FANTASY ADVENTURE
Agosto 2008
Genere: Fan Fiction
Descrizione: Il concorso prevedeva la stesura di una storia a tema
fantasy, senza limiti particolari. La scelta dei vincitori è avvenuta tramite
votazione da parte di una giuria scelta dallo staff del Portale.
Collaborazione: nessuna
Premi: nessun premio previsto
Utenti vincitori: sydarex
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LAVORO VINCITORE
Eragon, il primo cavaliere (di sydarex)
L'aria era fresca e piacevole. Un delicato profumo di fiori testimoniava la primavera. Eragon passeggiava ai confini della foresta, rilassato, ma tuttavia attento e guardingo.
Il giovane elfo sapeva bene di dover stare all'erta: i draghi di solito non entravano nella foresta, ma lì ai confini era sempre possibile incontrarne.
Se fosse accaduto, Eragon lo sapeva, non avrebbe avuto scampo.
Tutto era cominciato cinque anni prima. Un elfo, che Eragon aveva incontrato qualche volta, durante una battuta di caccia aveva ucciso un drago. Allora gli elfi non sapevano che i draghi fossero intelligenti - li consideravano alla stregua di altri animali.
I draghi si erano invece rivelati intelligenti quanto un elfo e un nano, e si erano organizzati per una vera e propria guerra. Avevano ucciso l'elfo e poi avevano attaccato l'intero popolo elfico. Da lì, visto che gli elfi non erano riusciti a comunicare con i draghi per spiegare l'errore, si era sfociato in una lotta che rischiava di distruggere entrambi i popoli.
Eragon faceva parte del gruppo politico che meno apprezzava la faida e che aveva cercato il dialogo, prima di essere costretta a cedere in confronto alle fazioni più bellicose.
Avrebbe desiderato trovare il modo di placare le ostilità, ma pareva impossibile. Intanto, però, sia elfi che draghi avevano subito perdite terribili.
Rimuginando su questi argomenti, Eragon continuava a passeggiare, con l'intenzione di arrampicarsi su per le rocce di una collinetta che fiancheggiava il sentiero.
La maggior parte degli elfi non amava uscire dalla foresta, preferendo invece vivere a contatto con gli alberi. Anche Eragon amava gli alberi, ma apprezzava tutto ciò che la natura offriva, e aveva piacere di uscire dalla foresta di tanto in tanto.
Doveva farlo da solo, perché quasi tutti avevano paura di uscire dagli alberi a causa dei draghi.
Agile, saltò da una roccia all'altra allontanandosi sempre più dalla foresta. Vide una grande roccia bianca e ci saltò sopra.
La roccia franò istantaneamente. Eragon cadde all'indietro, sgomento.
Per fortuna, la caduta non provocò una frana, e lui non si ferì.
Si rialzò, stordito. Gli venne in mente che il rumore avrebbe potuto attirare dei draghi. Cercò in fretta una via di fuga e notò che sotto la roccia franata c'era un varco, che dava in una piccola caverna, grande appena abbastanza per ospitare un adulto accucciato.
Dimentico del pericolo, vi entrò. Le pareti erano lisce, levigate. L'unico oggetto era una strana pietra bianca, perfettamente liscia. Era lunga circa un piede. Sembrava pesante.
La prese, cauto, per osservarla alla luce del sole. Pesava meno del previsto. Una volta fuori, la guardò meglio. Aveva sottilissime striature del color dell'ambra.
D'un tratto, capì cosa aveva in mano, e si ritrasse come scottato. Era un uovo di drago. Scioccato, pensò a cosa doveva fare. Gli elfi, per distruggere le uova di drago, usavano speciali spade incantate. Doveva portarlo con sé per poi distruggerlo, o era meglio abbandonarlo e scappare? A quest'ultimo pensiero, ricordò del pericolo che correva a restare lì. Senza pensarci oltre, afferrò l'uovo e corse verso la foresta. Era quasi arrivato quando inciampò. Cadde. L'uovo gli scivolò di mano. Faccia a terra, sbuffò dalla stanchezza.Udì uno squittio attutito. Si guardò intorno, poi il suo sguardo si posò sull'uovo. Si stava aprendo. Seguirono altri squittii. Poi l'uovo si frantumò e ne uscì un essere piccolo ma già maestoso, pur se coperto da una membrana appiccicosa che già stava leccando via. Era bianchissimo. Squadrò Eragon con aria curiosa, poi si guardò intorno. Ogni proposito di uccidere il drago scemò nella mente di Eragon. Si ricordò di dove era e della necessità di mettersi al sicuro. Avanzò incerto, ed allungò la mano per afferrare il drago. Non appena la sua mano lo sfiorò, una scarica di energia gli percorse il braccio.
Sbigottito, indietreggiò precipitosamente. Subito sentì la sua mente espandersi, come quando passava ore ad ascoltare la voce della foresta, e una sensazione di sorpresa venire dal drago. Si osservò la mano, che bruciava. Un ovale di colore bianco gli stava affiorando sul palmo. Si accorse subito di poter comunicare liberamente con il drago, anche se non con la sua lingua, e di non poter interrompere il contatto come con qualsiasi altro essere. Lui e il drago erano legati. Capì che era successo qualcosa di speciale, ma non pericoloso.
Ricordandosi ancora il pericolo che correvano, Eragon gli comunicò una sensazione di urgenza e un'immagine di loro due che entravano nella foresta.
Per un attimo, avvertì una sensazione di assenso, ma poi un'ondata di furia e dolore gli travolse la mente. Avvertì immagini di massacri. Uova spaccate da elfi, cuccioli uccisi, genitori trucidati. Il drago lo guardava con occhi infuocati. Allora, Eragon capì cosa doveva fare. Trasmise tristezza, e immagini di elfi uccisi da draghi, di alberi schiantati e arsi dal fuoco. Il muso del drago fremette.
Poi trasmise un'immagine nuova. Lui cavalcava un grande drago bianco, bello e maestoso, ed insieme volavano dalla grande foresta alle brulle colline e poi nelle vaste distese desertiche dove i draghi vivevano. Insieme facevano da tramite tra draghi ed elfi e i due popoli tornavano a prosperare.
Gli occhi del drago si addolcirono, ed egli trasmise gioia. Rispose con un'immagine di Eragon e una parola.
Eragon.
Eragon annuì. Il drago allora trasmise dubbio, e un'immagine di se stesso.
Eragon sorrise divertito. Ci pensò un attimo, poi gli mostrò la stessa immagine, e un nome.
Bid'Daum.
Bid'Daum squittì, ed Eragon avvertì che era estasiato.
E fu così che Bid'Daum si addentrò nella foresta con Eragon, il primo Cavaliere dei Draghi di Alagaësia, incontro alle imprese cui il fato li aveva destinati.
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ALTRI PARTECIPANTI
La verità (di Alexander92)
Nel camino il fuoco scoppiettava allegramente e le finestre sbarrate. Dopo quasi un anno, Eragon si ritrovava a Ellesmera, nella casa che lo aveva ospitato tempo addietro. Ma stavolta era diverso. Si ritrovava a rimuginare e ripensare a tutto ciò che era successo dopo la battaglia nelle pianure ardenti, dopo il combattimento con Murthag. Infatti l’esercito dell’impero, galvanizzato dalla presenza di un cavaliere di drago tra le sue fila, aveva in cominciato ad abbattere le poche residue difese dei Varden. In più, si era vento a sapere che Eragon era il fratello di Murthag, che stava distruggendo i Varden e i suoi alleati, nonché figlio di un rinnegato, il malvagio Morzan. All’inizio tutti erano sconvolti, soprattutto i nani, che ritenevano una cosa disdicevole combattere al fianco del figlio di un rinnegato. Già era difficile accettarlo per il suo drago, figuriamoci per il suo sporco sangue! E così il più potente alleato dei Varden li aveva abbandonati, e a questo punto neanche gli elfi potevano aiutarli. Inoltre l’esercito dei Varden era demoralizzato, ma non aveva abbandonato, vedendo in Eragon la loro unica speranza. Ma battaglia dopo battaglia, il cavaliere li aveva delusi, e ciò aveva peggiorato ancora di più la situazione. Eragon non riusciva a continuare. Non riusciva a vivere sapendo che nelle sue vene scorreva il putrido sangue di un rinnegato. Anche lui, pian piano, aveva cominciato a dubitare del fatto che “non importa di chi sei figlio, ma chi sei tu”. Si era deciso, infine, nell’unica soluzione efficace e indolore: la fuga. Eragon si era opposto con tutte le sue forze, ma lo sforzo era stato vano. Non era loro possibile perdere altre unità. E così, mentre l’esercito si batteva in un ennesimo scontro che serviva da diversivo, il popolo era fuggito, seguito dai soldati sopravvissuti. L’obbiettivo era rifugiarsi dagli elfi, ma per fare ciò, era stato necessario attraversare l’Hadarac, cosa certo non semplice per un popolo già stanco e demoralizzato di suo. L’unica cosa positiva era che durante la traversata eragon e Saphira erano stati fondamentali per il cibo e l’acqua, cosicché il popolo aveva cominciato a riprendersi. Erano arrivati dagli elfi stanchi morti e affamati. Ma gli elfi avevano provveduto già a tutto. Ma, seppure fossero stati molto previdenti, neanche i loro immensi sforzi erano serviti a molto. Già perché non si aspettavano una così massiccia immigrazione, non avendo contato la popolazione di Carvahall che non avendo dove andare, si erano aggregati al popolo fuggiasco. Era stato un periodo tremendo per Eragon. Si vergognava di se stesso. Si era arreso. Era stato chiuso per quasi una settimana intera nella sua stanza e solo Saphira osava mettersi in contatto con lui. Poi, quella sera, aveva deciso: avrebbe combattuto, a qualunque costo, per la libertà. Prima di poterci ripensare anche solo un istante si era catapultato fuori dalla stanza, aveva sceso le scale a chiocciola saltando i gradini tre a tre.
Vieni, devo parlarti
C’è qualcosa che non va, Eragon?
Non preoccuparti, ho deciso cosa fare
Cosa?
Non posso dirtellìo così, potrebbero intercettarci
Ok dove ci vediamo?
Sotto l’albero di Menoa
E dopo fu il silenzio. Saphira era un po’ preoccupata ma aveva capito. Il suo cavaliere aveva ripreso fiducia in se stesso e aveva capito che ormai era il momento del tutto per tutto, e lui avrebbe combattuto, con tutto se stesso, con tutta la sua anima. Nel frattempo, ERagon aveva mandato un’elfo a chiamare Arya, e subito dopo si catapultava nella distanza assegnata a Roran, lo afferrava e lo trascinava per la strada ingombra di gente che cercava sistemazione per la sua famiglia.
<<Sei completamente impazzito?>> gli chiese il cugino, alquanto spaventato dallo strano comportamento di Eragon.
<<Penso che debba esserci anche tu quncìdo comunicherò ciò che faremo, visto che il popolo di Carvahall è sotto la tua responsabilità>>
In meno di un quarto d’ora si trovarono nei pressi dell’albero di Menoa, dove li attendevano Arya e Saphira, con uno sguardo alquanto preoccupato.
<<Non preoccupatevi, non sono impazzito, ho semplicemente deciso cosa fare>>
<<E perché hai portato lui?>> disse Arya con aria accigliata, indicando Roran con le sue mani affusolate.
<<Lui è responsabile dei profughi di Carvhall e ha dato appoggio ai Varden. >>
<<Ho deciso che combatteremo. Lo so che non abbiamo la più piccola speranza di vincere, ma fuggire non è una soluzione e combattere vorrà dire che noi non abbiamo paura dell’impero. Combattere è la nostra unica speranza>>
Prima di poter fare o dire qualunque altra cosa, Arya gli saltò al collo, in un abbraccio forse più che di un amico.
Speravo di sentirtelo dire un giorno o l’altro
<<Io sono d’accordo, e credo che anche i profughi ti daranno il loro appoggio>>
I varden ti seguiranno, tu sei il loro eroe
<<e anche gli elfi saranno felici di seguirti nella tua impresa>>
<<Ora ho in mente di accordare la pace con i nani, ma…>>
Qualcosa aveva interrotto il discorso di Eragon. Una strana lune biancastra li aveva abbagliati, e la luce veniva dalla base dell’albero. In realtà veniva da tutt’altra parte, ma loro se ne accorsero solo un istante dopo, quando vennero catapultati fuori dalla loro realtà per trovarsi in un luogo sconosciuto. La luce del sole era abbagliante, e la marmaglia dovette aspettare un bel po’ di tempo per abituarsi. Dopo riuscirono a vedere che si trovavano su un isolotto, circondato da due fiumi che scorrevano impetuosi. L’isola intera era occupata da un mastodontico ma rovinoso castello, che emanava strani influssi magici che vibravano nell’aria.
La rocca di Kuhitian
Come in trans, Eragon si diresse quasi correndo verso l’ingresso, ignorando gli avvertimenti di tutti. L’interno era forse ancora più diroccato dell’esterno. Si trovava in quello che doveva essere stata una sala maestosa. Di fronte a lui c’era una grande scalinata, che dava l’impressione di dover crollare da un momento all’altro. Ma Eragon aveva cominciato a seguire quello strano influsso magico, che lo conduceva in cima alla scalinata. Essa non scricchiolò neanche un po’, mentre Eragon camminava quasi senza accorgersene, fissando il vuoto davantia lui. E proprio dal vuoto apparve una luce, un puntino luminoso in qulla lugubre oscurità. Quando arrivò non fece altro che zittire i compagni di viaggio e pronunciare eragon.
A quel punto la luce che aveva davanti esplose in mille scintille, che abbagliarono tutti nella buia desolazione della rocca. Quando riaprirono gli occhi, una figura pallida come un cadavere svolazzava sott lo sguardo stupito del cavaliere. Era indubbiamente una donna, ma aveva un che di mistico. Eragon non ci mise molto per caprire che quella donna era morta.
Eragon, figlio mio, ti attendevo da tempo
Tu sei…
Si, sono Selena tua madre. Vengo per dirti una cosa importantissima. Galbatorix ha imbrogliato Murthag. Voi non siete affatto fratelli da parte di padre , ma soltanto da parte di madre. Morzan…mi ha… obbligata, voleva uccidermi. E così è nato Murthag. Ma io sono scappata da lui, sono tornato da colui che amavo veramente. In quel periodo avevo conosciuto la persona più importante della mia vita. Tu lo conosci molto bene. Ma lui non ha mai avuto il coraggio di dirti la verità, aveva paura di distoglierti dal tuo compito. Lui aveva capito che eri tu che ci avresti salvato, che avresti salvato tutti dalla follia di Galbatorix.
Mio padre…
Si, Eragon, Brom era tuo padre. E io , quando eri appena nato, ho dovuto lasciarti alle cure di tuo zio, per seguire tuo padre. Solo ora mi rendo conto di quanto io sia stata egoista. Ma ti prego devi capirmi. Ma come sei morta?Chi ti ha ucciso? E perché Brom…mio padre, non si è preso cura di me?
Morzan. È lui che mi ha ucciso. Era accecato dalla rabbia, e mi ha ucciso. Lui mi amava, ma aveva deciso di manifestare il suo amore nel modo sbagliato. Brom era furioso e ha incominciato a uccidere tutti i rinnegati, finendo per uccidere Morzan steso. Era turbato e non ha osato tornare da te in quelle condizioni. Così ha cercato la pace lavorando per la distruzione dell’impero, fino a che non ha capito che eri tu il prescelto a far schiudere l’uovo di Saphira.
Ma perché alloera non m i ha detto di essere stato anche lui un cavaliere?
Era ancora scosso da tutto ciò che era successo, la guerra, il regno di galbatorix , la mia perdita, il suo destino è diventato d’un tratto nullo per far nascere il tuo. Ma ora non c’è tempo. TU sei la nostra unica speranza. Ti prego, combatti, e vinci per tutte le ingiustizie, per tutti morti, per il tuo passato.
Lo farò
E subito dopo un altro bagliore si ritrovarono sotto l’albero di menoa. Ora Eragon era certo della sua missione. Lui doveva svelare la verità per far uscire il bene che c’è in ognuno, lui doveva dare la sua forza per sorreggere chi gli stava intorno. Come è vero che la verità è un arma a doppio taglio, a volte può essere la nostra unica speranza.
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Il cacciatore (di mentefiamma)
<<Svegliati, hai dormito anche troppo.>> aprì gli occhi bruscamente, steso su ciò che era stato il suo giaciglio. Guardò la persona che lo aveva chiamato, pur senza riconoscerla. La figura aveva i lineamenti della gente del suo villaggio: capelli scuri, occhi marrone e lineamenti duri. Il ragazzo ci mise qualche secondo a mettere a fuoco il viso che aveva davanti, e benché gli sembrasse familiare non riuscì a riconoscerlo, poichè cominciarono a farsi sentire una dopo l’altra fitte dolorose in un punto imprecisato della tesata. Strizzo gli occhi, e distolse lo sguardo da quel viso che ora sorrideva sollevato. Erano le prime ore della mattina, la rugiada copriva ogni pianta, donando riflessi e giochi di luce alla quercia che torreggiava sopra di lui. Vide alla sua sinistra i resti di un fuoco che probabilmente era stato acceso durante la notte, dove due uomini in armatura lo guardavano con un’espressione di vaga curiosità. Cercò di rialzarsi, facendo leva sui gomiti, ma subito tornò steso, il dolore e le vertigini erano ancora forti.
L’uomo parlò di novo: <<e si brutto colpo Orwen, devi aver sbattuto la testa cadendo, ma per fortuna te la sei cavata con un bel graffio e un bernoccolo.>>; rivolgendo di nuovo lo sguardo sull’uomo che gli stava vicino il ragazzo scrutò meglio la figura, cercando di distrarsi dal forte dolore.
Portava una corazza azzurra sulla quale la rappresentazione di un drago in rilievo si attorcigliava partendo arresto del braccio destro, percorreva il pettorale coprendolo con le ali e terminava con una testa dai denti digrignati che fungeva da spallaccio. Riconoscendo la strana armatura ad Orwen cominciò a tornare la memoria, sottoforma di immagini disordinate che come lampi illuminavano la mente del giovane, restituendogli a poco a poco i sui ricordi. Furono le emozioni provate in quegli episodi a ritornare per prime. Come lampi, illuminavano la mente del ragazzo: la felicità della festa, la paura per il viaggio, l’eccitazione della partenza e infine quegli occhi, rossi profondi, impauriti e selvaggi, poi buio.
Riconobbe, infine l’uomo che gli era vicino; era Elcan, l’uomo a cui la sua vita era stata affidata. Insieme a lui, qualche mese prima, aveva intrapreso quel viaggio con un unico scopo: uccidere la creatura che aveva fatto a pezzi metà del loro villaggio.
Benché la memoria fosse ormai tornata, Rowen non riusciva a ricordare cosa fosse successo la sera prima, e come si fosse procurato quella ferita. Cercò allora le parole tra la sua confusione e, a fatica, disse: <<gli occhi, occhi rossi erano… terribili… colpito… buio.>> Elcan si alzò, andò verso il suo cavallo, prese dalla borsa una borraccia in pelle e la porse al ragazzo, che ne bevve assetato, mandandosi un po’ d’acqua di traverso, a causa della posizione in cui era. Dopo che il suo interlocutore si fu ripreso, Elcan rispose, con un tono quasi divertito: <<E si, in effetti è andata più o meno così… Eravamo solo cinque, e tu sei solo un adepto… diamine dovevo capirlo.>> il sollievo era stato sostituito dalla rabbia e da un grande senso di colpa. Biascicò le ultime parole strappandole dalle labbra consapevole del rischio che aveva fatto correre a lui e a coloro che lo seguivano.
<<Che cosa è successo?>>- chiese di nuovo Orwen -<<Ricordo solo… quegli occhi, poi sono caduto credo, e non ricordo più nulla.>> <<E’ andata così, solo che non sei caduto, quel demone alato ti ha buttato giù con una zampata.>> fece una pausa, bevve a sua volta dalla borraccia e continuò: <<era una dannata tana quella. Diamine dovevo capirlo, ho pensato che fosse solo la schifosa dimora di uno di quegli esseri schifosi che l’impero chiama urgali.>> sputò, poi si diresse verso il carretto delle provviste, dal quale estrasse delle bende pulite e le mise in ammollo in un pentolino d’acqua calda. << A quanto pare mi sono sbagliato. Da quel buco e venuta fuori una vampata tremenda non appena mi sono avvicinato all’ingresso, ricordi?>> Rowen annuì <<diavolo non oso pensare a cosa mi sarebbe successo se non avessi alzato lo scudo in tempo. E’ venuto fuori e mi è saltato addosso. Ho gridato a Gendrel di lanciare le reti, ma quel bastardo è stato dannatamente veloce, le ha evitate ed è saltato verso di te, credo ti abbia dato una zampata e che tu sia caduto da cavallo… Approposito, cosa credevi di fare con quello stecchino di ferro? Lo so che hai fegato ragazzo, ma una spada corta agitata da cavallo contro un drago –seppur giovane- non è la migliore delle difese…>>.<<Bel tentativo lo stesso…>>aggiunse, con un nuovo sorriso sul volto.
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La Battaglia del Farthen'Dur (di Edward92)
PRIMA PARTE
La luna splendeva alta nel cielo, intrufolatasi dentro le miriadi di stelle, che quella notte splendevano più che mai. Fios si accovacciò a terra, per non farsi vedere dalle guardie dell’impero che marciavano verso il magazzino. Spada stretta in pugno, si avvicinò ad una guardia, che per un attimo si distaccò dal gruppo. Con uno scatto agile, afferrò il collo della guardia, spezzandolo in due. Le guardie continuarono a camminare come se non fosse successo nulla.
Fece cenno agi altri di seguirlo. Grian arrivò per primo<<tutte le sentinelle sono state uccise, mancano solo quelle del retro>>
Fios accennò con la mano<<dividete il gruppo in due formazioni. Uno a est e l’altro a ovest>> Grian rinfoderò la scimitarra nell’ elsa, per poi ritornare indietro.
Fios proseguì da solo. Sulla cintura portava una sacchetto pieno di polvere da sparo; la loro intenzione era quelle di mandare a fuoco il magazzino, dove si portavano i rifornimenti di cibo e armi. Questo sarebbe stato un ottimo avvertimento per Galbatorix. Uscì dalla trincea scavata appositamente per non farsi scorgere dagli arcieri appostati sulle vedette della torre. Strisciando, si portò vicino alla parete. Di fronte a lui si trovava il magazzino. Era fatto interamente di legno e paglia, ottimi combustibili. Grian diede il segnale d’attacco. I due gruppi iniziarono a muoversi separatamente. Uno era da esca, l’altro aveva il compito di uccidere le guardie passate in precedenza vicino Fior, che intanto aspettava il suono delle campane.
Un rimbombo attraversò tutta la piana, spaventando gli animali. Era il momento di entrare in azione. Iniziò a correre verso il magazzino, schivando le frecce degli arcieri; entrò nel magazzino incolume.
Il gruppo di Grian, iniziò la caccia. Riuscirono a trovare subito il gruppo di nemici e con un rapido attacco avrebbero dovuti ucciderli facilmente. Il primo ad attaccare fu Abhac, l’univo nano presente. Che scagliò con tutta la sua forza un coltellino, che si andò a conficcare sul cranio del nemico, facendo uscire gorghi di sangue. Il gruppo di guardie si accorse del pericolo incombente, attaccando a loro volta. Grian sfoderò la scimitarra, seguito dagli altri soldati, che si scagliarono sul nemico. Una piccola battaglia ebbe iniziò.
Grian parò il primo fendente, per poi attaccare come un pazzo, cercando di sfondare le difese del nemico. Un attimo di distrazione della guardia gli costò la vita. La scimitarra di Grian incontrò la carne, tagliandogli l’addome. Il sangue zampillò da tutte le parti, mentre la guardia si accasciò a terra, cercando di trattenersi lo stomaco che fuoriusciva, seguendo il fiume di sangue.
Anche gli altri soldati se la cavarono egregiamente. Abhac, impugnava un’ascia a doppio taglio, e con facilità riusciva a sfondare le difese, per poi tagliare la carne. L’ultima guardia fu la sua. Il nemico impugnava una lancia, facile preda per un’ascia. Tentò di difendersi, cercando un affondo. Abhac parò l’attacco e involontariamente spezzò la lancia. L’ultima cosa che vide la guardia, fu l’ascia di Abhac che si schiantava sul suo cranio.
Fios cercava il punto giusto per piazzare quella sorta di esplosivo. Ma non c’era niente di buono, per appiccare un vero incendio. Il magazzino era lungo un tiro di lancia e alto altrettanto, quindi bisognava trovare qualcosa di estremamente pericoloso; cosa sarebbe servito per appiccare un incendio?
Un gruppo di barili carichi d’olio fu la risposta alle sue domande. Estrasse dalla cintura, il sacchetto, che conteneva la polvere da sparo. Legò un piccolo filo al sacchetto e l’estremità ad un barile. Ora bisognava trovare delle pietra per accendere il fuoco. Uscì dal magazzino e iniziò a cercare nell’ombra.
Incontrò tre guardie che correvano verso di lui, capì subito che lo avevano scoperto. Prese un coltellino, lanciandolo su una guardia. La guardia si fermò di colpo, aspettando che il coltellino si conficcasse sull’occhio. Urla disperate si propagarono per tutta la via. Poi sfilò la spada e attaccò. Tempestò le guardie con una serie di colpi e finte. Diede un calcio agli stinchi di una guardia e si prese cura dell’altra. Caricò un poderoso fendente verso le costole, che venne parato per un soffio. Si abbassò e tentò un affondo. La guardie si scansò di lato, ma quello era solo un pretesto per Fios, per poi rimandare un fendente verso le costole. La spada si conficcò dentro. Cercò di sfilarla, sena esito. Afferrando la spada con tutte e due le mani e portando la gamba sinistra sul torace dell’uomo, iniziò a strattonare la spada. Riuscì a sfilarla, facendo schizzare via pezzi di costole e carne, uniti al sangue, che si disperse per terra, formando una pozza.
Riuscì a scorgere in lontananza due pietre di media grandezza. Raccogliendole, si diresse nel magazzino.
Strofinò le pietra l’una contro l’altra. Piccole scintille iniziarono ad uscire, cadendo sulla cordicella, che lentamente prendeva fuoco. Mancavano pochi secondi prima dell’esplosione; doveva uscire da li in fretta. Uscì dal magazzino anche prima di quanto sperasse, avendo tutto il tempo di mettersi a riparo, scelse un posto accurato, dove poter vedere l’esplosione.
Prima di riuscire a mettersi in salvo, delle guardie lo circondarono. Impugnavano tutti lunghe spade. Fios non aveva il tempo di uccidere gli aggressori e poi nascondersi. Così decise di sfondare. In quei dieci secondi di tempo rimasto, aveva intenzione di saltare le guardie e scappare. Scagliò la spada in pieno petto di una guardia, per poi mettersi a correre il più velocemente possibile. Anche le guardie della torre gli puntarono le armi contro, ma ciò non impensierì Fios. Un fendente gli tagliò di striscio il braccio, per poi solcare l’aria calda di quella notte intensa.
Si gettò a terra, seguito dall’esplosione, che illuminò tutto il terreno circostante. Mille pezzi di legno incandescente caddero dal cielo, per poi schiantarsi sul terreno, formando piccoli incendi. La missione aveva avuto successo. Il magazzino che si trovava all’estremità meridionale di Uru’ben era stato appena messo a fuoco.
Grian raggiunge Fios e aiutandolo ad alzarlo disse<<missione compiuta capitano. Dirigiamoci verso i cavalli insieme ai sopravissuti>>
Fios si blocco e avvicinandosi minacciosamente ringhiò<<sopravissuti? Vuoi dire che ci sono state delle perdite?>>
Il sergente abbassò lo sguardo<<Kestix, Jin, Rolf e Gheman sono morti in combattimento. Ci hanno colti di sorpresa e…>> venne bloccato dall’arrivo di altre guardie.
Scelsero di non combattere e di correre verso i cavalli. In fondo alla via gli aspettava il gruppo di soldati, pronti al galoppo. Salirono in groppa ai cavalli e scapparono, prima che le cose peggiorassero.
Ormai si trovavano fuori pericolo. Erano diretti verso il Farten’dur, per dare rapporto ad Ajhad, il capo dei Varden. Un gruppo di ribelli, che lottavano contro le ingiustizie inferte da Galbatorix, il nuovo Re di Alagaesia. Fios e Grian si trovavano d’avanti a tutti. Fios si voltò verso Grian. Non gli aveva mai chiesto quanti anni aveva, anche se ne mostrava parecchi. Secondo lui doveva avere minimo quaranta stagioni. Stava diventando vecchio per fare il soldato. Anche se continuava a svolgere i suoi compiti con ottime prestazioni. Molto probabilmente solo quello lo separava dal congedo. I cuoi capelli si stavano sbiancando e il suo viso stava per accogliere le rughe della vecchiaia. Indossava una cotta di maglia e dei pantaloni di pelle, uniti a degli stivaletti di cuoio. Odiava perdere i membri della sua banda e specialmente non potergli dare una buona sepoltura.
Chiuse per un attimo gli occhi, cercando di scrollarsi la fatica di dosso, poi chiese<<i corpi dei soldati caduti gli avete lasciati li?>>
Grian ci mise qualche secondo per rispondere<< ci stavano molte guardie addosso>> <<quindi non gli avete sepolti?>> <<no>> rispose con riluttanza, come se quella parola non l’avrebbe mai voluta dire.
Fios accennò con il capo un assenso, per tranquillizzare il sergente<< i soldati hanno bisogno di riposo. Ma non ci possiamo permettere di accamparci. Forse le guardie ci staranno seguendo e non voglio perdere il vantaggio>> poi fermò la coda, rivolgendosi a tutti<<ci fermeremo per pochi minuti, poi ripartiremo. Aspetteremo stasera per dormire>>
Molti soldati scesero dai loro cavalli, sedendosi insieme ad altri, per parlare e ridere in pace. Fios invece scelse la solitudine, per pianificare i prossimi eventi.
Una brezza giocava con i suoi abiti e gli carezzava il viso. La cotta di maglia che indossava sembrava danzare insieme al vento. I suoi pantaloni e gli stivali, invece, non accennavano nessun tipo di movimenti. Il sole era alto e la giornata calda. Stormi di uccelli bianchissimi sorvolavano le piane lontane.
Il vento soffiava sui capelli biondi di Fios. Si schermava i suoi occhi chiari con la mano destra, pensando alla sua prossima tappa.
Dovevano passare nel deserto di Hadarach, oppure costeggiarlo ed affrontare qualche saccheggiatore. Prese la decisione di attraversare i confini del deserto.
Si girò verso il cavallo, prendendo la borraccia colma d’acqua calda e sorseggiandola a piccoli sorsi si avvicinò a Grian, intento ad affilare la propria scimitarra con una pietra<<è il momento di partire>> accennò Fios, per poi ordinare a voce alta, per far sentire a tutti<<preparatevi per il viaggio, e in fretta!>>
Tutti iniziarono a prepararsi, mettendo a posto le armi e le borracce. Erano tutti pronti, così si rimisero in marcia.
SECONDA PARTE
Erano giunti lungo il sentiero che portava ai monti Beor. Era quasi sera, e i soldati iniziarono ad accennare i primi sintomi di stanchezza. Poche miglia e si sarebbero potuti riposare. Fios si trovava in fondo alla coda, per avvistare eventuali attacchi, poi decise di raggiungere Grian<<tra poco ci accampiamo, avvisa tutti>> con un cenno del capo Grian tirò le redini del cavallo, galoppando verso il fondo della fila.
Decisero di accamparsi ai bordi di una rupe. Fios ordinò di accendere un falò, sedendosi accanto a Grian e ad altri soldati, che chiacchieravano e scherzavo. Mise tre soldati di guardia, che si alternavano con altri tre. Era giunto il momento di mettersi a dormire. Entro il giorno dopo dovevano aver raggiunto l’inizio del Farten’dur, per poi prendere una galleria che gi avrebbe portati dentro la città montagna.
Dormivano tutti, solo i rumori delle cicale stracciava quel silenzio straziante. Fios venne svegliato da un rumore insolito. Trascinò la mano verso la spada, sedendosi. Cercò di scorgere i soldati di guardia, ma non riuscì a vedere nessuno. Questo lo allarmò, così decise di alzarsi e andare a vedere se tutto fosse in ordine. Approfittò delle zone ombrose per correre inosservato. Il suo sguardo venne rapito da un’ombra che correva verso di lui. Non sapendo chi fosse, decise di mettersi in posizione di combattimento. Altre ombre sbucarono dietro l’ombra. Era più di tre, così iniziò a gridare, cercando di svegliare tutti. Un paio di soldati capirono subito quello che stava succedendo, così spada in pugno, si avviarono verso Fios, che intanto si gettava all’attacco.
Al buio non riuscì a scorgere il lineamenti delle loro facce, ma una cosa era certa, non erano umani. Avevano corna ricurve, ed erano robusti, con delle braccia sproporzionate alle loro facce squadrate. Emanavano ruggiti rombanti e attaccavano forsennatamente. Uno di loro, il più grosso, attaccò Fios, che si difese con dei colpi di spada che avrebbero distrutto qualsiasi tipo di difesa, tranne quella del suo agressore. Riusciva a parare i colpi come se niente fosse, per poi riattaccare, con maggiore vigore. Attraverso una sprazzo di luce, accesa da altri soldati, notò che erano Urgali, per la precisione Kull.
Fios si gettò a terra per evitare un fendente che gli avrebbe tagliato la testa. Rialzandosi affondò la spada lungo le costole, facendo uscire sangue denso. Il Kull si accasciò a terra, premendosi il punto ferito con le sue enormi zanne.
Altri due Kull, più piccoli di quello appena liquidato, stavano per avere la meglio sui soldati, che tentavano di attaccare. Fios cercò di coglierli alla sprovvista, approfittando del loro momento di distrazione. Avvicinatosi ad un Kull che stava per conficcare il suo spadone sul petto di un soldato, alzò la sua spada, per pi conficcarla sulla schiena del Kull, che iniziò a contorcersi. L’ultimo Kull non tentò la fuga, al contrario, attaccò con tutte le sue forze. Ma era solo contro tre soldati e non resistette per qualche secondo. Il nemico venne abbattuto con un colpo di lancia, che andò a conficcarsi sul collo.
Pochi istanti dopo altri Kull sbucarono dal nulla. Erano troppi, l’unica cosa da fare era scappare. Ormai si erano svegliati tutti, tranne qualcuno che aveva bevuto troppo. Con delle pacche riuscì a svegliarli e a metterli in piedi<<dobbiamo scappare, un esercito di Kull sta venendo dalla parte nostra! Sbrigatevi!>>
Tutti erano pronti, tranne Grian, che stava preparando le redini; era pronto. Iniziarono a galoppare il più velocemente possibile per riuscire a distanziarli, ma con il buio incombente era impossibile riuscire a vedere se realmente prendevano del vantaggio<<rimanete compatti!>> ringhiò Fios, mentre salivano sulla rupe.
I Kull non si scorgevano, ma si sentivano i loro passi e il loro fiato. Fios capì che gli avevano raggiunti.
Dalla retroguardia si sentì un urlo. Un soldato era stato colpito da un Kull e disarcionato.
Fios guardava la morte negli occhi dei soldati. L’unico a non perdere il controllo fu Grian, che piegato verso il collo del cavallo, aumentò la velocità, superando Fios.
La via portava in cima alla rupe. Un altro urlo fece drizzare Fios, che decise che era meglio morire combattendo che scappando<<saliamo in cima, li affronteremo li!>> l’ordine venne sentito da tutti, attraverso un profondo eco.
Era arrivati in cima. Il posto era illuminato dal chiarore della luna, che in quel momento stava per cedere il posto al sole. Quelli che avevano in mano gli archi, gli uscirono subito, scoccando una marea di frecce, che uccisero i Kull che non avevano gli scudi con cui difendersi. Anche Fios aveva un arco. Estrasse dalla faretra l’ultima freccia, scagliandola nell’occhio di un Kull, che secondo lui era il più pericoloso, dato che impugnava un’ascia da combattimento.
Il gruppo di Fios era in svantaggio numerico. I Kull superavano il loro numero di almeno tre volte. Iniziarono combattere, ma era chiaro che avrebbero perso, se non fosse stato per un miracolo da parte degli Dei. Fios fronteggiò due Kull che impugnavano spade seghettate. Erano più forti dei precedenti, ma non avevano tecnica. Fios tentò un fendente che venne parato egregiamente dal Kull, che fece qualche passo indietro, lasciando il posto all’altro. Fios schivò un fendente che gli avrebbe squarciato il petto e con uno scatto di reni affondò la spada nel ventre del nemico. Poi girandosi tagliò la milza dell’altro Kull.
Abhac non aveva problemi a fronteggiare questi Kull. Impugnavano spade arrugginite e per lui era facile riuscire a sfondare. Tagliò la spada di un Kull, facendo andare le schegge nell’occhio, vomitando ringhi di dolore. Il Kull si sporse un po’ troppo, così Abhac lo spinse giù dalla rupe.
Si abbassò, schivando un fendente che puntava verso il suo collo. Dando uno calcio agli stinchi, riuscì menargli un rapido colpo al collo, facendo cadere il suo testone per terra.
Grian aveva qualche problema. Combatteva contro tre Kull che impugnavano delle strane lance. La sua scimitarra però era abbastanza lunga da poterle spezzare. Attraverso una serie di combo, spezzò due lance, e spaccò il cranio ad un Kull, che iniziò a muovere a casaccio la lancia, ferendo i suoi compagni. Grian approfittò per tagliare l’addome e affondare la scimitarra nel cuore di un altro; se mai avessero avuto un cuore.
Fios combattendo contro un altro Kull, notò che avevano più perdite che uccisioni. Una rombo di ali bloccò tutti. Alzarono le teste, guardando nel cielo. Un enorme drago color zaffiro volava verso di loro. Le sue enormi zanne brillavano nel cielo e le squame riflettevano i caldi raggi dell’alba. Il drago attaccò i Kull. Spazzandoli via, con artigliate, dilaniandoli e buttandoli giù dalla rupe. Rimasero tutti allibiti da tale bellezza e forza, da non poter nemmeno muoversi.
I Kull erano tutti morti, nessuno era riuscito a toccarlo nemmeno. Il drago si avvicinò verso Fios, guardandolo dritto negli occhi. Anche Fios lo guardava, con un po’ di timore. Sentì echeggiare nella propria testa delle parole. Il drago gli stava parlando<<siamo amici, non avete paura>>
Fios continuava a guardarlo negli occhi<<va bene>> non sapeva se il drago lo avrebbe capito.
Alzò le sue enormi ali e scese dalla rupe, con una velocità sorprendente. Fios salì sul suo cavallo<<rimettiamoci in marcia!>> tutti si rimisero in sella, scavalcando i corpi dei Kull uccisi. Abhac si avvicinò a Fios<<ce la siamo vista brutta. Chissà chi è quel drago. Se ci ha aiutati forse è nostro amico>>
Fios non sapeva rispondere e sperava come tutti. Scesero dalla rupe e lentamente si rimisero in marcia, rimpiangendo gli amici persi in quella battaglia.
TERZA PARTE
Il tunnel che gli avrebbe portato al Farten’dur si estendeva per tutta la piana. Fios fu il primo ad entrarci, seguito da Grian e Abhac. Il buio dominava su tutto ed era difficile orientarsi. Ma solo il fatto di sentirsi vecino casa, gli rasserenava. Fios cavalcava in prima fila, impugnando una torcia, che faceva fuoriuscire un fievole fiocco di fuoco.
Rimbombavano i rumori degli zoccoli dei cavalli, qualche volta si sentiva il tossire di qualcuno; il posto brulicava di polvere.
Grian raggiunse Abhac<<Fios mi sembra giù di corda. Non si aspettava di perdere altri uomini>>
Abhac abbassò il capo<<anch’io non mi aspettavo un attacco da parte dei Kull. Siamo salvi solo grazie a quel drago. Chissà da che parte sta, ci farebbe comodo un drago come alleato. Specialmente se forte come quello>>
Fios non potè fare a meno di ascoltare la loro conversazione<<penso che quel drago sia nostro alleato. Altrimenti non ci avrebbe aiutati>>
Il discorso si chiuse lì quando dei rumori ormeggiarono per tutto il tunnel. Provenivano dall’esterno. Improvvisamente la galleria iniziò a crollare. Enormi massi cadevano dall’alto, rischiando di ferire soldati. Fios ringhiò<<corriamo!!>>
Tutti scattarono in una corsa sfrenata, schivando i blocchi di pietra che precipitavano sulle loro teste. Mancavano pochi metri all’arrivo. La macerie, stavano per bloccare l’uscita, si dovevano affrettare.
Altri secondi e sarebbero usciti da quell’inferno. Iniziò a crollare tutto. Stavano uscendo, quando una pietra colpì in testa Fios, disarcionandolo. Riuscì a cadere fuori dal tunnel, tranne il cavallo, che venne inghiottito dalla cascata di massi.
Fios alzò la testa. Un enorme drago sorvolava la zona. Il suo destriero era un ragazzo, che doveva avere poche stagioni. Il drago stava facendo crollare tutti i tunnel. Fios ordinò di tornare alle proprie case e di rincontrarsi nella piazza centrale.
Il Farten’dur era una città fondata all’interno di un vulcano, fra i monti Beor. Non c’era uno sprazzo di vento, cosa poco gradita da tutti.
Iniziò a galoppare velocemente verso il trono di Ajhad, che distava pochi metri. Voleva sapere cosa stava succedendo. Scese dal cavallo ed entrò nella sala del trono.
Ajhad, un uomo alto, robusto e dall’aspetto fiero, camminava verso di lui. La sua pelle nera riluceva sotto la luce delle lanterne appesa sulle pareti<<un esercito di Urgali sta marciando verso di noi. Non sappiamo se ci sono anche i soldati di Galbatorix. Inoltre abbiamo un nuovo cavaliere dei draghi. È un umano. Si chiama Eragon e il suo drago Saphira. Ci ha riferito del vostro arrivo, dopo che vi aiutati con quella truppa di ricognizione degli Urgali>>
Fios rimase allibito<<un nuovo cavaliere!! È fantastico!! Perché gli stai facendo chiudere i tunnel?>>
<<per farli sbucare solo da una parte, in questo modo riusciremo a combattere meglio>>
Suonarono le campane di allarme.
Ajihad ordinò<<andate a mettervi nelle retroguardia. La battaglia si svolgerà al centro del Farten’dur>> detto questo uscì dalla stanza correndo.
Un nano entrò nella sala, con in mano un armatura, fatta interamente di acciaio. Fios se la infilò ed uscì a sua volta dalla stanza, pensando agli altri della sua banda.
Arrivato sul posto notò Grian e Abhac che parlavano. Indossavano tutti e due delle armature, della stesso materiale di quella sua.
Non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsi a loro, che in lontananza sentì udire le grida degli Urgali che cadevano sotto le loro trappole. Riuscì a scorgere il nuovo cavaliere e un ragazzo in sella ad un cavallo.
Arrivarono anche un vecchio e Arya, la futura regina degli elfi. Dall’ombra uscirono sagome di Urgali e Kull, che calpestavano i corpi dei loro compagni deceduti. La battaglia ebbe inizio. I due eserciti si scontrarono con un fragore metallico. Le spada cozzavano con le spade. Le ascie si scontravano sugli scudi. Un ondata di frecce uscirono dall’esercito amico, uccidendo vari Urgali e Kull.
La battaglia prese una brutta piega, quando i nemici raggiunsero anche la retroguardia. Eragon e il suo drago partirono alla carica, con una forza immane. Tagliando e dilaniando la carne dei loro nemici.
Anche Grian, Abhac e Fios si lanciarono all’attacco. Il suo primo nemico fu un Kull che impugnava una spada seghettata. Fios brandiva una spada normale. Parando un fendente, riuscì ad abbassarsi e conficcare la sua spada sul petto. Un urgali gli sbucò da dietro. Con la sua mazza, cercò di colpirlo in testa. Schivando l’attacco, diede una calcio dritto al ginocchio del nemico. L’urgali non potè reggersi in piedi, dato che il ginocchio si era piegato al contrario. Tagliò il ventre del nemico e iniziò a cercare un altra preda.
Grian era preso dalla frenesia da battaglia e si scagliava con tutte le sue energie addosso ai nemici. Danzava con una velocità incredibile, facendo incontrare la propria spada sulla carne degli Urgali, che non riuscivano nemmeno a contrattaccare. Fios si accorse delle grandi potenzialità di Grian, era davvero un ottimo guerriero.
Abhac spaccava crani a volontà con la sua ascia a doppio taglio. Infrangendo scudi, spezzando lance e deviando fendenti.
Si sentirono urla disperate in lontananza; il drago stava facendo una carneficina. Fios non vedeva l’ora di unirsi al massacro. Iniziò a correre verso Eragon, che fronteggiava due Kull. Sorprese il nemico sfondandogli il cranio, per poi piazzare la gamba e tirare la spada di peso; il cervello della creatura schizzò fuori. Il ragazzo lo guardò negli occhi, senza accennarli una parola e riprese a combattere.
Eragon salì sul drago, dirigendosi verso una torre. Passarono ore e ore di combattimento. Solo allora la fatica iniziò a impedire a Fios di combattere con frenesia.
Stavano perdendo la guerra. Ogni Urgali o Kull ucciso, veniva sostituito da un altro Urgali. La lucidità gli abbandonò. Il terreno era pieno di carcasse di tutte e due i fronti.
Fios venne circondato da tre Urgali e due Kull. Un’ondata spazzò tutti via. Caddero tutti a terra. I nemici iniziarono a muoversi stranamente.
Approfittarono del momento per attaccare, nuove energie prevalsero sulla stanchezza. I nemici iniziarono a combattere fra di loro. Questo diede la possibilità ai Varden di vincere la guerra.
Fios era stato ferito in vari punti, tutte ferite superficiali. La guerra era stata vinta, ma la furia di Galbatorix sarebbe durata ancora per molto. Come si diceva” abbiamo vinto la battaglia, ma non la guerra”
I lamenti dei soldati feriti accheggiarono per tutta città montagna, mentre Eragon e Saphira camminavano in mezzo ai corpi deceduti e curando i feriti. Fios cercava i suoi amici con disperazione. Incontrò Abhac e Grian seduti accanto al corpo del loro Re. Ajhad era stato ucciso in battaglia. Quel giorno ci furono molte perdite, ma questo contribuì a dare loro la forza di andare avanti. Si abbracciarono tutti e tre, rimpiangendo tutti i morti e specialmente la morte del loro caro Re. Anche lo zaffiro stellato fu distrutto per uccidere lo spettro che comandava le povere anime degli Urgali e dei Kull, che contro la loro volontà furono costretti a combattere e morire. La guerra sarebbe durata per molto tempo, bisognava solo stringere i denti e continuare a lottare con tutte le proprie forze.