Sapete un paio di giorni fa stavo leggendo una trilogia, che mi è piaciuta molto. Siccome detesto che i libri finiscano, ho deciso di continuarla. Questo significa che tutto questo mondo non l'ho inventato io, ma solo alcuni personaggi, mentre altri esistevano già.
Spero che vi piaccia

Sam respirò.
Era accucciata dietro l'angolo della casa, pronta a balzare. Poco lontano sentiva il chiacchiericcio dei vampiri.
Si trovava in uno stretto vicolo a Manhattan, e stava per entrare in una delle tane di vampiri fuorilegge.
Problema numero uno pensò Sam la guardia.
I vampiri lasciavano sempre qualcuno a guardia, sia di giorno, quando erano più vulnerabili, sia di notte, quando la maggior parte di loro andava a far baldoria.
Il momento ideale per andare a caccia di vampiri era un paio d'ore prima dell'alba: erano già rientrati dalle loro scorribande notturne, ma i vampiri di guardia non erano tanti come di giorno, quando si riunivano in una decina – all'ombra ovviamente – e sorvegliavano gli ingressi.
Adesso c'erano tre vampiri all'entrata principale, molti all'interno della tana erano svegli, ma era probabile che qualcuno stesse già dormendo.
La ragazza sguainò il pugnale. Era un pugnale particolare: l'impugnatura d'argento, per bruciare i lupi mannari, e la lama di legno, per impalare i vampiri.
C'era inciso un simbolo, sopra la lama. Due pugnali incrociati, inscritti in un triangolo. Il simbolo della famiglia di sua madre.
Uscì fuori dal nascondiglio con velocità. I vampiri la avvistarono quasi subito, nonostante fosse vestita di nero e si confondesse con le ombre.
Infilzò il primo in pieno cuore, mentre il secondo cercava di morderla gli diede un calcio con il tacco dello stivale. Il vampiro urlò al contatto del motivo a croci d'argento che ornava la suola, ma morì poco dopo. Il terzo cercò di rientrare nel edificio per avvisare gli altri, ma Sam lanciò il pugnale e lo beccò alla base del cranio.
Si avvicinò al cadavere. Il vampiro era morto con una strana smorfia: i canini sguainati, gli occhi spaventosamente aggressivi.
Riprese il pugnale e lo pulì per bene sulla gamba dei pantaloni del vampiro, poi nascose i cadaveri dentro un bidone della spazzatura. Probabilmente da lì a un'ora sarebbero stati solo polvere. Si decomponevano in fretta.
Problema numero due: dove trovare gli altri?
Di solito i vampiri stavano nei piani alti, ignorando le porte, le scale ed il resto. I vampiri per bene. Quel “clan” invece faceva affari con altri Nascosti.
I Nascosti erano coloro che dentro di loro avevano sangue di demone. Il Popolo Fatato, che si diceva fossero frutto dell'unione di angeli e di demoni, gli stregoni, che erano metà demoni e metà umani e i vampiri e i licantropi, che diventavano ciò che diventavano perchè colpiti da malattie demoniache. I Nascosti ed il Conclave avevano rapporti limitati dagli Accordi, quindi i Cacciatori non avevano il permesso di uccidere dei Nascosti. A meno che non fossero dei fuorilegge.
Sam aveva passato una settimana a spiare quel clan, ed aveva visto abbastanza. Erano dei sicari, venivano assoldati per compiere dei lavori per i Nascosti.
Non era la prima volta che vedeva qualcosa del genere. Se un Nascosto aveva un problema con un altro andava dai sicari e gli chiedeva di ucciderlo. Una guerra fredda fra Nascosti. Ovviamente questo tipo di comportamento era illegale secondo gli Accordi, anche perchè questi vampiri venivano pagati con sangue umano, cosa assolutamente proibita.
Sam salì le scale silenziosamente. Aveva i nervi tesi al massimo, pronti a cogliere ogni minimo rumore. Tra le mani teneva una pietra runica, per farsi luce, ma la spense velocemente non appena sentì dei suoni sospetti.
Rumori di passi. La Cacciatrice prese il pugnale e tese il braccio all'indietro. Quando lo lanciò, non si basò sulla vista, ma sull'udito. Se ascoltava con attenzione poteva capire benissimo come erano posizionati i nemici. Voltò l'angolo e scagliò il pugnale.
Un attimo dopo avrebbe voluto fermarlo, ma era troppo tardi. Girò elegantemente nell'aria e si conficcò con precisione nella spalla del ragazzo.
Un gemito.
- Merda – esclamò. Aveva capito che quelli non erano vampiri, ma, come lei, Cacciatori. Si poteva finire male per aver attaccato un Cacciatore, soprattutto secondo di che famiglia era.
Si avvicinò di qualche passo ai tre individui, ma mantenne lo stesso una distanza di sicurezza. Quello che aveva colpito si era accasciato a terra e gli altri due lo sostenevano.
- Ma sei scema?! – ad aggredirla fu una ragazza.
Era bella, notò Sam. Bella in un modo aggressivo. Aveva i capelli neri, lunghi, ed occhi scuri. La sua carnagione era pallida e Sam notò distrattamente il ciondolo che portava al collo. Un tempo ne aveva uno così anche lei. Un ciondolo che pulsava in presenza di demoni.
- Non l'ho fatto a posta – rispose con voce leggera, nonostante fosse un po'
sconvolta. Lei era sempre così: non mostrava mai le sue vere emozioni.
- Però l'hai fatto – rispose l'altro. Era un ragazzo, ed appena lo vide provò
un leggero senso di familiarità. Se la ragazza, tutta occhi scuri e capelli neri, era l'oscurità, il ragazzo era la luce. Aveva i capelli biondi, molto chiari, perfettamente ordinati come se si fosse appena pettinato. Anche gli occhi erano dorati, di mille sfumature diverse. E' in tutto è per tutto un ragazzo d'oro pensò Sam, divertita – Perchè l'hai fatto?
- Questo è un covo di vampiri – rispose leggermente indispettita. Non le
piaceva rendere conto a qualcuno delle proprie azioni – Io non sapevo chi eravate, e potevate essere benissimo dei vampiri. Meglio prevenire che curare.
- Però adesso siamo noi a dover curare – rispose piccata la ragazza.
Per la prima volta Sam abbassò lo sguardo sul ragazzo che aveva colpito.
Somigliava molto alla ragazza, quindi probabilmente erano fratelli. Aveva gli stessi capelli scuri e la stessa carnagione chiara, ma i suoi occhi erano di un bel azzurro vivace.
- Mi dispiace – disse, mettendosi in ginocchio perchè i loro occhi fossero alla stessa altezza. Lo vide sbattere le palpebre, perplesso. Sam sapeva perchè.
Sin da quando era piccola, sua madre le aveva detto che era capace di esternare i propri sentimenti, quando voleva. Nel senso che riusciva a far percepire agli altri quello che provava.
Aveva imparato a sfruttare bene questa dote, perchè riusciva ad esternare anche sentimenti fasulli. Se quando combatteva fingeva di avere paura, riusciva a far sentire alla persona con cui si stava scontrando la paura che fingeva. Il nemico credeva di aver vinto e si cullava negli allori. Allora Sam colpiva.
Il ragazzo la guardò. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma fu preceduto dalla sorella – Ti dispiace? Pensi di poter colpire un Cacciatore e poi uscirtene con un “Mi dispiace”, facendo gli occhi dolci a mio fratello?
Il ragazzo borbottò qualcosa. L'altro, quello biondo, rimase a guardarla.
- Si. Mi dispiace. E' tutto quello che posso dire. Ora, posso riavere il mio pugnale? – disse alzandosi in piedi. Dentro di se stava imprecando contro la ragazza. Come si permetteva? Se lei fosse stava una vera Cacciatrice avrebbe capito che era stato solo un incidente. Certe persone sono così ottuse.
Il biondo estrasse il pugnale dalla spalla dell'altro e glielo porse. Poi tirò fuori un cilindretto semi trasparente – uno stilo – e disegnò una runa sul braccio del ragazzo. La ferita cominciò a rimarginarsi. Dentro di sé, Sam fece un sospiro di sollievo, poi pulì il pugnale dal sangue.
- Chi sei? – le chiese il ragazzo biondo, sempre disegnando sul braccio del amico.
- Già, e lo vado a dire a te – rispose in tono pacato. L'anonimato era sempre stato il suo strumento, e spesso non aveva detto il proprio nome nemmeno a chi l'aveva aiutata. Figurarsi andarlo a dire a tre sconosciuti.
- Ce lo devi, dopo aver pugnalato Alec.
Sam colse al volo il nome – Alec? Non è un nome molto comune. E' forse il diminutivo di Alexander?
Dallo sbalordimento sul viso dei tre capì di aver azzeccato.
- Non conosco molti Alexander che corrispondono alla tua descrizione – continuò – Quanti anni hai? Diciotto, diciannove? – rifletté – Sei forse Alexander Lightwood?
- Si
- Alec! – lo sgridò la ragazza.
- Che c'è? E' una Cacciatrice. Che male c'è?
- C'è che non mi piace. Non mi piace per niente. Che cosa ci fai qui?
- Potrei farti la stessa domanda, Isabelle Lightwood.
Ne ho azzeccato un altro pensò gongolando
Alec ormai si stava rialzando. Il biondo si rimise lo stilo in tasca e la guardò con attenzione.
- A quanto pare tu ci conosci. Ma noi non conosciamo te.
- E' perchè voi siete famosi. Per il casino successo ad Idris, immagino – disse nominando il paese d'origine di tutti gli Shadowhunters, i Cacciatori di demoni, dove qualche mese prima c'era stata una battaglia fra demoni e Cacciatori, alleati ai Nascosti. – Comunque, ho un lavoro da sbrigare. E voi mi state intralciando.
Si guardò intorno. Se loro stavano andando nella sua direzione voleva dire che non c'era niente da quella parte. Le scale quindi dovevano essere in quel corridoio.
- Le scale principali sono state danneggiate. E' impossibile salire da lì.
Sam annuì impercettibilmente. Se l'era immaginato. Ma perchè i Nascosti potessero salire al piano dei vampiri ci volevano delle scale minori. Aprì la porta che le stava affianco. Un salotto. Poi un altra. E un altra. Al quarto tentativo trovò delle scale, un po' mal ridotte, ma integre. Cominciò a salire.
Aveva completamente ignorato i Lightwood dietro di se, ma sentì rumori di passi. La stavano seguendo.
Probabilmente pensano che questa sia la loro missione, perchè loro sono qui da prima di me pensò con amarezza. I Lightwood le erano sempre stati descritti come degli arroganti e non dubitava che quella fama se la fossero guadagnata. I Lightwood erano una delle famiglie che facevano parte del Circolo un tempo.
Rabbrividì. Il Circolo, il gruppo creato da Valentine, un Cacciatore, che credeva che i Nascosti dovessero essere sterminati e che il Conclave dovesse essere riformato perchè tremendamente corrotto. Era stato proprio lui che aveva riunito i demoni ad Idris, al fine di farsi dare il potere assoluto dal Conclave.
Voleva il potere pensò Sam e non era l'unico.
Sbucò in una sala grande, un salotto. Un bancone lo divideva da una bella cucina, dando la sensazione di trovarsi in una specie di bar. Il salotto aveva un divano di pelle bianco, dei morbidi pouf colorati ed un soffice tappeto, sempre bianco. Appoggiata ad una parete c'era una televisione da quarantadue pollici a schermo piatto.
Però. Il lusso non gli manca.
Sul divano, sul tappeto e sulle poltroncine, affollati intorno alla TV, c'erano dei vampiri. La musica era parecchio alta e a Sam parve sentire Rhianna che cantava. Facile.
Camminò a passo felpato, lentamente, riflettendo.
Nell'esatto momento in cui ne ammazzo uno, tutti mi piomberanno addosso. A meno che non ne prenda uno isolato, ai lati in modo che, anche se muore, non si noti.
Si avvicinò ai pouf posti ai lati del divano bianco, a malapena illuminati dalla luce fornita dalla TV. Il ragazzo era biondo e non emise un gemito mentre il paletto di legno gli si infilava alla base del cranio. Affianco a lui c'era un altro ragazzo, con i capelli di un castano rossiccio, che guardò il compagno afflosciarsi e si voltò verso di lei.
Oh-oh.
Il suo braccio fu abbastanza veloce. Ma lei non aveva programmato l'azione, il suo corpo aveva fatto tutto da solo. Scattò, infilando il paletto sotto la clavicola del vampiro, incontrando un po' di resistenza. Non lo aveva finito, però.
Lanciò nuovamente il pugnale che colpì il vampiro spaparanzato sul divano in un occhio. Due donne, che dimostravano circa venticinque anni, le furono addosso. Riuscì a fermarne una tirandogli un calcio, ma l'altra la prese e le sbatté la testa sul pavimento. Vide rosso e poi nero. La sentì che gli scopriva la gola, pronta a mordere. Non lo fece. Si allontanò trasalendo. Sam si mise di nuovo in piedi barcollando. Si portò una mano al collo e tirò la catenella.
Alla fine c'era una bella croce d'argento.
- Eh già. – disse in risposta allo sguardo della vampira.
Lei le sibilò contro, poi prese il suo pugnale di legno dal corpo del suo amico.
- Morirai infilzata dal tuo stesso pugnale, Cacciatrice.
- Vai a quel paese.
Sentì un dolore lancinante. Quello che credeva di aver ucciso con il paletto nella clavicola, le aveva morso una gamba.
- Stupida sanguisuga - Gli pestò la mano, e lui urlò, a contatto con le croci sulla suola. Poi rotolò in avanti, verso le gambe della vampira. Tirò fuori dalla tasca una bocchetta di acqua santa e gliela lanciò sul viso. La donna urlò e lasciò cadere il pugnale. Sam la impalò velocemente, poi si girò per affrontare quello che l'aveva morsa.
Con sorpresa vide che era già morto, con la gola ed i polsi tagliati.
All'entrata del salotto c'erano i Lightwood, fratello e sorella e il biondo, che non somigliava a loro, ma che sembrava far parte della famiglia.
Isabelle fece una smorfia. Sam la guardò in modo indagatore. Li guardò tutti in modo indagatore, poi scrollò le spalle e si avvicinò al vampiro.
Estrasse il paletto dal suo cuore, fortunatamente era ancora vivo.
- Dimmi, chi è il tuo capo?
- Il vampiro rise: una risata stridente, fredda, priva di allegria – E perchè dovrei dirtelo?
- Perchè se non lo fai ti riempio le orecchie di acqua santa. Vediamo quanto ci metti a guarire?
- Tanto sto morendo.
- Oh, si. Non sopravviverai a lungo. Ma puoi morire in modo onorevole, senza troppo dolore, o puoi morire dalle ustioni provocate dalle croci.
- Non te lo dirò. Non sono un traditore.
Sam sospirò. Gli tagliò la testa di netto, così che morisse e basta, senza più soffrire. Poi posò lo sguardo sui Lightwood. Poi sulla propria gamba.
Tirò fuori lo stilo. Se non voleva diventare un vampiro, doveva agire in fretta.
Si tolse lo stivale e scoprì caviglia. Più la runa era vicina alla ferita, meglio funzionava. Premette la punta del cilindretto sulla pelle e disegnò una figura a forma ottagonale con un cerchio all'interno. Una runa di guarigione. Si sentì molto meglio. La ferita rimarginò velocemente.
Si disegno sui polsi altre rune, dove quelle vecchie si erano consumate. Rune energizzanti, rune che davano coraggio, rune di forza e velocità.
Quando alzò di nuovo lo sguardo fu sollevata di sapere che i Lightwood erano andati a perlustrare la cucina.
D'accordo, sei arrivata per prima. Ma non sei l'unica Cacciatrice di New York, e più siamo meglio è disse una vocina
Si, rispose ma se si mettono in mezzo ai piedi...
Probabilmente sei l'unica persona sulla terra a parlare da sola continuò la vocina in tono confidenziale.
Mancanza di contatti umani. E' difficile farsi degli amici fra i demoni si rispose sarcastica.
Aprì la porta. Dava su un piccolo e buio corridoio, a cui si affacciavano quattro porte.
Molti vampiri dormivano. Alcuni sul pavimento, alcuni con i piedi in aria, altri appesi al soffitto. Si sentì un po' in colpa.
Dura lex, sed lex
Li impalò tutti, dal primo all'ultimo. Si trovò un po' in difficoltà con quelli sul soffitto, ma in quel momento Alexander Lightwood entrò con un bell'arco.
- Magnifico – disse inespressiva – Vedi se riesci a prendere quelli. E mi raccomando: prendi il cuore.
Isabelle Lightwood la guardò con occhi neri pieni di rispostacce, così Sam entrò velocemente in una stanza in modo da non doverle subire.
La stanza era buia, con le finestre coperte da pesanti tende di broccato. Sam si sentì presa alla gola da una mano forte, che la stringeva. L'individuo misterioso la sbatté alla parete, sempre strangolandola, e la sollevò come se non avesse peso.
Sam tirò indietro la gamba e scalciò contro la figura, e venne lasciata. Precipitò a terra tossendo, ma non aveva tempo. Aveva sentito la porta aprirsi di scatto ed era sicura di chi fosse.
Il capo è mio! Urlò mentalmente, senza voce. Saltò verso il vampiro e gli premette la croce sulla pelle. Lo sentì urlare. Unghie le graffiarono il viso e venne scaraventata contro il muro. Il dolore esplose, ma non ci badò.
Invece corse alle pesanti tende e le aprì di colpo.
La luce intensa dell'alba penetrò nella finestra, colpendo il vampiro in pieno.
La vampira si corresse. Era una donna con lunghi capelli rossi – tinti – e gli occhi stretti e crudeli. Durante quei giorni lei aveva sempre visto il suo vice, quindi. Era certamente lei il capo, non c'erano dubbi, ma non si faceva associare al clan di fuorilegge. Davvero scaltro.
La donna urlò, un urlo disumano, da spaccare i timpani. La luce del sole la bruciava, ma Sam si avvicinò a lei e la impalò.
Il ragazzo biondo le fu subito vicino.
- Perchè l'hai fatto? – le chiese con rabbia – Poteva dirci qualcosa sui loro loschi traffici, sui loro clienti...
- Nessuno merita di soffrire – rispose, fredda. Poi prese il pugnale di legno ed incise sulla fronte del cadavere la runa. Una croce – che rappresentava due pugnali – inscritta in un triangolo. Poi recitò l'Ave Maria, velocemente, senza sentimento. Non era una che pregava. Era un rituale per lei, qualcosa di simbolico. Qualcosa che faceva dall'età di dieci anni, da quando aveva iniziato ad essere una Cacciatrice. Qualcosa che faceva da quando aveva iniziato a viaggiare. Qualcosa che faceva in ricordo di sua madre
[spoiler] Lo so, faccio schifo...
