traditore -
Si avvicinò alla ragazza a terra e le diede un forte calcio al fianco, facendola crollare a terra - Non osare rispondere, schifosa sgualdrina! -
- Non fa niente 33, non preoccuparti - la rassicurò lui, concentrando la sua attenzione su di lei - Ti sei comportata bene -
- Grazie, mio signore -
- Ma temo di non aver bisogno di lei - disse l'Agente, abbassando lo sguardo su Laura, ancora stesa a pancia in giù sul freddo pavimento - Uccidila -
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 4 agosto 2011, 21:00

Sì era Angelica...comunque adesso non importa! Perchè c'è un post :) proprio come promesso...

scusate se ci sono errori o ripetizioni...ma ho scritto di fretta
buona lettura ;)

Si tolse il rivolo di sangue che colava dalla ferita alla fronte ed annuì, gettando a terra il pugnale della bionda per afferrare la katana con entrambe le mani, per poi tenere la punta dell'arma rivolta verso il basso, verso Laura - Come desidera, mio signore - sussurrò, dando un altro calcio alla ragazza per farla voltare a pancia in su. Strine forte l'elsa della spada e l'abbassò velocemente, cambiando direzione all'ultimo secondo. Sentì la lama farsi largo tra la carne dell'Agente 2 e tingersi di rosso, rosso sangue, lo stesso sangue che scivolava fino alla guardia della katana per poi gocciolare a terra con dei sonori plik plik.
Alzò lentamente gli occhi, puntandoli in quelli neri del suo vero avversario, sgranati per lo stupore e l'incredulità, e sorrise nell’estrarre la katana dallo stomaco dell'Agente 2 con uno strattone veloce, lasciando che l’uomo si sedesse a terra, indietreggiando lentamente sui talloni, portandosi la mano destra alla ferita appena inferta, osservando il sangue sporcargli il palmo - Com'é possibile? Tu non puoi fare questo... -
Sorrise, sentendo qualcosa di diabolico prendere per un momento il controllo sul suo corpo, ed avanzò senza alcuna fretta verso il suo vero nemico - Oh, io credo di sì -
Sul viso dell’uomo si dipinse un’espressione di terrore e i suoi occhi scuri guizzavano a destra e a sinistra in cerca di una via di fuga - Ragiona 33, non siamo poi tanto diversi...tu e io -
Sentì la rabbia montarle nel petto e piantò la katana nel pavimento, affondando la lama nel pavimento - Noi siamo totalmente diversi -
L'uomo indietreggiò ancora, come se fosse un enorme granchio, arrivando alla fine del corridoio, toccando appena la parete. Lo vide mettersi a sedere e trafficare con qualcosa che, probabilmente, teneva nascosto dietro la schiena - Ragiona ragazza, se ti unisci a me...vivrai nel lusso -
- L'hai ucciso...-
- Era solo un ragazzo -
Si avvicinò all’uomo, veloce come un fulmine, lo afferrò per il collo, riuscendo a sollevarlo benché fosse tre volte più grosso di lei e gli fece sbattere la schiena contro la parete del corridoio - Questo e per tutto quello che mi hai fatto passare - disse, dandogli un forte pugno proprio sulla ferita che gli aveva appena inferto, facendolo gemere di dolore - Questo è per Manuel - aggiunse con un altro pugno.
- Ti prego Vetra, possiamo controllare l'Agenzia! - urlò l'uomo, in preda al panico, mentre un rivolo di sangue gli usciva dalle labbra.
Finse di non sentire e gli diede un altro pugno - Questo é per la Direttrice e questo... - iniziò alzando la mano, pronta ad affondare le dita nel petto dell'uomo per strappargli il cuore, gettarlo a terra per sputarci sopra e calpestarlo - Questo è per Matteo, questo é per il ragazzo più buono che ho incontrato e che tu mi hai portato via -
Caricò il colpo, assaporando già la sua vendetta, ma si bloccò all’ultimo istante nel sentire la voce calma e fredda di Laura, che le urlò di fermarsi. Si voltò verso di lei, fulminandola con lo sguardo - Perché dovrei fermarmi? È quello che si merita -
- Non saresti migliore di lui - rispose lei, rimanendo a distanza.
- Non è una buona ragione per lasciarlo in vita -
- Angelica, sei accecata dalla rabbia. Lascia che me ne occupi io, marcirà in una cella fino alla fine dei suoi giorni -
- Ha ucciso Matteo! -
- Matteo non è morto, Angelica - disse Laura, rimanendo immobile - E sta più che bene -
Abbassò la mano che aveva preso a tremare lievemente in modo incontrollato e si lasciò sfuggire una lacrima - È vivo -
- Sì. Ora lascia quel bastardo, me ne occupo io -
Fece un respiro profondo e strinse i denti, voltandosi verso l’Agente 2, rimasto in silenzio per tutto il tempo - No -
- Vetra, non fare la stupida -
Strinse maggiormente la presa sul collo dell’uomo, osservandolo dimenarsi per tentare di liberasi, e fece dei respiri profondi - C’è una cura al tuo siero? -
Sul volto dell’Agente, ormai paonazzo, si disegnò un malefico sorriso. Quel gesto la fece irritare ancora di più e gli fece sbattere la nuca contro il muro, aumentando la presa - Rispondi! -
L’uomo spalancò la bocca, annaspando, in cerca di ossigeno - Un mese...- riuscì a dire lui - L’effetto termina...dopo un mese -
Allentò un po’ la presa, leggermente frastornata per la notizia “E adesso?” si domandò, liberando l’avversario per lasciarlo sedere a terra, tossendo “Cosa posso fare?”
Scosse la testa con vigore: avrebbe pensato più tardi sulla soluzione a quel problema, ora c’erano domande più importanti a cui dare risposta.
- Perché mi indebolisco se non bevo sangue? -
L’Agente 2, seduto a terra, alzò lo sguardo - È nella natura dei demoni ed ora anche la tua. Se non bevi sangue umano diventerai sempre più debole e morirai -
Voltò appena il viso verso l’amica e le fece un piccolo cenno - Occupati di Francesco -
- Angelica non...-
- Non preoccuparti - sussurrò appena, tornando ad osservare il suo avversario seduto a terra, sentendo subito gli occhi bruciare - Gli amici che ha portato dalla sua parte sarebbero molto contenti di vedere il loro grande capo ridotto in questo stato. Si arrenderanno e tutto sarà finito -
Si avvicinò, lo afferrò per il bavero della camicia stropicciata e sporca di sangue, e lo fece alzare in piedi, pronta a trascinarlo fuori con le buone o con le cattive, ma rimase comunque allerta: lo conosceva bene ed era sicura che avrebbe fatto di tutto per liberarsi.
L’Agente 2, infatti, approfittò subito di quella situazione e, dopo aver indietreggiato con la gamba sinistra, estrasse il piccolo stiletto che nascondeva poco prima, tentando di colpirla. Riuscì a piegare in tempo la testa per schivare la lama, che le disegnò un sottile taglio sullo zigomo, e gli afferrò il polso con la mano destra, facendogli perdere la presa sull’arma, mentre con la sinistra gli afferrò il braccio, all’altezza del gomito, spingendolo poi in avanti. Una volta a terra, gli piegò il braccio subito dopo avergli appoggiato il ginocchio sulla scapola, torcendolo finché non sentì l’uomo lanciare dei lamenti soffocati - Fallo ancora e giuro che ti rompo il braccio -
L’uomo riuscì in qualche modo a liberarsi dalla sua presa e la allontana con una spinta, facendole sbattere la schiena contro il muro. Vide l’Agente alzarsi in piedi e scagliarsi verso di lei, afferrandole la vita. Si lasciò sfuggire una risata, ripensando ai vecchi tempi quando l’Agente 2 la allenava - Sei troppo vecchio per fare queste cose - disse, afferrandogli il polso destro dell’avversario per tirargli il braccio verso il basso e, dopo un piccolo giro ed uno sgambetto, riuscì a scaraventarlo con violenza a terra.
- Ora tu verrai con me senza fare storie - sussurrò, dandogli un forte calcio al fianco per metterlo a pancia in su, appoggiandogli il piede sulla gola - Chiaro? -
Raccolse lo stiletto e lo fece alzare, facendolo avanzare lentamente verso l’uscita, con la piccola lama puntata alla schiena e ripercorsero i vari corridoi per tornare all’uscita. Nel salire le scale sentiva degli strani pensieri girarle nella testa e diverse emozioni pervaderle il corpo: era furiosa con l’uomo che camminava davanti a lei per tutto quello che le aveva fatto, era contenta che quella storia finisse, sentiva che lasciare in vita quell’uomo era uno sbaglio ed era eccitata all’idea di poter vedere Matteo sano e salvo.
Una volta giunti all’entrata della casa stregata buttò giù la porta di legno marcio, provocando un grande tonfo ed attirando l’attenzione di tutti. Portò lo stiletto alla gola dell’Agente 2 dopo averlo messo in ginocchio - Deponete le armi, immediatamente -
Gli Agenti al servizio della spia, dopo un attimo di esitazione, obbedirono, mentre gli altri alzarono le mani al cielo per festeggiare la loro vittoria. Voltò appena lo sguardo e lanciò un sorriso a Matteo, vivo e vegeto, poi guardò Beatrice, che curava J. da un brutto taglio sul viso, ed infine Alberto, in mezzo alla folla.
Si riscosse dai suoi pensieri nel vedere l’Agente 2 piegarsi in avanti e tossire, sputando a terra degli schizzi di sangue, e per un attimo provò pietà per quell’uomo, quell’uomo così pazzo da credere nel suo folle piano che stava quasi per realizzare.
La spia l’afferrò per un braccio, per strapparle di mano lo stiletto, ma quando non ci riuscì si alzò in piedi e prese a correre, nel vano tentativo di fuggire. Veloce come un fulmine, in un battito di ciglia gli tagliò la strada, frenando immediatamente la sua fuga - Scappare è inutile, affronta la tua sconfitta con dignità -
- Verranno altri dopo di me, 33! - urlò l’uomo, ormai praticamente circondato dagli Agenti che aveva rinchiuso qualche ora prima nelle celle anti-demone - Non credere che nessuno ci riprovi! E tu non potrai fare niente per fermarli! Ti resta solo un mese ed andrai all’inferno ancor prima di me -
Abbassò lo sguardo e si lasciò sfuggire una risata, una risata fredda che attirò lo sguardo di tutti i presenti, i quali, probabilmente, si chiedevano se era già impazzita da un pezzo o se stava andando fuori di testa proprio in quel momento - E chi l’ha detto...- iniziò, tornando a guardare l’uomo negli occhi - Che ci andrò prima io all’inferno? -
Fu un secondo: l’Agente 2 spalancò la bocca, portandosi entrambe le mani alla gola, dove si poteva notare il manico dello stiletto che aveva appena lanciato, già coperto dagli schizzi di sangue. Dopo dei lamenti soffocati, l’uomo crollò a terra e dopo alcuni secondi di agonia, il corpo rimase immobile.
Alzò lo sguardo, osservando Laura, all’entrata della casa stregata che aiutava Francesco a stare in piedi. Si fece largo tra la folla e raggiunse l’entrata dell’Agenzia, ma quando passò accanto alla ragazza, questa la bloccò, appoggiandole una mano sulla spalla - Ed ora? Cos’hai intenzione di fare? -
Lanciò un sospiro, abbassando lo sguardo - Chiudimi in una cella anti-demone e non farmi uscire prima di un mese -
- Hai sentito quello che ha detto - farfugliò lei, tenendo lo sguardo puntato sull’uomo riverso a terra in mezzo al parcheggio, in una pozza di sangue - Pochi sopravvivono -
- Allora non ci resta che sperare -
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 10 agosto 2011, 19:15

Martedì, 8 settembre 2009
Era ancora rinchiusa in quella orrenda stanza.
Ogni volta che apriva gli occhi sperava di risvegliarsi nella sua camera, a casa sua, ma ogni volta si trovava davanti quella stanza anti-demone, senza alcuna finestra, senza alcun arredo, senza niente a parte il letto e uno specchio appeso al muro. Lanciò un sospiro, mentre le sue speranze di libertà crollavano come un castello di carte.
Si mise a sedere, osservando lo specchio proprio di fronte al letto che rifletteva la sua immagine, l’immagine di una ragazza che mostrava al mondo una maschera e a pochi il suo cuore per paura di non essere amata. Distolse immediatamente lo sguardo quando guardò il suo riflesso negli occhi, del colore del sangue, ed osservò intensamente il pavimento di marmo bianco, chiudendo poi gli occhi ed immaginando un prato verde che si estendeva a perdita d’occhio, il cielo azzurro solcato da nuvole bianche, che le ricordavano la panna montata, e gli uccellini che cinguettavano allegri inseguendosi nel cielo.
Quando sentì la porta della cella aprirsi con un sibilo dovette riaprire gli occhi e si sentì quasi soffocare dalle quattro mura che la circondavano e che la tenevano prigioniera. Quando sentì la porta della cella aprirsi con un ronzio, alzò subito lo sguardo, osservando Matteo, fermo sulla soglia, e lo salutò con un debole sorriso.
Matteo era l’unica persona che riusciva a farle dimenticare quella sensazione di prigionia venendo a trovarla tutte le volte che poteva, restandole accanto anche quando quello strano lato oscuro, causato dal siero ancora in circolo nel suo corpo, prendeva il sopravvento, trasformandola in un mostro assetato di sangue e pronto ad uccidere chiunque si avvicini. Ma, stranamente, ogni volta che perdeva il controllo non gli faceva mai del male e Matteo sembrava sentirsi perfettamente a suo agio chiuso nella cella con un mostro.
- Come stai oggi? -
Lanciò un’occhiata al muro di fronte a lei, osservando i quattordici graffi sul muro che indicavano i giorni che aveva passato lì dentro, e lanciò un sospiro - Come ieri -
Matteo piegò la testa di lato, deluso dalla sua risposta e si sedette sul letto, accanto a lei - Sono passate due settimane, devi stringere i denti e lottare -
Scosse la testa, passandosi una mano nei capelli - Non serve a nulla lottare, Matteo. Devo solo starmene rinchiusa qui ed aspettare - disse in un sussurro - Sono poche le possibilità che io...-
- Devi smetterla di dire queste cose, ok? Non é da te fare discorsi del genere - disse il ragazzo, portandole due dita sotto al mento per farle rialzare lo sguardo - Ok? -
Annuì, tornando subito a fissare il pavimento - Ok -
Dopo la sua breve risposta nella cella calò un lungo silenzio, rotto soltanto dal fastidioso ronzio provocato dalle telecamere che controllavano la stanza. Solo dopo alcuni ed interminabili minuti Matteo si schiarì la voce - Marco mi ha detto che ti rifiuti di bere sangue. É la verità? -
Erano giorni che non beveva più sangue e tutto per poter attuare un folle piano rinchiuso nei meandri della sua mente - Sì -
- Angelica, non serve a niente comportarsi così -
Lanciò un sospiro: Matteo non poteva capire. Non capiva che stava andando fuori di testa e che parlava da sola, oppure fingeva un discorso con le persone al di là delle telecamere. Non poteva capire il motivo di tutte quelle volte che aveva pensato di uccidersi e di tutte volte che era ad un passo dal farlo.
- Vuoi spiegarmi perché ti comporti così? -
Scosse la testa, nel vano tentativo di ignorare quelle voci nella sua testa - É parecchio che penso a...-
- A cosa, Angelica? -
Scosse la testa, tentando di mantenere il controllo, fissando intensamente il vuoto davanti a lei - Niente, non preoccuparti - sussurrò. Decise in quell’istante di attuare il suo piano.
Si alzò in piedi, facendo alzare anche Matteo e gli afferrò entrambe le mani, osservandolo intensamente, mentre sentiva aumentare un’energia nel suo corpo - Perdonami per quello che sto per fare - disse, concentrandosi sulle iridi blu del ragazzo - Uccidimi - gli ordinò fredda.
Matteo sgranò gli occhi - Cosa? -
Non smise di fissarlo, mantenendo il contatto visivo: sapeva che, anche con quelle poche energie, poteva controllarlo, come se fosse sotto ipnosi - Vai a prendere la mia katana e torna qui -
Matteo si staccò da lei e, come uno zombie, uscì dalla cella. Attese solo un paio di minuti prima che il fidanzato tornasse con in pugno la sua katana.
- Togli il fodero -
Il ragazzo obbedì, gettando la saya nera a terra e lei gli si avvicinò lentamente, gettandogli le braccia al collo e sorridendogli - Uccidimi...ti prego, non ce la faccio più a restare qui dentro -
Il braccio di Matteo si mosse lentamente e lei chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire una lacrima. Il dolore al ventre che avvertì poco dopo fu insopportabile e strinse subito i denti nel sentire la lama affilata come non mai farsi strada nella sua carne, trapassandola da parte a parte.
Sgranò gli occhi e lanciò un gemito roco, abbassando lo sguardo per abbassare subito dopo lo sguardo sul sangue rosso vivo che scivolava lungo la lama, gocciolando a terra. Chiuse gli occhi per pochi secondi e li riaprì subito dopo, rialzando lo sguardo per osservare Matteo, che sembrò svegliarsi dal suo controllo, guardandola con espressione confusa e spaventata - Angelica -
Sorrise nuovamente, ignorando un rivolo di sangue che colava da un angolo della bocca - Perdonami -
***
- Angelica cos'hai fatto? -
- Non ce la faccio più - ripeté lei - Scusami, ti prego -
La ragazza appoggiò la mano sulla sua, che stringeva ancora la katana, e gli fece estrarre la spada con un movimento rapido prima di crollare a terra, prossima alla fine. Lasciò cadere la katana a terra e si inginocchiò accanto alla ragazza, togliendole i capelli dal viso - No...- sussurrò piano, accarezzandole il viso - Non morire -
Angelica socchiuse appena gli occhi, verdi come quelli di sempre, e gli sorrise, afferrandogli la mano per stringerla lievemente - Ti prego, esci di qui -
- Non ti lascio qui -
- Potrei attaccarti e farti del male per...il tuo sangue -
“Il sangue” si disse a mente, impugnando la spada abbandonata a terra al suo fianco - Tu hai bisogno di sangue per guarire - sussurrò appena, avvicinando la lama già sporca di sangue alla sua mano disegnando un taglio carminio sul palmo. Avvicinò subito la mano alle labbra della ragazza, ancora più pallida, che però piegò la testa di lato, come un bambino che non voleva mangiare la verdura.
- Non fare la stupida, Angelica! -
Lei batté il pugno a terra, arrabbiata - Vattene! - urlò, lanciando poi un ringhio cupo che lo fece rabbrividire. Vide i canini della ragazza allungarsi e gli occhi diventare rossi.
Avvicinò ancora la mano e poi fu un attimo: Angelica lo aveva afferrato per la gola e si era messa a cavalcioni sopra di lui, bloccandogli ogni via di uscita. Sentì per un attimo il suo respiro freddo sul collo ma la mora si spostò di lato, sedendosi a terra e prendendosi la testa tra le mani, lanciando un grido.
Le si avvicinò e le porse nuovamente la mano ferita - Mancano solo due settimane, non mollare proprio adesso -
Angelica scoppiò in lacrime - Io non ce la faccio. Non ho la forza di resistere -
- La forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una volontà indomita. E tu ne hai da vendere - disse avvicinando ancora di più la mano, dalla quale iniziava a gocciolare del sangue - Non mollare -
La ragazza, dopo alcuni ed interminabili secondi, gli afferrò delicatamente il braccio ed appoggiò le labbra sul suo palmo affondando appena i denti nella carne. Il morso non fu così doloroso come pensava, assomigliava allo stesso morso che ogni tanto Artemide gli dava al dito quando la infastidiva troppo.
Angelica continuò a bere lentamente per un minuto, o forse di più, ed ogni volta che la sentiva deglutire sentiva la testa farsi sempre più pesante. Sussurrò appena il suo nome, sperando che la fidanzata si fermasse e così accadde: Angelica si alzò di scatto in piedi e, con un elegante balzo, si allontanò il più possibile da lui - Io...scusami -
- Angelica é tutto a posto - sussurrò stringendosi la mano, alzandosi in piedi per avvicinarsi alla ragazza, leggermente scossa e preoccupata.
- Stai lontano Matteo, ti prego - sussurrò lei, rifugiandosi in un angolo della cella - Dovresti uscire -
- Va tutto bene, stai tranquilla -
- No Matteo, non va tutto bene...ti prego, esci immediatamente da qui - disse la ragazza, stringendo con forza i pugni nel tentativo di calmare il tremore alle mani.
- Perché? - domandò, senza aggiungere altro, ascoltando il cupo ringhio che la ragazza emetteva, ed osservandola avanzare verso di lui. Quella scena gli ricordava quella sera, nel parcheggio davanti alla casa stregata, quando Angelica era praticamente fuori controllo e il suo sguardo freddo lo fece rabbrividire ed indietreggiare al tempo stesso “Forse uscire da lì non era una cattiva idea” pensò.
Dopo un altro ringhio Angelica gli fu addosso, afferrandolo per un braccio e scagliandolo contro il muro: si sedette immediatamente a terra, portandosi una mano alla nuca. Quando rialzò lo sguardo la mora era seduta sopra di lui, con la bocca curvata in un diabolico sorriso e i bianchi canini affilati che spiccavano sulle labbra rosee.
Poco prima che la ragazza riuscisse a morderlo, un acuto e fastidioso suono riempì la cella: Angelica si allontanò immediatamente con un grido, portandosi le mani alle orecchie. Si voltò verso la porta d’entrata ed osservò J., con un piccolo telecomando in mano, che gli fece segno di uscire.
Obbedì senza discutere e non appena la porta si chiuse il rosso premette il pulsante sul telecomando e il misterioso suono sparì.
- Stai bene? - gli domandò lui.
Annuì - Perché hai acceso quel suono? -
- Angelica non sopporta i rumori forti - gli rispose l’Agente - Dovresti tornare tra qualche ora, quando si sarà calmata. Intanto ti conviene andare in infermeria da Beatrice -
Fece un piccolo cenno e si allontanò dalla cella, un po’ preoccupato per Angelica.
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 23 agosto 2011, 10:45

Eccomi di nuovo qui con l'ultimo pezzo prima del vero e proprio epilogo e lo dedico a Svit-kona dato che oggi è il suo compleanno!

[spoiler][align=center]Immagine[/align]
TANTISSIMI AUGURI!![/spoiler]
Buona lettura ;)

Martedì, 22 settembre 2009 - ore 19.43
Erano passate le fatidiche due settimane.
Angelica si era calmata dopo il suo stupido tentativo di suicidarsi e passava ogni altro giorno a giocare a Risiko con lui ed Elisabeth, ma molto spesso giocavano soltanto loro due, mentre lui le osservava dall’ufficio di J. pronto ad intervenire nel caso in cui Elisabeth avesse provato ad uccidere la mora facendole ingoiare i carri armati per averle tolto un territorio.
In quei giorni, benché Angelica sembrasse star bene, in realtà si faceva sempre più nervosa, ora dopo ora, in attesa della tempesta. Quando era arrivato degli Agenti gli avevano consigliato di non entrare e di lasciarla un po' sola e così, un po’ riluttante, era andato in infermeria, da Beatrice, in attesa di buone notizie.
Seduta accanto a lei c'era Elisabeth, preoccupata come non mai, che si mangiava le unghie e chiedendo l'ora ogni cinque minuti, poi c'era anche Laura, appoggiata al muro con le braccia incrociate con fare da dura, mentre osservava intensamente le piastrelle immacolate del pavimento.
- Volete un caffè? - domandò Beatrice, tentando di ravvivare l'atmosfera nell'infermeria.
- Mi sembra un'ottima idea. Prendiamoci un caffè così facciamo avanti e indietro per ore - borbottò Elisabeth - Che idea grandiosa, Beatrice -
- Almeno io non mi mangio in modo psicotico le unghie fino a strapparmi la pelle dal dito -
- Smettetela voi due - ordinò Laura, senza distogliere lo sguardo dal pavimento - O vi faccio smettere io se non la piantate -
Lanciò un sospiro, grato che Laura avesse messo fine alla brevissima discussione tra Elisabeth e Beatrice. Lo avrebbe fatto lui, ma era troppo occupato ad osservare in modo assente lo screensaver del computer fatto di tubi colorati in 3D.
- Secondo voi quanto dovremmo aspettare rinchiusi qui? -
- Smettila di fare domande, Elisabeth - rispose stancamente.
- Non vorresti saperlo anche tu? -
Fece per rispondere, ma voltò immediatamente lo sguardo quando la porta dell’infermeria si aprì di colpo, battendo con forza contro il muro, mostrando la figura di J. con il fiatone e che tentava comunque di dire loro qualcosa. Capì solo l'ultima parola del suo lungo ed incomprensibile discorso pieno di sospiri e parole senza senso, e quando l'Agente fece il nome di Angelica scattò subito in piedi, correndo fuori, seguito a ruota da J., Beatrice, Elisabeth e da Laura.
Quando entrò nella cella rimase sconcertato alla vista della ragazza sul letto in preda ad un dolore atroce, che stringeva con forza le lenzuola e urlava come non mai. Non riuscì a fare nulla, solo a restare lì immobile.
Elisabeth, già con gli occhi colmi di lacrime, si avvicinò al letto, afferrando una mano all’amica per stringerla forte ed urlarle che era lì con lei e che sarebbero tornate a casa. Per tutta risposta, Angelica si portò una mano al petto come se volesse strapparsi il cuore ed urlò ancora più forte.
Tutto avvenne in così poco tempo che non riuscì nemmeno a capire cosa fosse successo: la ragazza, dopo un ultimo urlo, si abbandonò sul letto e voltò il viso madido di sudore verso di lui. Dopo aver mosso appena le labbra e sussurrato appena qualcosa, Angelica gli sorrise e chiuse gli occhi, lanciando un sospiro.
Sentì il pavimento mancargli da sotto i piedi e riuscì soltanto a guardare la ragazza sul letto senza riuscire a muoversi o piangere.
***
Dopo aver afferrato Angelica per le spalle e dopo averla scrollata un po', si voltò verso la porta, osservando Matteo, Laura, J. e Beatrice con le lacrime agli occhi - Vi prego...aiutatela -
Soltanto Beatrice si precipitò al fianco dell'amica, appoggiando due dita sulla carotide in cerca del battito, ma quando la vide tastare in diversi punti del collo ed iniziare a piangere si sentì morire.
- Beatrice, ti prego...-
La ragazza alzò appena lo sguardo, puntando gli occhi azzurri colmi di lacrime nei suoi - Non posso...- disse in un sussurro appena udibile - Non posso -
- Perché no? Tu puoi curarla, puoi salvarla! - urlò in preda alla rabbia, incapace di accettare la situazione.
- Non posso...é troppo tardi -
Sperò che Beatrice non avesse mai detto quelle ultime tre parole che continuarono a girarle per la testa e a ripetersi all'infinito. Scoppiò in lacrime, abbracciando un'ultima volta l'amica sdraiata sul letto, che sembrava quasi dormire, poi, quando le gambe non riuscirono più a reggere il suo peso, crollò a terra, abbracciando Matteo che era arrivato subito al suo fianco, cercando di consolarla e di consolarsi a sua volta.
- Non c'è più - farfugliò appena, stringendo con forza la maglia del ragazzo - Non c'è più -
Qualcuno si schiarì la voce e tutti si voltarono: proprio alle spalle di J. e Laura, una donna dai lunghi capelli bianchi in un elegante abito da sera blu - Forse io posso fare qualcosa -
***
Alla vista di Jane, Laura portò subito una mano alla pistola, mentre J. si allontanò da quella stupenda creatura sulla porta pensando che fosse malvagia. Si alzò in piedi e bloccò Laura - É un'amica, non preoccuparti -
L'Elementale fece un radioso sorriso a tutti i presenti, rassicurandoli.
- Jane, cosa fai qui? -
- Mio caro Matteo...so la parola d'ordine - rispose Jane con un sorriso, avvicinandosi al letto per osservare con attenzione il corpo senza vita di Angelica.
- Puoi fare qualcosa? - domandò speranzoso all'Elementale, che sorrise lievemente.
- Perché tutti mi sottovalutano? Sono o non sono l'Elementale dell'acqua? - domandò lei, sistemandosi una ciocca di capelli bianchi dietro l'orecchio, avvicinandosi subito dopo alle labbra di Angelica, appena socchiuse, come se volesse baciarla. A pochi millimetri da lei, il demone soffiò appena, allontanandosi subito dopo, sussurrando delle parole a lui sconosciute.
Jane accarezzò la fronte alla mora e sorrise - Torna a vivere, cacciatrice. Torna a vivere accanto alle persone che ami -
***
Tutto quello intorno a lei era di un bianco accecante. Non riusciva a distinguere il pavimento dal soffitto e nemmeno le pareti: sembrava levitare in aria ma camminava su una superficie solida.
Avanzò lentamente come se fosse completamente cieca ma dopo un po' si fermò, osservando l'unica figura, oltre a lei, che spiccava tra il bianco proprio perché vestita di nero.
Rimase di stucco nel vedere la Direttrice dell'Agenzia voltare la sedia a rotelle per guardarla negli occhi.
- Ciao Angelica -
Sospirò - Stavolta sono morta, vero? -
- Forse sì e forse no - rispose la donna, avvicinandosi.
- Dove siamo? -
- Nemmeno a questo so risponderti, ma assomiglia tanto alla scena di Harry Potter e i doni della morte, pagina 648 capitolo 35 -
Inarcò un sopracciglio, confusa - Sto sognando o sono impazzita -
- Non sei impazzita -
- Quindi sto sognando -
- Forse -
Sbuffò - Lo sa che queste risposte non mi sono mai piaciute, vero? -
- É solo per quello che le dico -
Scosse la testa e le sorrise - Lo sapevo -
- Ma adesso c'è una cosa più importante che devi fare -
- E quale sarebbe? -
- Svegliati -
Quando la Direttrice sussurrò quelle parole tutto quello intorno a lei prese a girare e in un attimo fu avvolta dal buio.
- Torna a vivere, cacciatrice. Torna a vivere accanto alle persone che ami -
Socchiuse appena gli occhi, tentando di mettere a fuoco le quattro figure che la sovrastavano: riconobbe immediatamente Matteo sentendolo chiamare il suo nome, ma non riuscì a capire chi fossero le altre tre figure.
- Ma sono una grande! Ha funzionato! -
- Tu non sapevi se avrebbe funzionato?! - esclamò Matteo.
- Beh, ha funzionato, no? -
Lanciò un sospiro, riconoscendo quella voce - Jane? -
- Ehi, bambolina. Mi devi due mojito -
- Che ci fai qui? - domandò confusa.
- Ho sistemato dei tuoi amichetti a Berlino, poi mi sono fermata ancora a Monaco e sono appena arrivata a Verona - le raccontò brevemente il demone - E baciati le manine che sono qui, altrimenti saresti veramente morta -
Si portò una mano alla fronte, ricordando l’accaduto del mese appena trascorso - Il siero? -
- L'effetto é finito. Ora sei salva -
Con fatica si mise a sedere, passandosi una mano nei capelli e respirò profondamente, ringraziando il cielo di essere ancora viva e guardò Matteo, al suo fianco, che rideva e, contemporaneamente, piangeva di gioia, proprio come Elisabeth, che l’abbracciò con forza, come un boa che stritola la preda, e che gridava talmente forte da poter rompere un bicchiere di cristallo. Soltanto ora riconobbe Beatrice, vicino al letto, e J. e Laura sulla porta. Nemmeno il tempo di dire qualcosa che altra gente entrò nella cella, intrappolandola in un abbraccio di gruppo.
Francesco le scompigliò i capelli, Marco le diede delle pacche sulla schiene, Alberto le diede dei baci sulle guance e, quando finalmente la liberarono dall’abbraccio, altri Agenti le strinsero la mano.
- Insomma, lasciatela respirare! - esclamò Marco, allontanando tutti eccetto Matteo. Il Lumpa-lumpa le diede una pacca sulla schiena - Complimenti 33, adesso sei tu la Direttrice -
Sorrise e scosse la testa - No, ti sbagli -
A quelle parole, alcuni dei presenti si zittirono, altri iniziarono a borbottare tra di loro.
- Se stai pensando al testamento distrutto - intervenne J. - Io ho una seconda copia. La Direttrice me l’aveva consegnata qualche giorno prima di morire -
- No, non mi riferivo a questo -
- Allora di cosa stai parlando? - domandò Beatrice.
Lanciò un sospiro - Non importa se c’è un’altra copia del testamento della Direttrice, perché io non voglio essere a capo dell’Agenzia - rispose, zittendo quei pochi Agenti che iniziarono ad esclamare qualcosa alzando semplicemente una mano - E il motivo è semplice: il motivo è che sono stanca di essere una cacciatrice, stanca di tutto il male che ho inferto e subìto, stanca di vedere le persone che amo morire davanti ai miei occhi o tra le mie braccia. Voglio finalmente vivere una vita normale, continuare gli studi, divertirmi con i miei amici - disse, lanciando un sorriso ad Elisabeth, puntando poi lo sguardo verso il fidanzato - Ed avere una famiglia -
Dopo alcuni attimi di silenzio ed un lungo “oh” lanciato da Elisabeth, J. guardò prima i presenti, poi lei - E chi prenderà il comando al tuo posto? -
- Dato che l’Agente 2 è nell’impossibilità di assumere il comando - disse, facendo ridere i presenti nella stanza - Cedo il mio posto all’Agente 3. So che è una persona in gamba e che guiderà l’Agenzia meglio di me -
Si alzò in piedi, prese Matteo per mano e, fregandosi di indossare solo una veste bianca, uscirono dalla cella, seguiti a ruota da Elisabeth.
Era questo quello che voleva: una vita senza demoni o cattivi da uccidere, una vita accanto alle persone che amava più di ogni altra cosa al mondo. Ora era Angelica, solo Angelica, e non più una Demons Hunter.
- E adesso? - le domandò Matteo.
- Adesso cosa? -
- Cosa facciamo? -
Scoppiò a ridere - Ma che domande mi fai? È ovvio, no? -
Il fidanzato le lanciò un’occhiata, pensando se quella reazione fosse dovuta ai possibili danni causati dalla brevissima morte - No -
- Prendiamo una pizza! Sto morendo di fame - disse portandosi le mani alla pancia che brontolava - Mangerei una mucca se potessi -
- No, no! Prendiamo una pizza e chiamiamo gli altri! - esclamò Elisabeth saltandole sulla schiena.
Sorrise, continuando a camminare portando l’amica senza difficoltà. Ora, finalmente, era libera di stare con i suoi amici e con Matteo.
La sua vita cominciava soltanto ora.
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 26 agosto 2011, 13:41

Ce ne sono ancora un paio :sleep:

buona lettura :)

EPILOGO
Sabato, 13 agosto 2016
Non appena sento il campanello suonare un paio di volte come solo una persona sapeva fare, tento di alzarmi dal divano, una cosa semplicissima, peccato che sono più di otto mesi che mi porto dietro una pancia enorme che mi fa persino perdere l'equilibrio. Apro la porta d'entrata e, con un pulsante, anche il cancelletto, aprendo al temibile trio: Elisabeth, Alice e Vittoria. Quando mi raggiungono mi stritolano un in abbraccio, facendo attenzione al pancione.
- Allora, come stai? - mi domanda Vittoria, accarezzandomi la pancia. - Ormai i nove mesi sono scattati, ma questi due proprio non vogliono saperne di uscire -
Eh sì, proprio così! Sono due. Presto avrò due paffutissimi e pacioccosi bambini da ricoprire di baci e di tantissime coccole. Ho 26 anni per niente. Mi sono rincitrullita diventando vecchia, si é notato? Comunque, ancora ricordo il primo appuntamento con la dottoressa Rossi. Quella era pazza forte...
------
Dopo una bella stritolata di mano la dottoressa Rossi mi fa sedere su una comoda poltroncina e mi osserva. La dottoressa è molto più bassa di me, forse è alta un metro e cinquanta, ha i capelli castani tenuti abbastanza corti e sparati in tutte le direzioni, gli occhi dello stesso colore e, in quel momento, li teneva socchiusi per osservarmi dall’alto in basso.
- Lei è Angelica? -
Annuisco semplicemente.
- Beh, può dirmi i sintomi che accusa? -
- Sono diverse settimane che ho una nausea tremenda e...-
- E poi vomita -
Ma questa donna legge nella mente? - Sì e... -
- Subito dopo ha fame -
- Inoltre mi sento -
- Stanca - finisce la dottoressa al posto mio, incrociando le braccia al petto - Angelica, hai considerato la possibilità di essere incinta? -
Cosa? No, non può essere...ok può essere - No, ad essere sincera -
- No? -
- Ho avuto molto da fare ultimamente e non ci ho dato molto peso - rispondo.
- Possiamo scoprirlo in neanche dieci minuti. Oppure può farlo comodamente a casa con suo marito -
Faccio un respiro profondo - Facciamolo -

------
- Vedrai che nasceranno presto - mi rassicura Vittoria, riscuotendomi dai miei pensieri.
Solo ora mi rendo conto di essere ancora sulla porta d'entrata, che chiudo dopo aver fatto accomodare le tre amiche.
Elisabeth, dopo soli due anni di università, ha dovuto lasciar perdere e sposarsi in fretta e furia con Sergio alla scoperta di una gravidanza. Ora i due hanno una bellissima e terribile bambina identica in tutto e per tutto alla madre. Vittoria si era da poco sposata con il solito e premuroso Davide, con una cerimonia semplice, con pochi invitati. La cena non la ricordo perché ero leggermente stordita dalla sbronza presa la sera prima alla festa di addio al nubilato con degli spogliarellisti niente male. Alice, la pazza Alice, invece era ancora a piede libero e single: con Federico non aveva funzionato, ma erano rimasti in buoni rapporti, ed ora aspettava che il vero principe azzurro la trovasse.
- Il tuo adorato maritino? - mi domanda Elisabeth, accendendo la televisione e cambiando velocemente i canali.
- Dovrebbe tornare tra poco -
Ok, non ve l’ho detto: mi sono sposata con Matteo. Mi sembrava ovvio, non sono una che va in giro a fare figli con tutti.
È successo durante una vacanza a Parigi, dopo la mia laurea in economia e commercio...
------
Venerdì, 18 luglio 2014 - Ore 21.36
Parigi - Hotel Chambiges Elysées

Dopo una cena al ristorante, abbiamo girovagato per le vie della città, che ormai, anche dopo due settimane, conoscevo a memoria, ed ora stiamo passeggiando lungo le Champs-Élysées, sotto un cielo stupendo cosparso di stelle, mano nella mano. Lancio un'occhiata a Matteo e gli sorrido - Matteo? -
- So cos'hai in mente -
Lo fermo e gli getto le braccia al collo, avvicinandomi alle sue labbra - Allora assecondami - sussurro in tono malizioso - Non lo senti anche tu questo desiderio sconvolgente? -
Matteo sospira ed alza gli occhi al cielo - No, ma...torniamo all'hotel -
- Avanti Matteo, siamo a Parigi! Cosa vuoi fare l'ultima sera di vacanza? -
- Non quello che hai in mente tu -
- Ti prego! Toglimi questa voglia! - esclamo con un sorriso - Fammi mangiare un bel gelato! -
Lui sospira nuovamente, rassegnato - Ok, hai vinto -
- Merci -
Dopo essere tornati all'hotel abbiamo raggiunto la nostra camera e abbiamo entrambi mangiato un bel gelato fresco, io al cioccolato e lui alla nocciola. Finito di mangiare ci sediamo sul divanetto piazzato di fronte ad un mobile in legno con un televisore appoggiato sopra. Matteo non smette mai di fissarmi e gli lancio un sorriso - Che c'è? So che non sono un granché i Griffin in francese ma é sempre meglio di niente -
- Non era a quello che pensavo - dice lui, ricambiando il mio sorriso - Stavo pensando ad un'altra cosa, ad una cosa da chiederti -
Chiedermi? Cosa potrebbe mai chiedermi? - E cosa vorresti chiedermi? -
Matteo si alza il piedi e mi porge la mano per aiutarmi a fare lo stesso, dopodiché, dopo aver spento il televisore, si inginocchia davanti a me tenendomi la mano con la sua, mentre con l'altra afferra un piccolo cofanetto blu - Angelica Vetra, c'è una cosa che avrei dovuto chiederti tanto tempo fa - iniziò aprendo il cofanetto per mostrarmi un semplice anello d'argento con un piccolo diamante incastonato sopra.
Non riesco né a pensare né a fare qualcos'altro. Me lo sta chiedendo veramente?
- Angelica Vetra, vuoi sposarmi? -
Non ci penso due volte ed annuisco, con le lacrime agli occhi - Sì -
Matteo mi mette l'anello al dito e mi sorride - La futura signora Dall'Angelo - dice alzandosi di nuovo in piedi.
Gli salto al collo e lo bacio con passione - Ti amo -
- Anch'io ti amo, ma ho tanta paura...-
Lo guardo, inarcando un sopracciglio - Perché? -
- Chissà quanti soldi spenderai per il matrimonio -
Mi metto le mani sui fianchi - Ah, é solo per questo? -
Lui annuisce e mi avvicino al suo orecchio - Credo che ne valga la pena per la prima notte di nozze, no? -
Matteo, a quella frase, mi prende in braccio e mi butta sul letto - Allora é meglio fare delle prove -


Mi sveglio all'improvviso sperando che quello che era successo qualche ora prima non fosse soltanto un sogno, e mi giro, osservando Matteo che dorme come un bambino.
Guardo l'ora e mi alzo in piedi, indossando il minimo indispensabile per coprirmi ed esco sul balcone, appoggiandomi al muro con le braccia incrociate, ed osservo il cielo ancora scuro tingersi di un lieve chiarore. Osservo per un istante la Tour Eiffel spiccare sul paesaggio, poi abbasso lo sguardo per osservare le poche persone per strada, alcuni che facevano jogging e altri che portavano a spasso il proprio cane. Spero che nessuno riesca a vedermi con solo la biancheria addosso.
- Ehi? -
Mi giro e guardo Matteo che mi guarda a sua volta con un occhio chiuso e l'altro socchiuso - Parli con me? -
- Sì. Perché non vieni qui prima che la mia futura mogliettina torni e ci scopra insieme -
Non riesco a fare a meno di ridere e mi stendo di nuovo sul letto, accanto all'uomo - Tra qualche ora andiamo a fare l'ultima colazione e poi dobbiamo preparare le valigie -
- Ok -
- E sottolineo dobbiamo, perché l'ultima volta... -
Matteo riesce a zittirmi mettendosi sopra di me e baciandomi con passione.
Che stavo dicendo? Boh.

------
Morale della favola: dopo la colazione avevo preparato le valigie e lui, per ringraziarmi, mi ha tenuta occupata per un paio d'ore e abbiamo perso l'aereo.
Comunque, ci siamo sposati il 4 dicembre 2014. Col cavolo che mi sposavo d’estate! Che figura facevo se mi presentavo all’altare bianca come uno straccio in pieno luglio? Ma, fortunatamente, il giorno delle nozze ero decisamente più scura del vestito bianco!
Malvagio vestito bianco 0 Angelica 1. Tiè.
Tutto questo grazie alla mia cara amica Elisabeth, che mi ha fatto da testimone, che mi ha praticamente costretta a fare delle lampade.
Abbiamo comprato una casetta in mezzo al nulla più assoluto e dopo più di un anno di matrimonio, lo scorso febbraio, dopo la visita dalla dottoressa Rossi, puff: il miracolo della vita, la storia dell’ape e del fiore o della cicogna.
Non smetterò di dire queste puttanate finché i miei bambini non saranno abbastanza grandi per capire. Non ho intenzione di scandalizzarli.
Matteo l’ha presa abbastanza bene a quanto ricordo...
------
Matteo mi apre la portiera dell'auto e mi fa accomodare, poi fece il giro e si mise al volante.
- Sai...ho una sorpresa - dico all'improvviso, guardando fuori dal finestrino. La prenderà bene?
- Per me?-
- No, per Afrodite - sbuffo voltando lo sguardo verso di lui.
- E che regalo puoi fare al gatto? Non sa nemmeno cos'é un regalo -
- Matteo...- sussurro - Certo che é per te, non é proprio un regalo, diciamo pure una notizia -
- Me la dici ora?- mi chiede il mio dolce maritino, con un sorriso sulle labbra.
- Tesoro siamo in tre adesso -
- Ma certo che siamo in tre - sussurra lui, mentre trafficava con la radio della macchina.
Eh? - Lo sai? Com’è possibile?-
- Se la matematica non é un'opinione...io, tu e Afrodite -
- Non sto parlando del nostro gatto -
- E allora a cosa ti riferisci? -
- Potresti rallentare che magari inchiodi in mezzo alla strada? -
- Ma dai Angelica...-
- Ok, così a bruciapelo...poi non ti lamentare...-
Silenzio.
- Allora?-
- SONO INCINTA! -
Matteo inchioda all'improvviso in mezzo alla strada proprio come avevo previsto. Mi giro verso di lui, un po’ preoccupata - Tesoro?- sussurro appena, vedendo il marito immobile come una statua e con il respiro affannato - Matteo? -
- Tu cosa? -
- Aspetto un bambino. Aspettiamo un bambino - sussurro dolcemente accarezzandogli la guancia.
- Ma é....fantastico!! -
Sorrido - Felice?-
- Non sono mai stato più felice di così! E quando l'hai scoperto?- mi chiede facendo ripartire la macchina.
- Questa mattina. Sono andata all'appuntamento con la dottoressa e...puff...incinta -
- Un bambino...ti rendi conto? -
Sorrido e torno a guardare fuori dal finestrino - Ti rendi conto che mi verrà una super pancia?-
- Oh ma tu sei bella lo stesso -
- Con una pancia che sembrerò una balena -
- Allora, quando avrai una super pancia, sarà il giorno in cui troverò sexy le balene -

------
In quel momento pensavo che fosse soltanto un bambino, ma poi, alla prima ecografia con la dottoressa Rossi, ne sono saltati fuori due e il termine “super pancia” era decisamente appropriato per la situazione. Matteo, alla notizia, aveva rischiato di avere un infarto mentre io mi sono limitata a piangere come una deficiente.
- Hai uno stereo in camera tua? - mi domanda Elisabeth ad un tratto, facendomi tornare alla realtà.
- No, ma dovrei averne uno nel ripostiglio. Puoi prenderlo ed attaccarlo dove vuoi - dico - Ma a cosa ti serve? -
- Adesso lo scoprirai -
A quella risposta intuisco le intenzioni della rossa. Non dovevo dirle dello stereo.


[align=right]continua...[/align]
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 28 agosto 2011, 16:37

Eccomi qui con il penultimo post della storia! ^^
[spoiler]:cry: che tristezza :cry:[/spoiler]
Spero comunque che vi faccia ridere! Buona lettura! ;)

Elisabeth spegne la televisione e si alza in piedi, osservandomi in modo diabolico. So già che quello che ha appena macchinato la sua testolina pacata è sicuramente qualcosa di altamente stupido ed imbarazzante, quasi quanto girare per strada e rompere i finestrini delle macchine parcheggiate cantando “Carglass ripara, Carglass sostituisce”. Ricambio il suo sguardo con un’occhiata di ammonimento e provo ad incrociare le braccia e, quando finalmente capisco che non riesco nemmeno a farlo, mi metto le mani sui fianchi - Elisabeth Hall, dimmi esattamente cosa sta sfornando la tua mente -
La rossa mi si avvicina lentamente, senza mai abbandonare il sorriso diabolico sulle labbra, e mi prende le mani per aiutarmi ad alzarmi in piedi - Adesso lo scoprirai -
Aiuto. SOS. Help. Che faccio adesso? Come posso sfuggirle stavolta?
Potrei mettermi ad urlare dicendo che mi si sono rotte le acque...non male come idea!
- Se stai pensando di metterti ad urlare sbraitando in tutte le lingue che ti si sono rotte le acque, abbandona subito ogni speranza perché non ci casco -
Come non detto. Devo ammettere che alcune volte Elisabeth mi fa veramente paura - Ti prego - inizio, facendo gli occhi dolci e portandomi entrambe le mani alla grossa pancia - Abbi pietà per una donna incinta -
- Stai tranquilla. Fidati di me -
Perché non ne sono tanto sicura? Perché penso che voglia truccarmi come una prostituta e farmi cantare solo per fare il video e metterlo su Youtube? Tanto non serve a niente pensare. Già, perché in questo preciso istante Elisabeth mi trascina su per le scale contro la mia volontà, mentre Alice e Vittoria ci seguono senza fiatare.
- Eli, Angelica non dovrebbe fare sforzi - interviene Vittoria e vorrei darle un bacio per aver tentato di fermare la furia rossa - Insomma, è pur sempre incinta. Non ha quella pancia per tutti i krapfen che ha mangiato ultimamente -
Ah, i krapfen...comunemente noti come “bomboloni”. Almeno credo. Da piccola li chiamavo sempre così, poi ho scoperto che si chiamano krapfen. Com’è strana la vita!
- Grazie, Vittoria - dico come se fossi un robot. Sono d’accordo con lei, ma non riesco a fare a meno di ringraziarla con questo tono freddo.
- Ehi sto cercando di salvarti la pelle! -
- Mi hai fatto venire voglia di krapfen -
Elisabeth, intanto, continua a trascinarmi e, dopo aver recuperato lo stereo dal “ripostiglio degli orrori” raggiunge la stanza che divido con il mio adorato marito (sperando che torni presto a casa per salvarmi da questo diavolo) e mi fa sedere sul letto, mettendosi alla ricerca di una presa della corrente per attaccare lo stereo.
Elisabeth, dopo aver esultato ed acceso lo stereo, estrae un cd, visibilmente taroccato, e lo mette nello stereo - Li legge gli mp3? -
Ma che cazzo di domande fai? Siamo nel 2016, vuoi che vendano uno stereo che non legge neanche gli mp3? - Non lo so -
- Sì, li legge -
- Ehi Angi! Non pensavo che avessi un colluttorio che si chiama “L’Angelica”! - esclama Alice, mentre mi si avvicina con due strani oggetti non identificati: un rossetto e qualcos’altro di cui non so nemmeno il nome, forse fard o ombretto. Boh. Riesco soltanto ad essere terrorizzata.
- Beh...è alla menta, chi se ne frega se io, Angelica, uso un colluttorio che si chiama “L’Angelica” -
- Devi ammettere che è strano forte! - urla ancora Alice, afferrandomi la faccia e mettendomi il rossetto alla caz...ehm...alla bell'e meglio.
La allontano immediatamente - Alice, sei una persona ricca di prospettive. Ma se ti allontani da me, posso ammirarti in una prospettiva migliore -
- Dai, lasciati truccare! -
- No! - esclamo mentre lei si riavvicina e cerco in tutti i modi di oppormi, ma combattere contro Alice voleva dire perdere sin dall’inizio.
Quando la mora finisce di truccarmi passa ad Elisabeth, facendole dei segni rossi sulle guance come se fosse una giocatrice di football. La rossa, per vendetta, trucca Alice come una Geisha che si è appena svegliata.
- Ragazze, non penso sia una buona idea - insiste Vittoria, facendosi piccola piccola sotto le occhiate delle due donne, che, dopo aver riso per niente come due deficienti, si tolgono le scarpe e iniziano a saltare sul letto, mentre dallo stereo esce la vecchia canzone di un vecchio film: Burlesque. In poche parole, il burlesque è l’arte di sedurre con un pizzico d’ironia. A parer mio basta solo vestirsi da infermiera o da poliziotta e mostrare un po’ le tette...mah.

It’s a cold and crazy world that’s ragin’ outside
Well baby me and all my girls are bringin’ on the fire
Show a little leg, gotta shimmy your chest
It’s a life, it’s a style, it’s a need, it’s Burlesque

EXPRESS, love, sex
Ladies no regrets
EXPRESS, love, sex
Ladies no regrets

Been holding down for quite some time and finally the moment’s right
I love to make the people stare
They know I got that certain savoir-faire

Fasten up
Can you imagine what would happen if I let you close enough to touch?
Step into the fantasy
You’ll never want to leave, baby let’s give it to you…Why?

It’s a passion, and emotion, it’s a fashion, Burlesque
It’ll move, goin’ through you, so do what I do, Burlesque
All ladies come put your grown up, boys throw it up if you want it
Can you feel me, can you feel it? It’s Burlesque.


- Ma cosa diavolo ci fate sul mio letto?!?- urla qualcuno all’improvviso, attirando l’attenzione di tutti.
Lancio un lungo sospiro alla vista di Matteo, sulla porta, con le mani sui fianchi, che guardava Elisabeth ed Alice saltare sul letto, truccate come delle transessuali, che cantavano la canzone successiva del cd. Matteo indossa una camicia bianca con sopra una cravatta e un paio di jeans lunghi e scuri benché sia agosto, ma deve andare così al lavoro e io non mi lamento. È così sexy con la camicia! Se non fossi incinta lo prenderei e saprei cosa fare nel ripostiglio degli orrori.
- My umbrella! Ella ella ella eh eh vuoi una mortadella ella ella ella eh eh no grazie preferisco la mozzarella ella ella ella eh eh con un pò di salamella ella ella ella eh eh Matteo come sta tua sorella ella ella ella eh eh ti regaliamo una padella ella ella ella eh eh una proprio bella ella ella ella eh eh - urlano le due donne all'unisono come se niente fosse.
Vittoria, ai piedi del letto, ancora in se e senza nemmeno un filo di trucco da prostituta, mi si avvicina e mi fa alzare dal letto, allontanandomi da quelle due psicopatiche - Io ho provato a fermarle ma...- dice lei all'uomo.
- Non ti preoccupare - risponde Matteo, dandomi un bacio per salutarmi quando sono al suo fianco - Come stai? -
- Voglio un gelato -
- Amore, tra un po’ esplodi a forza di mangiare gelati -
- Non me ne frega una mazza! -
Mio marito sospira e allenta il nodo alla cravatta - In cucina c’è un’altra vaschetta di gelato -
Lo bacio e gli sorrido - Vai. Ci penso io a queste due -
- Sei sicura? -
Annuisco - Una volta ero una cacciatrice di demoni, ricordi? -
- Ma adesso non riesci nemmeno a raccogliere le cose che ti cadono per terra -
Questa battuta dovevo immaginarmela -_- - Vai a prepararmi il gelato sennò mi arrabbio - dico, dando una pacca sulla spalla a Vittoria - E tu vai a dargli una mano. Qui me ne occupo io -
I due dopo aver alzato le spalle, si girano e mi lasciano sola con le due psicopatiche - Voi due! - urlo con tutto il fiato che ho in gola, superando il volume dello stereo ed attirando l'attenzione di Alice ed Elisabeth, che smettono di saltare e mi guardano senza dire niente.
- Scendete immediatamente dal mio letto senza fare storie, andate a togliervi quella cosa dalla faccia e datevi una calmata! Sono stata chiara? -
Le due donne ghignano in modo diabolico e scoppiano poi a ridere. Solo ora ricordo di avere un quintale di rossetto e altra roba sulla faccia, e di certo sembro tutt’altro che seria. Vado in bagno, proprio di fronte alla mia camera, e provo a togliermi quella roba dalla faccia, nella speranza che sparisca completamente. Solo quando non vedo nessun altro segno ritorno in camera, seria come non mai, e punto l'indice contro le due donne - Scendete immediatamente, andate a lavarvi la faccia e andate di sotto -
Le due, dopo un sospiro, scendono dal letto - Ok, mamma -
Mi metto le mani sui fianchi e le lascio passare e, dopo aver aspettato che si pulissero il viso, le seguo al piano di sotto, in salotto, dove Vittoria aveva già sistemato due coppette di gelato sul tavolino di vetro.
Quando arrivo alla fine delle scale una delle due pesti nella mia pancia mi da un calcio fotonico sulle costole, e non posso fare altro che appoggiarmi al muro e portarmi le mani alla pancia.
- Ehi, datti una calmata - dico, mentre Elisabeth é già al mio fianco, accompagnandomi fino alla poltrona dove mi fa sedere.
- Che succede? - domanda Matteo, sbucando dalla cucina con le ultime coppette di gelato.
Gli lancio un'occhiata, senza mai smettere di accarezzarmi la pancia - Si muovono, niente di che -
L'uomo, dopo aver appoggiato le coppette sul tavolino, si inginocchia davanti a me e mi accarezza a sua volta la pancia - Lasciate stare la mamma -
Un altro calcio e lancio uno sguardo di fuoco a Matteo - Non funziona, me ne ha tirato uno ancora più forte -
- Vedrai che tra un attimo smettono - risponde lui, alzandosi in piedi - Devo finire una cosa per il lavoro, sono in camera se hai bisogno -
No, non andare! Queste due pazze faranno qualcos’altro di stupido! Ne sono sicura!
L'uomo mi si avvicina e mi bacia, lasciandomi in salotto con le amiche. Ho una brutta sensazione...ma proprio brutta.


É passata più di un'ora e, fortunatamente, Elisabeth ed Alice non hanno fatto niente di stupido. Abbiamo semplicemente mangiato il gelato, discusso sui vecchi tempi e parlato sulle solite cose a luci rosse che le amiche si raccontano sempre.
Ma ho sempre quella strana sensazione, anzi...non é più una sensazione, più che altro mi sento un po' strana.
Oh merda. Ok, Angelica, niente panico: o te la sei fatta addosso oppure si sono...no, no e no! Perché proprio adesso che volevo alzarmi per mangiare un altro po' di gelato?
- Beh, io ho sentito che Laura é incita - racconta Elisabeth alle altre due, sorprese per la notizia appena ricevuta.
- Ragazze? - le chiamo nel tentativo di interrompere la loro discussione - Ragazze? -
- Aspetta un secondo, Angi. E il padre del bambino é Francesco -
- Credo che sia una cosa più importante - insisto.
Elisabeth si gira verso di me, sbuffando - Che c'é? -
- Mi si sono rotte le acque -
Un attimo di silenzio segue le mie parole. Ma hanno capito quello che ho detto o vogliono farmi partorire in casa? Forse dovrei fare un disegnino.
- Tu cosa? -
- Acque...pluff - dico, imitando con un gesto la caduta dell'acqua - Vogliono venire fuori. Adesso -
- Proprio adesso?! -
A chi lo dici! Ho una fame tremenda e se mi portate all'ospedale mi daranno quella schifosa minestra annacquata. Io voglio la cioccolata! - Eh, sì. Proprio adesso...la natura li chiama -
Spero che quelle tre abbiano intenzione di smettere di guardarmi come se avessi tre teste e di fare qualcosa, qualunque cosa, perché io non avevo in programma di partorire sul tappeto, senza contare il fatto che sarebbe poco igienico.
Elisabeth si mette le mani nei capelli, Alice sembra pietrificata, ma grazie al cielo e a tutti quelli che ci sono là su, Vittoria mi fa sedere meglio sulla poltrona e mi prende la mano. Per fortuna che Vittoria c'è!
- Angi, tesoro, stai calma e respira lentamente - dice la bionda facendo a sua volta dei profondi per farmi vedere come si fa - Respira a cagnolino -
A cagnolino? E come cazzo si respira a cagnolino? Beh, é lo stesso, inizio a respirare piano. Sinceramente me la sto un po’ facendo sotto al pensiero che tra un po’ arriveranno quelle maledette contrazioni e poi dovrò soffrire come un cane. Forse in quel momento riuscirò istintivamente a respirare a cagnolino come mi dice Vittoria, ma...porca miseria! Ho tanta paura!
Mia madre non doveva farmi vedere quella maledetta cassetta del giorno in cui sono nata!!!
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Io e Matteo siamo seduti sul divano nel salotto della mia vecchia casa e, dopo aver alzato le spalle, osserviamo mia madre trafficare con il vecchio ed antenato lettore VHS. Cosa diavolo vuole farci vedere? Il mio sesto senso mi dice che é qualcosa legato alla mia "situazione".
Mia madre prende il telecomando e si mette proprio davanti a me e a mio marito, lanciando un sospiro - Beh, é ora che sappiate la verità - inizia lei, studiando il telecomando in cerca del tasto play anche se ha già il dito sopra - State diventando genitori ed é ora spiegarvi il miracolo della vita e come succede. Allora, tutto inizia quando un uomo e una donna si amano tanto, e dopo essersi sposati fanno una cosa chiamata ses... -
Ok, é partita. Mia madre é decisamente partita.
- Mamma, ho capito cosa stai per dire - sussurro - Quindi, ti prego: taglia -
- Non c'è bisogno di parlare, é più efficace farvi vedere - risponde, accendendo la videocassetta e spostandosi. Sulla televisione appare l'immagine di mia madre, su un lettino d'ospedale, che urla come una disperata stringendosi l'enorme pancione che si ritrovava in quel momento. Matteo sgrana gli occhi e poi si copre il viso con le mani - Non posso guardare! -
Aspetta, aspetta...la gravidanza mi rende un po' rincoglionita e non capisco cosa sta succedendo. Ma cosa cavolo...oh mio Dio. Ma quella...
- MAMMA! Spegni immediatamente quella cassetta! Non voglio guardare mentre partorisci! - urlo, stringendo gli occhi dopo aver visto in tv la testa di un esserino coperto di sangue. Nel video, mia madre urla ancora più forte.
- Angelica, devi guardare. Perché dovrai fare la stessa cosa tra un po' -
- No! Non lo voglio fare! Non voglio soffrire come un cane! -
- Questo é niente, Angelica. Le spalle sono le peggiori... -

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Oddio che dolore atroce!!!! Perché Vittoria è lì impalata che si guarda l’orologio? Sono qui che mi contorco e lei guarda l’ora?!
- Ok, non è un falso allarme. Ti si sono veramente rotte le acque -
- Ma dai? E io che pensavo di essermi fatta la...AAAAAAAAAAHHHHHHHHH!! -
- MATTEO!!! - urla Elisabeth ai piedi delle scale - Vieni ti prego! Angelica sta per avere i bambini! -
- COSA?! -
- MUOVITI!!!! -
- Non mi ricordo dove ho messo la borsa! -
NON SI RICORDA DOVE HA MESSO LA BORSA? NON SI RICORDA DOVE HA MESSO LA BORSA!?! Giuro che se ne esco viva lo strangolo! - NELL’ARMADIO!! - urlo, sperando di farmi sentire e devo ammettere che urlo ancora più forte di quando sono arrabbiata nera. Altra contrazione in arrivo...Dio che dolore! - AAAAAAHHHHHHHHHH!!! -
- Ok l’ho trovata - urla Matteo scendendo di corsa per le scale, raggiungendola - Mi hanno detto che ti si sono rotte le acque -
- MATTEO!! -
- Tranquilla, amore. Stavo scherzando! -
Vorrei vedere te scherzare con due marmocchi che ti vengono fuori da...ok lascio perdere.
Vittoria e Matteo mi fanno alzare, dietro di loro ci sono Alice, con la sua borsa che, grazie al cielo, avevano preparato la settimana prima, ed Elisabeth, occupata a chiamare chissà chi con il cellulare.
Ecco un’altra maledetta contrazione.
- AHHHHHHHHHHHHH! -
- Dai resisti, presto sarà tutto finito -
Usciamo da casa e, dopo aver percorso lentamente il giardino, Matteo mi fa sedere in macchina, sul sedile del passeggero, mentre lui si mise subito al volante, agitato come non mai.
Urlo in preda ad un'altra orribile contrazione ancora più forte della precedente, mentre mio marito non riesce nemmeno ad inserire la chiave per mettere in moto la macchina.
- Fai con calma, tanto l'ospedale é a venti minuti da qui - dico, respirando profondamente.
- Scusami tesoro - si giustifica lui, facendo finalmente partire la macchina e lanciarla a tutta velocità.
Butto indietro la testa dopo un'altra contrazione e mi porto entrambe le mani alla pancia, trattenendo a stento un urlo.
- Tieni duro tesoro - mi rassicura Matteo, mentre passa un incrocio deserto con il semaforo rosso. Ho paura di non arrivare all'ospedale e chiudo gli occhi - Rallenta - dico, ma é come parlare con il muro: Matteo accelera ancora di più.
- Non preoccuparti, tesoro - dice lui - Di questo passo arriviamo in men che non si dica. Tu respira e basta -
Più facile a dirsi che a farsi. Ogni contrazione mi toglie il fiato ed ora sono sempre più frequenti, non riesco nemmeno a prendere fiato. Se starnutisco escono più in fretta?
Dopo pochi minuti, quando vedo l'ospedale chiudo gli occhi: non ho intenzione di farmi prendere dal panico.
Matteo parcheggia alla cavolo e mi porta all'interno della struttura, dove e, dopo avermi portata in una stanza e dopo avermi fatto indossare una vestaglia bianca, mi fanno stendere su una barella in mezzo al corridoio, dove altre donne erano sul punto di strapparsi i capelli per il dolore.
Dopo un'altra contrazione, lancio un piccolo grido e stringo la mano a Matteo - Ti prego - riesco a dire - Non lasciarmi da sola -
- Non preoccuparti, Angelica. Pensa solo a stare calma e a respirare profondamente -
Continuo a respirare lentamente, concentrando lo sguardo su Elisabeth, Alice e Vittoria, appena apparse da dietro l'angolo. La rossa, giunta al mio fianco, mi prende la mano e mi sorride - Come stai? -
- Potrebbe andare meglio -
- Dopo passerà tutto, vedrai -
Annuisco - Chi stavi chiamando prima? -
- I tuoi e la madre di Matteo. Stanno venendo qui. Come Sergio, Davide e Federico -
- Finalmente é il gran giorno, signora Dall'Angelo! Come sta? - domanda qualcuno e comincio a guardarmi intorno per cercare la madre di Matteo, ma poi mi rendo conto che la dottoressa Rossi sta parlando a me. Oddio, mi ha chiamata signora Dall'Angelo! - Io...sto bene, credo -
- Non lo sarà più tra poco -
Perché non mi sento meglio di prima? - Dottoressa, per quanto...- inizio a dire, e la piccola donna dai capelli sparati alza l'orlo dell'orribile vestaglia che mi hanno fatto indossare per guardare sotto. Mi chiedo se é normale restare lì impalati diversi secondi a guardarmi in mezzo alle gambe.
- Beh, Angelica, la tortura é appena iniziata. Saranno sì e no un paio di centimetri - risponde la dottoressa piegando un' po' la testa - O forse meno -
Non so...vuoi un righello per vedere se ci hai azzeccato? - E fino a quanto...insomma...- balbetto mentre Alice ed Elisabeth fanno dei gesti ambigui alle spalle della nana e io non so se riesco a trattenermi dal scoppiare a ridere.
- Deve raggiungere una dilatazione di dieci centimetri -
Aspetta...aspetta. Ho capito male, vero? - Dieci? -
- Me lo chiedono tutte - risponde lei alzando le spalle e sistemando la mia vestaglia.
- Altri otto! -
- Se la matematica non é un'opinione -
Ignoro la pessima battuta della dottoressa Rossi e lancio un grido. Perché mi state facendo soffrire? Vi ho tenuti in pancia per nove mesi, mi avete dato calci dalla mattina alla sera e a qualsiasi ora della notte, mi avete appiattito la vescica e per questo andavo in bagno ogni dieci minuti. Che vi ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Lancio un altro urlo con un'imprecazione. Ah beh, adesso la pacchia é finita cari miei! Sono indecisa su cosa farò ai vostri piccoli piedini quando uscite da lì! Ahah!
- Angelica! Finalmente ti ho trovata - esclama qualcuno, riscuotendomi dai miei piani di vendetta. Volto lo sguardo e sorrido nel vedere la mia pazza suocera che si avvicina al lettino, seguita da Sonia, ormai quindicenne, bella quasi quanto la madre. Sorrido ad entrambe, anche se vorrei supplicarle di fare a cambio - Ehm...salve -
- Mi ha chiamata Elisabeth - mi spiega lei - Allora é arrivato il momento -
Annuisco e stringo la mano a Matteo, lanciandogli un'occhiata - Sì, finalmente mamma e papà -
- Divento zia! - esclama Sonia, avvicinandosi al lettino e mi prende entrambe le guance come se fosse una nonna che tortura le povere guanciotte della nipotina, anche se io ho undici anni in più di lei.
- Ho chiamato i tuoi genitori, sapevano già tutto grazie alla tua amica. Li avevo proprio dietro ma...sono passata con il rosso un paio di volte -
Tale madre, tale figlio - Quindi stanno per arrivare - dico, lanciando subito un grido per un’altra maledettissima contrazione.
- Sì, lo so, tesoro. So che può essere scioccante avere qui mamma e papà ma non preoccuparti. Vedrai che sarà come passare l’aspirapolvere nel Sahara -
COSA?!?!
- Ora bisogna solo aspettare - concluse la donna, prendendo Sonia per sedersi sulle sedie poste su un lato del corridoio.
Matteo mi toglie i capelli dal viso sudato e gli lancio un’occhiata di supplica. Lui capisce al volo che non ce la faccio più, ma mi sorride - Vedrai che finirà presto -
Oh, certo. Altri otto centimetri, che vuoi che siano...aiutatemi, vi prego!!



[align=right]Continua...[/align]
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RE: DEMONS HUNTERS

da Kiarya92 » 1 settembre 2011, 16:28

Buon pomeriggio a tutti!
Eccomi di nuovo qui con l'ultimo post della storia. Mi piacerebbe tanto dirvi che c'è un sequel, ma purtroppo non c'è.
La storia finisce qui e spero di farvi sorridere per l'ultima volta.
Vi ringrazio per aver letto e questo post è dedicato a ciascuno di voi, a chi legge e commenta o a chi legge e basta.

Per l'ultima volta (in questa storia almeno) vi auguro buona lettura.
[align=right]Chiara[/align]

- Tieni duro, Amore - mi dice Matteo, accarezzandomi la fronte sudata e io non riesco a fare a meno di annuire. Lo faccio avvicinare e lo bacio.
- Vi sembrano le scene da fare in un ospedale? -
Ci stacciamo e ci voltiamo verso l'inizio del corridoio. E indovinate un po' chi é appena arrivata? Non é Wonder woman, non é Elektra e non é Tempesta: é mia madre, che si avvicina a passo svelto, seguita da mio padre, e quando mi raggiunge mi prende la mano libera e mi guarda intensamente - A quanto sei? -
- Un paio di centimetri - rispondo con una smorfia, mentre mia madre, dopo un sorriso, mi lascia la mano - E questo é niente - dice, andando a sedersi accanto alla signora Dall'Angelo e cominciando a chiacchierare del più e del meno.
Lancio un'occhiata di supplica a Matteo e spero che tutto finisca al più presto.
Non so con esattezza quanto tempo é passato, forse un'ora o forse di più. Ma una cosa era certa: Alice ed Elisabeth avevano rotto le scatole con i loro discorsi su quale colore va di moda.
- Angelica, dobbiamo andare a fare shopping. Quest'anno é tornato il rosso - mi dice Elisabeth.
Lancio un sospiro - Lo sai che non mi metterò mai un vestito rosso -
- Potrebbe comprarsi il solito vestito nero con delle scarpe di Louboutin accompagnate - si intromette Vittoria, ormai lobotomizzata dalle due amiche.
- Non ho più intenzione di indossare un vestito. Ho chiuso -
- Perché? Credo che a Matteo faccia molto piacere quando indossi un vestito -
Trattengo un urlo per una contrazione e mi giro per guardare mio marito - É vero? -
- Beh, devo ammettere che con un vestito sei ancora più bella - risponde lui - L'ultima volta che hai messo un vestito é stata più di otto mesi fa -
- E guarda un po' dove mi trovo adesso - dico con un sorriso, ricordandomi quella sera.
------
Finalmente la cena al ristorante con Elisabeth, Sergio e la loro figlia Alessia era finita. Quando apro la porta di casa mi lancio sul divano, mi tolgo questi dannati tacchi e, finalmente, posso rilassarmi. Mi sdraio sul divano e prendo il telecomando, cominciando a girare in fretta i canali. Quando capisco che non fanno niente di decente, spengo la tv e mi guardo intorno, in cerca di mio marito - Amore? Dove sei finito? -
Matteo si precipita giù dalle scale con addosso una t-shirt e i boxer. Gli faccio posto e si piede vicino a me, cingendomi la vita con le braccia.
- Oggi Alessia era decisamente stanca - dico, ricordandomi della figlia di Elisabeth che aveva continuato a sbadigliare per tutta la durata della cena - Alla fine le si chiudevano persino gli occhietti -
- Anche quando l'ho portata fuori ha voluto sedersi sull'altalena e restare lì seduta -
Annuisco - Ho visto, stavo sbirciando dalla finestra -
- Ah, allora mia moglie mi spia -
- Lo ammetto: ti stavo spiando. Non volevo che scappassi con una bella norvegese lasciandomi lì sola soletta -
Lui mi bacia il collo e ride - Non potrei mai farlo -
Sorrido anch'io - É solo che...eri così contento -
- Sai che mi piace stare con i bambini -
Mi giro e lo guardo negli occhi - Vorresti avere un bambino? -
Matteo rimane a bocca aperta - Cosa? -
Mi alzo dal divano e lo aiuto a fare lo stesso, poi guido le sue mani alla cerniera del vestito, posta sulla schiena. Una volta aperta la zip, il vestito nero cade subito a terra, poiché privo di spalline o di qualsiasi altro sostegno. Matteo sorride in modo strano.
Gli getto le braccia al collo e lo bacio - Facciamo un bambino -
- Angelica, ne sei sicura? -
Annuisco anche se ho paura di trasmettere a mio figlio il dono di vedere i fantasmi - Datti una mossa, perché i bambini non li porta la cicogna -

------
Una contrazione interrompe i miei pensieri su quella notte trascorsa con Matteo e mi fa urlare di dolore.
- Allora, come andiamo qui? -
Volto lo sguardo verso la dottoressa Rossi, che mi raggiunge in quattro e quattr'otto, battendomi una mano sul ginocchio - Come ti senti, Angelica? -
Mi sento come se un demone mi avesse piantato un braccio nella pancia - Starò meglio quando sarà finita - riesco a dire, prima di stringere con forza la mano di Matteo e urlare per l'ennesima contrazione.
- Mi scusi, dottoressa. Ma quanto manca? - domanda Alice.
La dottoressa Rossi si gira e la osserva intensamente dall'alto in basso - Lei é della famiglia? -
Ma quanto é scema da 1 a 10?
- Io sono la seconda moglie del signor Dall'Angelo. Sono parte integrante della famiglia! -
Ahahahah!!!! Alice sei una cosa incredibile!
Cerco di far sparire immediatamente il sorrisino sul mio viso quando la dottoressa si gira di nuovo per guardarmi - E vivete sotto lo stesso tetto? -
Annuisco, cercando di rimanere seria - Oh, sì. Fa parte della famiglia, non saprei cosa fare senza di lei -
La dottoressa alzò le spalle e mi alza la veste per guardare sotto - Non manca tanto, tra un poco ti porteremo in sala parto -
Le contrazioni si fanno sempre più dolorose e frequenti e devo rinunciare a parlare con la dottoressa.
- Quanto poco con esattezza? - domanda Matteo al mio posto, visto che sono in preda al dolore.
- In questo preciso momento -
Stringo forte la mano a mio marito, ma non per la paura dell'imminente parto, ma per cercare di trattenermi dal bestemmiare in sanscrito contro la dottoressa scema - Adesso? - domando, sperando di aver capito male.
- Esatto - risponde lei dandomi un’altra pacca sul ginocchio - Pronti a diventare genitori? - domanda la donna facendo un gesto a delle infermiere, che si avvicinarono di corsa, spingendo il lettino verso la sala parto.
Non ti fanno fare un corso prima, brutta cretina che non sei altro!!
Una contrazione mi fa urlare talmente forte che un Nazgul sarebbe impallidito e guardo Matteo che cammina accanto al lettino, tenendomi sempre per mano, dicendomi di tenere duro e che tra poco sarebbe tutto finito.
- Angelica, adesso devi restare calma e respirare - mi suggerisce la dottoressa.
Stai zitta brutta scema!! Che hai aspettato l’ultimo momento per portarmi in sala parto!!
Provo a reprimere la voglia di spaccarle qualcosa in testa e cerco di darle ascolto: chiudo gli occhi e cerco di calmarmi. Già il fatto di essere in un ospedale, pronta per partorire due bambini uno dietro l’altro, non mi rende facile la cosa. Sento Matteo che mi lascia la mano e, subito dopo, sento che mi alzano per sistemarmi su un altro lettino. Apro gli occhi e mi trovo a gambe all'aria, ma non me ne importa un fico secco: le contrazioni si fanno sempre più dolorose e non vedo l'ora che sia tutto finito. La pacchia è finita bambini: o venite fuori da soli o vi tiro fuori io.
Mi giro, in cerca di Matteo, e lo vedo accanto al lettino con addosso uno stupido camice di carta e una ridicola cuffietta bianca in testa: se non fossi in queste condizioni gli farei una foto per ridere di lui in eterno. Gli afferro di nuovo la mano e lancio un forte grido, sperando di non fratturare la mano al mio povero maritino che si morde la lingua per trattenere una serie di parolacce.
La dottoressa Rossi sbuca da sotto la vestaglia e mi sorride - Il primo farà male, ma il secondo farà in fretta -
Ti sembrano discorsi da fare?!?!?! - AHHHHHH!! -
- Adesso devi spingere con tutte le tue forze, chiaro? - mi dice la dottoressa e, purtroppo, non posso fare altro che ascoltarla. Stringo i denti e comincio ad urlare e a spingere con tutte le mie forze, e poi ancora e ancora.
- Bravissima Angelica, vedo la testa, spingi ancora - mi dice ancora la donna, dandomi delle piccole pacche sul ginocchio.
Smettila di fare così!! Non sono una vacca che partorisce!! - AHHHHHHH!!!! -
- La testa é fuori, avanti Angelica -
- Amore, come stai? - mi domanda Matteo, togliendomi e io non riesco più a resistere ed esplodo.
- Come cazzo vuoi che mi senta?!?! Ho un marmocchio che sta uscendo da lì!! Fa un male della madonna!! E porca puttana, smettetela di chiedermi come sto!! - urlo contro di lui, stringendogli forte la mano - Vorrei vedere te al mio posto porca ev...AHHHHHHHHH!! -
- Bravissima Angelica, un’ultima spinta e il primo è fuori - mi dice la dottoressa dai capelli sparati.
STA ZITTA BRUTTA SCEMA!!!
Urlo di nuovo e spingo con tutte le mie forze. Lancio un lungo sospiro quando sento dei piccoli vagiti del mio bambino ma, purtroppo, non è ancora finita: ce n’è un altro che deve venire fuori da lì.
- Forza Angelica, ancora un piccolo sforzo e questi dolori saranno solo un brutto ricordo! -
STA ZITTA E FAI IL TUO LAVORO!! Io sto soffrendo già abbastanza senza una scema che continua a dar aria alla bocca.
Lancio un’occhiata a Matteo che si avvicina immediatamente, sussurrandomi qualcosa nell’orecchio. Sorrido: ha promesso di prepararmi una banana split con il gelato, il Nesquik, la panna montata, le ciliegine e qualsiasi altra cosa io desideri. Questo mi basta per sopportare il bis di dolore e urla.
Faccio un profondo respiro e comincio a spingere. Non vedo l’ora di gustarmi quella banana split e di ringraziare il mio maritino come non faccio da otto mesi.
Altre urla, altre parolacce e altre spinte, ma poi, finalmente anche il secondo esce e scoppia in un pianto. Ah, musica per le mie orecchie, ma sono sicura che tra un po’ cambierò sicuramente idea quando mi sveglieranno nel pieno della notte per mangiare.
- È...tutto...finito? - domando. Non riesco nemmeno a parlare e sono sudata da fare schifo.
- Sei stata bravissima, tesoro - mi risponde mio marito.
Finalmente crollo sul lettino, con il fiatone ma riesco a sorridere vedendo Matteo che si avvicina alla dottoressa Rossi che gli porge due fagotti - Un bellissimo bambino e una stupenda bambina -
Mi tiro su con fatica, contenta di abbandonare quella scomoda posizione anche perché non mi sento più il sedere e Matteo si gira subito verso di me, con gli occhi lucidi e un enorme sorriso stampato sul volto, e mi porge mia figlia, avvolta in un asciugamano rosa e nel guardarla mi sento bene.
- Ehi piccolina - sussurro, sfiorandole la testa.
La neonata sbadiglia e muove un po’ le manine, stringendomi il mignolo con entrambe, poi sbadiglia ancora. Sono sicura che ha preso tutto da me.
Primi di dire qualcosa, Matteo mi porge anche l’altro fagotto, e osservo il mio bambino, avvolto anche lui in un asciugamano di colore azzurro che piange come un disperato. Gli do un lieve bacio sulla testa e poi guardo entrambi. Sono bellissimi.
- Dovremmo dare loro un nome. Non possiamo chiamarli numero 1 e numero 2 -
Sorrido e do un bacio sulla testa di mia figlia - Ciao Elena - sussurro, facendo poi la stessa cosa con mio figlio - E ciao anche a te, Daniele -


Perché in questo dannato ospedale non riesco mai a capire se il tempo passa?
Non so con esattezza da quanto tempo hanno portato via Elena e Daniele, ma se non me li riportano al più presto faccio una strage. Adesso sono tranquilla e riposata e quelle maledette contrazioni possono andare a fare...un giro.
Grazie al cielo c’è qualcuno lassù che mi vuole bene: proprio in quel momento entrano due infermiere e mi riportano i miei due stupendi bambini.
Sorrido quando vedo Daniele aprire gli occhietti, riconoscendo immediatamente il familiare colore dell’iride: blu, come gli occhi del papà. Elena invece, dormiva ancora.
Alzo lo sguardo verso Matteo pronta a parlare, ma qualcuno, dopo aver bussato alla porta, entra senza fare tanti complimenti e mi trovo davanti tutta la comitiva con mia madre e la signora Dall’Angelo in testa.
- Ehm...salve -
La mandria di bufali si avvicina pericolosamente al letto e mi baciano, mi abbracciano, mi danno dei pizzicotti, della pacche sulle spalle, mi accarezzano la testa, facendo attenzione a non toccare i bambini. Quando smettono di torturarmi, il gruppo inizia a guardare i due neonati.
- Ma come siete carini! - esclama mia madre prendendomi Elena, che si sveglia immediatamente, minacciando di scoppiare a piangere - Ciao piccolina. Ma quanto bella sei? Vero che sei bella come la nonna? -
Intanto sarà bella come la mamma, altro che nonna. Quanto sono diventata modesta!
Nemmeno il tempo di dire qualcos’altro e mi portano via anche Daniele. Ho tanta voglia di ringhiare come un cane contro tutti i presenti e magari mordere qualche mano. Ho una certa fame in effetti.
- Ciao bellissimo! Cucci, cucci. Sai che sei proprio carino? Prrr... - domanda Elisabeth a mio figlio.
- Che carino -
- È adorabile -
- Pigra come la mamma -
- Ciao piccolina. Sai dire mamma? - domanda Alice, toccando appena il nasino ad Elena, che muove piano le piccole manine.
- FERMI TUTTI! - esclamo ad un tratto - Mi state rincretinendo i figli. Quindi ridatemeli -
Mia madre mi porge Daniele, mentre Elisabeth mi porge Elena - Hai proprio una carina, ma scommetto che da grande sarà testarda come te -
Annuisco e poi prendo un enorme spavento quando Daniele scoppia in lacrime - Che c’è? - gli domando, osservandolo con gli occhietti chiusi.
- Credo che abbia fame - suggerisce la signora Dall’Angelo, lanciando un sospiro, rivolgendosi poi al gruppo - Tutti fuori -
Ha fame, eh? Bene. Ma la domanda è: come diavolo faccio?
Mia madre, sulla porta, mi lancia un’occhiataccia - Beh? Che aspetti Angelica?-
- Io...non so come fare -
- Oh, si invece - dice lei, uscendo dalla stanza, lasciandomi sola con Matteo e i miei figli.
Ehm, ok. Cosa vuoi che sia l’allattamento in confronto al parto?
Slaccio i bottoni della vestaglia, ma prima di fare qualsiasi altra cosa lancio un’occhiataccia a Matteo, che mi guardava a sua volta. Lo ignoro e prendo Daniele, che smise subito di piangere, e lo avvicino al seno. Adesso si arrangia lui, no?
Grazie al cielo a mio figlio questa cosa è venuta naturale, mentre io mi sento un po’ strana con una cosa attaccata a...
- Che strano - sussurra Matteo, interrompendo i miei pensieri sull’allattamento.
- Che c'é di strano?-
- Mi sembra impossibile che abbiamo due bambini così belli - sussurra lui, prendendo Elena in braccio, in modo che Daniele fosse più comodo.
Sorrido - Eppure sono qui - dico, lanciandogli un’occhiata - Tra quanto possiamo tornare a casa? -
- Angelica, aspetta almeno qualche ora - risponde mio marito, cullando la piccola - So che ti annoi a morte e...-
- E voglio la banana split che mi avevi promesso -
- Oh...mi hai sentito? -
- Certo che ti ho sentito, per chi mi hai presa? L’hai promesso e adesso la voglio! -
Matteo mi si avvicina appena e mi bacia sulle labbra - Tutto quello che vuoi, mamma -
______________________________________________________

Martedì, 21 novembre 2023
La donna seduta sulla poltrona interruppe il racconto all’improvviso, abbassando lo sguardo.
- Mamma? Dai continua -
La donna dai capelli corvini osservò i due bambini seduti sul divano, entrambi con i capelli castani e la pelle morbida e rosea, ma la piccola Elena aveva i suoi stessi occhi verdi, mentre Daniele aveva gli occhi come il padre. I suoi figli la guardarono, in attesa che continuasse il racconto improvvisamente interrotto - Ragazzi, penso di dover finire la storia un’altra volta - ammise, facendo poi un piccolo cenno a suo figlio - Daniele, vai a chiamare papà, per favore -
Il bambino si alzò dal divano e salì di corsa le scale, mentre Elena la guardava con la testa piegata - Perché ti sei fermata? -
Lanciò un sospiro, portandosi le mani alla grossa pancia - Credo che stia per arrivare la sorellina -
Matteo e suo figlio scesero di corsa le scale - Amore, cosa c’è? -
- Mi si sono rotte le acque -
- CHE COSA?! -
Lancio un lungo sospiro e mi ritrovo a sorridere. Chi l’avrebbe detto che sarebbe finita così?

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