Vindex

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RE: Vindex

da eragon-brisingr » 15 ottobre 2012, 15:40

Ha ha haaaaaa. Visto nel fumetto è ancora più divertente!
Grazie per la precisazione.
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RE: Vindex

da Kooskia » 13 novembre 2012, 18:38

Grazie mille ^^
Comunque ecco un nuovo capitolo (probabili errori grammaticali quà e là...)

Capitolo 9 – Battesimo di Sangue

La sagoma del grande drago disteso sulla collina incuteva allo stesso tempo paura e gioia. Pietro scostò il ramo secco di un cespuglio e guardò oltre il profilo delle colline più basse che si frapponevano tra lui e il drago, ammirando la grande bestia distesa su di una secca altura. Erano ancora lontani ma poteva già immaginare da lì, quali stragi essa poteva rendersi capace. Eppure anche una creatura tanto temibile poteva cadere vittima di inganni o tranelli: dalla loro posizione distante, Pietro e i suoi compagni potevano osservare ciò che il drago e gli uomini vicino ad esso non erano in grado di vedere.
Nascosto alla vista, in una valletta all’interno di una collina sottostante, vi era un folto contingente di soldati Borbonici: essi erano celati dalla loro stessa posizione oltre che da una serie di frasche e fronde che erano state posizionate a coprire quelle che erano delle mura difensive erette probabilmente alcuni secoli prima.
In quella antica barricata di pietre, scintillavano al sole le superfici lucide di alcune bocche da fuoco.
La loro tozza larghezza inconsueta alla vista e il fatto che fossero puntate al cielo non lasciavano dubbi sul loro scopo.
Pietro e i suoi compagni non potevano esserne consapevoli ma i vertici militari a Palermo, nonostante l’assenza dei draghi Garibaldini durante la Battaglia di Calatafimi, erano venuti a conoscenza dell’esatta posizione dei draghi di Garibaldi. Nonostante il caos organizzativo che regnava nella città Siciliana, alcuni ufficiali locali erano più svelti a reagire agli imprevisti a differenza dei loro superiori che dovevano rispondere a codici e a catene di comando lente ed impacciate.
E di conseguenza la trappola preparata per l’unico peso massimo della spedizione Garibaldina era quanto mai letale: la fila di cannoni anti-drago avrebbe aperto un fuoco a mitraglia non appena il drago Garibaldino si fosse levato in volo.
Cannoni e uomini erano stati trasportati nel corso della notte da alcuni pesi medi e un corriere era rimasto a disposizione della truppa, pronta ad avvertire il Comando di Palermo quando il peso massimo fosse stato eliminato.
A quel punto ai Borbonici sarebbero rimasti ben pochi ostacoli nello schiacciare la spedizione tramite la loro forza aerea.
I giovani volontari siciliani che osservavano da lontano e con preoccupazione il drago ignaro e coloro che aspettavano di tendergli un agguato, non erano consci di tutto ciò.
-Ma perché non attaccano adesso?- disse un ragazzo.
-Mio fratello è stato in marina… credo di ricordare che dicesse che i cannoni anti-drago possono essere devastanti ma solo se il drago vola: sparano un colpo che si disintegra in tanti frammenti che possono ridurre a brandelli le ali di un drago… - rispose un ragazzo più giovane.
-Beh… sia come sia, questa potrebbe essere la nostra occasione! Se attacchiamo adesso potremmo avvertire i Garibaldini della trappola! Tra noi e loro ci sono i soldati e se cercassimo di aggirarli per raggiungere i Garibaldini potrebbe essere troppo tardi: non appena quello stupido drago si alzerà in volo, per lui sarà la fine.. – disse il ragazzo che aveva accolto Pietro, armato con un vecchio fucile a tromba.
Egli teneva l’arma dinanzi a sé, estremamente ansioso di usarla.
-Però… noi siamo una cinquantina e abbiamo dieci fucili in tutto, la metà dei quali non sappiamo nemmeno se è in grado di sparare.- rispose Pietro con un espressione dubbiosa.
Si volse guardando i suoi compagni, sui volti dei ragazzi vi era un ombra di paura e timore ma anche di una forte determinazione e molti tenevano in mano accette o lunghi coltelli.
Il ragazzo con il trombone fece un ghigno e disse: -Beh.. vorrà dire che arriveremo vicino senza farci vedere e li prenderemo di sorpresa, sarà un gioco da ragazzi e chissà … magari Garibaldi in persona vorrà vederci!-
Si incamminarono lentamente e senza far rumore, approfittando di una macchia di ulivi che erano cresciuti selvatici; muoversi all’ombra degli alberi si rivelò provvidenziale e metro dopo metro furono in vista del loro obiettivo.
Vecchie mura si ergevano nella valletta, incastonata tra due colline: Pietro non sapeva quando erano state erette ma, benché alcuni tratti fossero crollati a causa dell’incedere del tempo e gran parte di esse fosse avvolta dalla vegetazione secca che cresceva nella zona, esse fornivano un ottima protezione per i soldati.
Era però una protezione parziale perché il lato opposto alla posizione della collina del drago (e verso il quale Pietro e i suoi compagni si dirigevano), era più esposto e i Borbonici avevano messo solo un paio di sentinelle di guardia a quel lato.
Esse erano leggermente distanziate dal resto della truppa che per la maggior parte riposava accanto ai cannoni o aveva trovato rifugio in alcuni anfratti tra le vecchie mura oppure sotto le fronde degli alberi che crescevano a ridosso delle mura stesse.
Quattro ragazzi si offrirono volontari per eliminare le guardie e Pietro osservò con trepidante ansia come essi strisciarono fino ad un basso muro, attirarono una delle guardie con dei rumori di frasche e poi la eliminarono saltando addosso al soldato appena questi si fosse allontanato dallo sguardo del suo compagno.
-Prepariamoci… - sussurrò Pietro ai ragazzi dietro di lui che diffusero con un passaparola il messaggio.
La seconda guardia si avvicinò verso il luogo dove era sparito il suo compagno: appena ebbe camminato oltre il muretto dove si nascondevano i quattro ragazzi, egli venne afferrato da questi ultimi e trascinato come il suo compagno nell’ombra dove venne finito a colpi di coltello.
L’uccisione della seconda guardia era stata meno silenziosa della prima ed un soldato vicino ad un cannone si alzò in piedi con espressione insospettita.
-Ora!- disse qualcuno a fianco di Pietro e il crepitare di vecchi fucili da caccia e tromboni esplose nella valletta, il soldato di guardia al cannone che si era alzato venne preso in pieno dalla scarica del trombone sparata dal ragazzo vicino a Pietro. Il soldato venne scaraventato contro il muro di pietra mentre il suo petto spillava sangue da tante ferite.
All’improvviso si levarono le urla dei giovani Siciliani che si scagliarono contro i soldati attorno ai cannoni. Una raffica di pallottole falciò una dozzina di ragazzi che caddero al suolo, con la coda nell’occhio Pietro vide che tra essi vi era il giovane armato di trombone che aveva insistito per attaccare.
Pietro si piegò in ginocchio mentre l’aria intorno a sé si fece tanto densa di fumo causato dalle scariche di colpi che faceva fatica persino a respirare.
Nel giro di pochi istanti le due compagini si mescolarono in una mischia furiosa, caotica e violenta: alcuni colpi ancora vennero sparati ma ad una tale distanza furono baionette, coltelli, asce e calci dei fucili ad essere impiegate tra grida e gemiti.
Il ragazzo sentì qualcuno spingerlo da dietro ed egli rovinò a terra, voltandosi sul suolo polveroso vide altri ragazzi lottare con violenza: per la prima volta poté osservare da vicino i soldati che combattevano, giovani della loro età la cui sola differenza era l’uniforme e il dialetto che parlavano.
Il palmo della mano di Pietro si chiuse casualmente su di una baionetta sfilata da un fucile caduta a terra, senza pensare egli si scagliò in avanti ed affondò l’oggetto acuminato nel fianco del primo uomo in uniforme che gli si parò davanti. Rimase interdetto di fronte allo sguardo terrorizzato che il Partenopeo gli rivolse prima di crollare a terra in una nube di polvere.
Con lo sguardo del giovane che aveva appena ucciso ancora negli occhi, Pietro arretrò mentre tutto intorno a lui altri soldati o giovani siciliani si uccidevano a vicenda.
La sua schiena andò a sbattere contro un muro di pietra e si accasciò contro di esso, non si rese immediatamente conto della figura che gli si parò davanti.
Un ufficiale dalla divisa sporca di polvere che estrasse una pistola revolver di fronte a lui.
Pietro chiuse gli occhi in attesa dello sparo e quando egli lo sentì, nitido come un tuono, avvertì gocce di sangue bagnarli la guancia.
Il dolore tuttavia non arrivò e Pietro si chiese se la morte dopo tutto non fosse poi così dolorosa.
Ma quando aprì nuovamente gli occhi, il giovane siciliano si trovò ancora in quella terra assolata dove era nato e l’ufficiale di fronte a lui crollò a terra, con un foro di proiettile nel petto.
Altre raffiche di fucile frastornarono le orecchie del giovane e come egli alzò lo sguardo, Pietro spalancò la bocca nell’osservare il sole oscurato dalla massiccia sagoma di una bestia imponente.
Il grande drago si mantenne in aria con un paio di pesanti battiti d’ala che sollevarono raffiche di polvere accecante mentre i Garibaldini dalla divisa scarlatta sul dorso della bestia sparavano precise fucilate in direzione dei singoli soldati o ufficiali Napoletani che ancora combattevano.
L’intero terreno era disseminato di corpi e Pietro si guardò attorno con sgomento constatando come pochi dei giovani Siciliani erano ancora in piedi e ancora meno soldati Napoletani che uno dopo l’altro gettarono le armi a terra.
La mente del ragazzo era frastornata da una realtà che non si sarebbe mai aspettato: i volti di tanti giovani caduti (con o senza uniformi) sembravano guardare al cielo, con gli occhi spalancati come a voler aggrapparsi fino all’ultimo istante alla vita osservando il cielo terso.
Lo shock della battaglia venne presto sostituito da qualcos’altro.
Lentamente la possente creatura dalle scaglie arancioni volse l’ampio muso verso di lui.
Due grandi occhi lo fissarono, colmi di meraviglia, stupore e gioia..
-Tu …. tu sei uguale a lui!-
Disse una voce imponente, una voce che Pietro non aveva mai ascoltato prima d’ora: una voce che non lo avrebbe mai più abbandonato.


Note: Per una volta un capitolo senza alcun elemento storico. Fondamentalmente perché questo scontro è interamente AU, posso solo accennare un minimo al terreno siciliano (che conosco abbastanza bene). Si tratta in questo caso di file di colline assolate con altezze differenti tra loro, secche ma non per questo prove di vita. In particolar modo le piante di ulivo cresciute selvatiche per l’incuria formano una copertura preziosa per Pietro ed i suoi compagni (a differenza dei terreni con alberi curati dall’uomo) mentre la stessa posizione delle colline (ad altitudini differenti) ha permesso ai Borbonici di appostarsi in agguato. Riguardo alle antiche mura, esse non sono ispirate ad un luogo specifico ma la Sicilia è ricca di resti di questo tipo.
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RE: Vindex

da Kooskia » 1 febbraio 2013, 16:35

Capitolo 10 – A Palermo!

Lo spettacolo delle truppe in movimento nel cuore della notte buia era qualcosa a cui Vindex era a lungo abituato, ma le espressioni che poteva vedere sui volti dei piccoli umani grazie alla sua vista acuta erano una novità per lui. Nei campi di battaglia del nord Italia o della lontana Crimea essi davano spesso mostra di sentimenti di paura, sconforto o accettazione.
Gli uomini che osservava marciare nelle loro divise scarlatte lasciavano intravedere altri sentimenti.
-Non riuscirò mai a capire bene a capirli: cosa li distingue dai soldati che ho già incontrato? Questi vanno incontro alla guerra con una tenacia ed un passione che non avevo mai visto prima. –
Ormai aveva rinunciato da tempo a comprenderli, le differenze tra le loro razze erano così tante.
Probabilmente alcuni umani avrebbero trovato interessanti i giorni di goffi e inesperti tentativi del suo nuovo Capitano ad adattarsi alla vita militare e alle tradizioni guerresche di chi combatteva sul dorso di un drago.
Ma a Vindex tutto questo risultava superfluo. Il giovane contadino siciliano gli ricordava istintivamente il suo primo Capitano: che fosse per aspetto, voce o comportamento, egli non sapeva spiegarselo ma i suoi istinti parlavano chiaro e il ragazzo sarebbe stato per forza di cose legato al suo destino.
-Sono sempre così lenti a muoversi… -
Disse Puckdopo che si accoccolò sulla schiena del drago più grande, mentre Vindex si mosse appena per aggiustare la sua posizione al peso del drago sardo su di lui.
-Temo che dovrai farci l’abitudine, chi serve nei Corpi Aerei da anni come me è abituato al passo lento degli umani.-
Il piccolo drago ridacchiò.
-A proposito di abitudine, hai visto quanto scalpore ha causato la rivelazione del Capitano di Libertaria? Se il tuo nuovo Capitano non si fosse messo in mezzo probabilmente la cosa sarebbe passata inosservata ancora per un po’.-
Vindex annuì pensieroso, riportando alla mente il secondo avvenimento che gli umani attorno a lui avevano considerato degno di nota ma verso il quale il peso massimo provava scarso interesse.
L’esile umano che aveva accompagnato Libertaria fin dai Recinti di Riproduzione aveva finito per rivelarsi una femmina, a seguito di un buffo dibattito con Pietro.
La cosa aveva causato un discreto scalpore perché l’unica femmina umana nella truppa era la moglie di Crispi, la quale sembrava probabilmente più interessata nell’accudire il marito che nel prendere parte all’azione (peraltro imitata dalla stessa attitudine battagliera del consorte, che spariva sempre prima dell’azione).
Ma a Vindex le polemiche che ne erano scaturite erano parse importanti quanto ricevere un paio di capre anziché una mucca per pasto.
-Non capisco che ci trovino di tanto strano. Le dragonesse dopotutto combattono da sempre sui campi di battaglia.-
-Forse è perché se combattono anche le femmine ci saranno meno premi e tesori per tutti.-
Propose Puck e Vindex mosse il muso, incerto nello stabilire le motivazioni di tale comportamento.
-Questo però spiega almeno una cosa: perché Libertaria non era in una Formazione! A quanto ne so uno dei suoi genitori era un Longwing inglese e quella è una delle strane razze che si sente a disagio con un maschio come Capitano. Probabilmente Libertaria da piccola ha rifiutato tutti gli umani che si sono offerti come Capitano, fino ad incontrare quella ragazza…. –
Rifletté ad alta voce Vindex e alle sue parole Puck allungò il collo oltre la sua testa per fissarlo meglio con quella sua espressione sempre curiosa.
-E allora perché non farli combattere? Mi sembra proprio una cosa da egoisti! Forse è perché… -
-Non credo sia questo. - disse una voce sconosciuta.
Vindex volse lo sguardo sul piccolo sentiero ghiaioso che conduceva sulla collina dalla quale il drago stava osservando le truppe in marcia e vide un uomo avanzare verso di lui in sella ad un cavallo baio.
Il soldato parlo nuovamente in un buon italiano ma con uno strano accento che Vindex non riconobbe.
-Solitamente fanciulle non marciano in guerra… non è comune, sì. Come è che voi dite… non è tradizione. Anche se tradizione cambia in fretta di questi tempi.- disse con un sospiro, volgendo lo sguardo alle truppe.
Era un uomo dall’aspetto forte e giovane, con un paio di folti baffi.
-Devo comunque dare informazioni. Prima del sorgere dell’alba caleremo su Palermo senza fare rumore. Io sono in comando di Avanguardia di Cacciatori di Alpi e miei compatrioti. Voi dovrete garantire supporto aereo contro draghi di loro formazione e… -
La curiosità di Vindex fu troppa e interruppe la spiegazione dell’uomo, alla quale era scarsamente interessato: sapeva bene quale sarebbe stato il suo compito e spendere troppe parole al riguardo era inutile dal suo punto di vista.
-Tu chi sei comunque? Non sei Italiano: cosa ci fai qui? -
L’uomo in divisa scarlatta sorrise un istante, quindi con un cenno di capo si presentò.
-Perdonate la mia fretta, ma in guerra spesso ci scordiamo di buone maniere. Il mio nome è Lajos Tukory e sono nato nella bella e triste terra di Ungheria. Anche mio popolo vive sotto il tiranno Asburgico e per combattere contro il comune nemico mi recai qui in Italia agli ordini di Garibaldi. –
-Perché sei venuto qui a combattere? Puoi morire in questa battaglia, per una causa che non è la tua. Se tu stessi combattendo per un premio o per regali lo farei pure io. Io combatto in questa causa nella speranza di cambiare le cose per i draghi in Italia, ma i Borboni non c’entrano molto con l’Imperatore tuo nemico. -
L’umano sorrise, rendendosi conto che il drago non riusciva a capire ciò che egli voleva trasmettere.
-La causa tua e di Garibaldi… è anche mia. Combattiamo tutti gli stessi nemico: la tirannia, la ingiustizia e la inuguaglianza ed abbiamo stesso sogno. La libertà è ciò che brama il mio cuore, per me, per te e per tutti. Lo sai che Garibaldi ha combattuto in Uruguay? Terra lontana e straniera a lui, ma il desiderio di libertà è grande ed è stesso nei cuori di tutti.-
L’ungherese volse il suo cavallo baio per tornare in testa alla colonna delle truppe che doveva guidare.
Per una volta, Puck si astenne dal porre altre domande.
-Prepariamoci… - disse Vindex.

In vola sopra Palermo, Vindex si chiese come dev’essere stato bello visitare tale città in epoca di pace. Certo le strade erano troppo strette per i draghi, ma con una buona opera di edilizia si sarebbero potuti creare spazi per la sua razza: luoghi ove i draghi potessero offrirsi agli umani per trasportare carri pieni di fragranti arance o olive e poi mercati per acquistare la carne guadagnata con onesto lavoro.
Questa visione giaceva nelle parole scritte da un altro drago anni or sono: parole che il fato aveva posto dinanzi agli occhi di Vindex. Tale immagine tuttavia era annebbiata dal fumo e dalle fiamme del conflitto.
Il grande peso massimo virò e rallentò la sua velocità mentre passava sopra Palazzo Reale, era troppo in alto per essere ferito dal fuoco della fucileria e gli uomini del suo equipaggio erano pronti ad entrare in azione.
Gli addetti al ventre di Vindex si mossero decisi nella grande rete fissata alla pancia del drago, innescando granate e lasciandole cadere sui tetti e i cortili: esplosioni squarciarono l’aria mentre ondate di ulteriore fumo e fiamme si levarono dai punti di impatto.
Il grande drago volse il capo osservando le colonne di Garibaldini che si facevano largo tra i quartieri in fiamme e attraverso barricate, alcune delle quali erette dagli stessi cittadini di Palermo che erano insorti contro la truppa Borbonica.
-Stanno arrivando Vindex!-
La voce amplificata del suo capitano giunse al drago, che volse lo sguardo verso una formazione di draghi nemica: egli ruggì di sfida ed aumentò la sua velocità puntando dritto contro il nemico.
Era a malapena consapevole della presenza di Puck poco sopra di lui e di Libertaria in coda: una rapida occhiata gli diede una stima delle forze nemiche.
Una grande peso massimo dalle lunghe ali costituiva il cuore della formazione Borbonica, circondata da una coppia di pesi medi e tre draghi più piccoli.
Quando le due formazioni serrarono le distanze, Vindex percepì le reciproche raffiche di fucileria e con un ringhio di dolore avvertì due proiettili penetrargli tra le scaglie della spalla destra.
Un istante dopo fu il caos.
Egli aveva puntato con decisione contro la grande femmina dei Borboni: una dragonessa di un colore verde oliva con ali grandi ed ampie ed un corpo longilineo. Una smorfia di piacere venne accompagnata dalla mossa di Vindex, il cui corpo era più corto ma compatto e robusto.
Il peso massimo dei Garibaldini evitò facilmente un azzannata della sua nemica e si piegò di un fianco, cozzando contro la femmina ed aggrappandosi ai suoi fianchi. Vindex artigliò con le zampe anteriori e le aprì uno squarcio sul ventre: il colpo non era mortale perché era stato mitigato dalla stessa presenza della rete per l’equipaggio del ventre.
Gli uomini lì presenti ebbero meno fortuna, precipitando al suolo insieme a brandelli della rete stessa.
Vindex ruggì nuovamente ed allungò il muso verso la zampa anteriore destra della sua nemica mentre solo sporadiche fucilate venivano scambiate tra gli equipaggi, troppo impegnati a tenersi saldi alle cinghie di sicurezza durante una così brutale azione.
All’improvviso la dragonessa cercò di sganciarsi e si ritirò ruggendo di rabbia e dolore.
Vindex la lasciò andare, ben consapevole che una battaglia prolungata tra pesi massimi poteva portare a danni irreparabili ad entrambi i combattenti. Si volse quindi rapidamente per rendersi conto dei motivi di tale ritirata: Puck era riuscito ad abbattere uno dei draghi più piccoli mentre Libertaria era ancora avvinghiata contro un maschio della sua stazza. Inaspettatamente però due draghi (l’altro peso medio ed una piccola peso piuma) si erano sganciati dalla battaglia: i loro equipaggi avevano gettato via gli stendardi Borbonici e stavano volando cautamente verso la campagna controllata dalle forze Garibaldine.
Vindex ruggì di trionfo per la doppia vittoria ottenuta: la ritirata della dragonessa color verde oliva e la defezione di due draghi con relativo equipaggio.
-Torniamo indietro Vindex! C’è bisogno di noi laggiù!-
Il drago grugnì un assenso al suo Capitano e volò verso la periferia della città, dove una schiera di soldati si stava avvicinando rapidamente: le loro uniformi non lasciavano dubbi.
-Sono i tremila mercenari bavaresi e svizzeri di Von Machel! Dobbiamo impedirgli di entrare in città!-
Alcuni istanti più tardi Vindex atterrò pesantemente dinanzi a Porta Termini, pronto a decollare nuovamente insieme ai suoi compagni e bombardare le forze di Von Machel.
Dei Garibaldini tuttavia si fecero strada fino a loro, comunicando che il Generale Lanza aveva iniziato le trattative con Garibaldi per la resa delle sue forze.
-Presto sarà qui di persona per rendere note le trattative in corso agli uomini di Von Machel.-
L’attenzione di Vindex venne meno rapidamente, quando il suo sguardo si posò su un gruppo di feriti e moribondi su delle lettighe.
Il corpo di Tukory era steso lì, la gamba ricoperta di sangue per una ferita estesa sul ginocchio semi-distrutto.
Vindex volse il muso per avvicinarsi al volto dell’uomo appena cosciente ed imperlato di sudore.
Sebbene tale ferita potesse non rivelarsi mortale, Vindex aveva visto gli umani morire per molto meno quando la cancrena o le infezioni dilagavano a seguito di tali danni.
-Ne valeva la pena?- chiese il grande drago.
-Vale… vale sempre la pena di seguire nostro cammino.- disse con un gemito l’ungherese, prima di borbottare qualcos’altro nella sua lingua natia e crollare sfinito in uno stato di incoscienza dal quale probabilmente non si sarebbe più svegliato.

Note: Rieccoci col punto di vista dei draghi ^^ Vorrei fare notare come alcune vicende “umane” che avrebbero contraddistinto una storia regolare (l’integrazione di Pietro tra i Garibaldini, la rivelazione del capitano femmina di Libertaria) sono volutamente lasciate da parte perché… non è questo ciò che attira l’interesse dei draghi. Riguardo alle vicende storiche e personali, ovviamente Tukory è esistito, così come è realistica anche la portata degli scontri per Palermo, in realtà ben più articolati perché prima dell’assalto generale vi furono giorni di movimenti di truppe (con aggiramenti ed inseguimenti di colonne rivali) e piccoli scontri in località chiave che portavano alla città.
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RE: Vindex

da Kooskia » 8 maggio 2013, 15:52

Capitolo 11--- La Monarca

Se fosse stata una normale femmina della sua specie, la dragonessa non avrebbe dovuto avere altri pensieri per la testa che godersi il pasto e farsi scaldare le squame dal sole.
Ma Libertaria non era una dragonessa qualsiasi.
I suoi pensieri erano sempre indirizzati verso ciò che doveva ancora accadere: speranze, piani ed idee si arrovellavano nella sua mente, impedendole di riposarsi.
Volse il capo per guardare il suo capitano e sorrise nel vederla.
L’orgoglio per il proprio capitano era qualcosa che accomunava Libertaria agli altri draghi.
Un orgoglio a lungo frustrato dalle ingiustizie che riteneva avessero perseguitato ingiustamente sia lei che la giovane donna.
Rammentava bene cosa accadde il giorno della sua nascita; invece di respirare l’aria pura e libera dei monti, si era sentita soffocata dalla frustrazione che trapelava da tutti gli umani che si attorniavano intorno a lei.
Nessuno dei giovani maschi che cercarono di sottometterla suscitava anche una minima empatia in Libertaria. Fu la notte più terribile per la giovane dragonessa appena uscita dal guscio: almeno una decina di giovani umani si erano allontanati, chi spazientito e chi deluso, solo un inserviente alla fine si era degnato di darle qualcosa da mangiare.
Era rimasta da sola in quella che era una vecchia stalla per ore, dopo che nessuno dei cadetti era riuscito a conquistare il suo cuore. Libertaria stessa non sapeva cosa fare ed era disperata.
Sentiva che aveva bisogno di un compagno accanto a se, qualcuno con cui condividere la durezza di un mondo nel quale era appena nata e del quale non comprendeva le regole.
Fu solo allora, vedendo una giovane serva che era venuta a portarle altro cibo, che gli occhi di Libertaria si illuminarono.
Forse era stata una qualche sensazione che scaturiva da un volto più gentile e affidabile, forse il fatto che la fanciulla non si fosse avvicinata a lei con sprezzante sicurezza di se: qualsiasi sia stato il motivo, le vita di Libertaria e della fanciulla cambiarono per sempre.
L’incomprensione pervase la giovane dragonessa quando le venne detto che non avrebbe mai potuto prendere parte al servizio militare nei Corpi; ci vollero mesi perché i motivi di tale limitazione fossero resi chiari.
Adesso Libertaria poteva finalmente guardare con orgoglio la sua Giovanna che indossava la camicia rossa Garibaldina, tutta intenta a pulire un paio di stivali sotto un albero.
L’espressione della ragazza era seria, non avevano avuto una grande parte nella recente battaglia di Milazzo: ancora una volta era stato Vindex con la sua squadra di uomini scelti a dare una svolta alla battaglia, quando aveva appoggiato l’azione della pirocorvetta Tukory nel bombardare il fianco sinistro dei Borbonici fino alla loro resa. Milazzo era stata liberata e tutte le forze rimaste dell’esercito Borbonico avevano abbandonato la Sicilia senza colpo ferire.
Libertaria tuttavia rammentò una sorta di tristezza nell’espressione di Vindex, probabilmente legata al ricordo di un ufficiale di origini ungheresi che era perito a seguito della precedente Battaglia di Palermo: la pirocorvetta, un vascello Borbonico il cui capitano aveva disertato, era stata rinominata in onore all’Ungherese.
Ma in cuor suo Libertaria pensò che l’espressione muta di Giovanna fosse dettata da ben più foschi eventi: dopo l’euforia iniziale per la vittoria, si era frapposta la necessità per l’Esercito Meridionale di garantire l’ordine pubblico in Sicilia e gli ideali e le speranze di molti volontari vennero accolti con rivolte, saccheggi e sommosse . A riprova della difficile situazione era appena giunta voce di un increscioso evento che aveva coinvolto proprio quel Bixio che in teoria avrebbe dovuto controllare la Flotta Aerea dell’Esercito Meridionale e che adesso sembrava essersi dedicato ad altro ruolo.
Libertaria aveva capito fin da subito che l’uomo era dotato di una forte tempra autoritaria e che sarebbe stato in grado di prendere dure decisioni militari: le voci che si susseguivano rapidamente tra i volontari parlavano di legge marziale e giustizia sommaria con tanto di fucilazioni.
Fu in quel momento, tra densi pensieri e mormorii degli uomini della squadra di Garibaldini che addetti al dorso di Libertaria, che il rumore di zoccoli di cavallo attirò l’attenzione della dragonessa.
Sollevò il muso con sorpresa nell’osservare Garibaldi in persona dirigersi verso di lei.
-Buongiorno- disse educatamente la dragonessa. –E’ da diverso tempo che non ci fate visita, state bene? Eravate rimasto ferito nella battaglia? Ho sentito che… -
-Oh… non è stato niente.- Disse il Nizzardo sollevando una mano, come a sottolineare la scarsa importanza dell’evento. –Ero banalmente caduto di sella durante una carica della cavalleria e per fortuna il mio buon Missori, il capo del nostro contingente di guide a cavallo, mi tirò fuori da quell’impiccio. –
La giovane compagna della dragonessa si avvicinò e fece il saluto al comandante dell’Esercito Meridionale.
-Ah, Giovanna! Cercavo anche voi… avrei una proposta da fare a te e Libertaria. Si tratterebbe di una missione molto pericolosa e non intendo insistere se ritenete di non essere in grado di portarla a termine.
Sarebbe l’occasione perfetta per infliggere un grave colpo materiale e morale al nostro nemico, oltre che per dare ai nostri volontari altro su cui parlare notte e giorno piuttosto che le nostre difficoltà amministrative e gli spiacevoli eventi degli ultimi giorni.-
Libertaria annuì, rendendosi conto della lungimiranza di un capo che cercava sempre di ottenere il massimo col minimo sforzo: la dragonessa non era affatto orfana di tattiche militari benché avesse all’attivo praticamente nessuna vera battaglia. Qui però si andava ben oltre, puntando piuttosto ad un preciso obiettivo propagandistico.
-In tutta sincerità tale impresa sarebbe estremamente difficile da svolgersi se non avessimo un drago nei nostri ranghi, inoltre ritengo che per il colore delle squame tale missione possa essere affidata solo a voi.-
Gli occhi di Libertaria incrociarono quelli di Giovanna che risposero con la stessa espressione interrogativa.
-Si tratta della Monarca, il più grande e potente vascello in servizio nella Marina del Regno delle Due Sicile, una nave con oltre 60 cannoni che voi dovrete catturare. Voi e la nostra pirocorvetta Tukory. Vostra missione sarà scortare la Tukory fino a Messina, dove imbarcherà truppe per l’abbordaggio, quindi assicurarsi che l’impresa riesca intervenendo durante l’attacco alla rada a Castellammare di Stabia nel caso di imprevisti. Con la vostra colorazione delle squame, Libertaria, siete la più indicata di tutta la nostra Forza Aerea per operare su mare. –
Era paura quella che avvertiva Libertaria? Uno strano brivido, una sensazione mai avvertita prima che tuttavia andava a mescolarsi all’adrenalina che le scorreva in corpo.
-Strano… non dovrei provare paura.- pensò la dragonessa.

Libertaria non provò paura quando durante la navigazione della nave che doveva proteggere venne avvistata una pirofregata Borbonica, identificata come la Borbone, che però non aprì il fuoco.
Né provò timore quando osservò le lunghe file dei 150 uomini che si imbarcavano. Si trattava di due intere compagnie di una forza di Bersaglieri, parte dei numerosi rinforzi giunti via mare nelle settimane precedenti dal Nord.
Quando nave e dragonessa procedettero con la loro missione, Giovanna chiese alla sua compagna i motivi del suo silenzio.
- Sono solo concentrata sul volo, tu piuttosto dovresti guardare bene se arrivano draghi Borbonici alle mie spalle!-
Si pentì quasi subito della risposta data alla fanciulla, anche perché non era compito del Capitano fare tali osservazioni: vi erano già vedette all’erta tra l’equipaggio che Libertaria portava sul dorso.
Come previsto da Garibaldi stesso, non vi furono draghi in aria quella sera poiché i Borbonici non si aspettavano un azione tanto imprevista. Libertaria atterrò silenziosamente tra i fitti alberi di colline poco abitate, scrutando con attenzione ciò che accadeva nella rada del porto.
-Dovranno agire rapidamente: a meno che non siamo stati traditi, un ufficiale borbonico passato dalla nostra parte dovrebbe aver già predisposto la Monarca nella posizione migliore per l’arrembaggio.-
Gli occhi di Libertaria tuttavia potevano rendersi conto di come la situazione fosse diversa.
La Monarca era stata visibilmente ancorata con la prua rivolta verso il mare e la Tukory avrebbe dovuto effettuare una manovra per accostarsi al meglio: cosa che avrebbe richiesto troppo tempo.
-C’è qualcosa che non mi convince, credo che… -
Le parole della dragonessa vennero oscurate dal lontano crepitio delle scariche di fucili.
-Li hanno scoperti! Andiamo!-
Ruggì la dragonessa, dispiegando le ali e prendendo il volo mentre il suo equipaggio si teneva stretto.
-Sei sicura di sapere quello che fai?!- chiese Giovanna con un grido, per farsi sentire.-
-No! – rispose sinceramente la dragonessa, prima di volare verso la rada del porto.
Scariche di fucileria provenivano dal ponte della Monarca, mentre altri Borbonici si mobilitavano dalle caserme e correvano verso la banchina; i Bersaglieri sulla Tukory rispondevano al fuoco ma era evidente che non avrebbero potuto fare molto mentre in mare arrancavano tre piccole lance cariche di uomini.
Libertaria non poté fare nulla per impedire che una delle tre lance venisse risucchiata per errore e schiacciata dalle grandi pale del motore della Tukory stessa.
La dragonessa ruggì mentre all’improvviso i due uomini che operavano dalla rete del ventre lanciarono delle granate esplosive contro le file di uomini sulla Monarca: le esplosioni non erano ovviamente forti abbastanza da danneggiare la robusta nave ma i marinai borbonici vennero falciati e si dispersero.
-Atterriamo!- disse Giovanna e Libertaria non attese oltre.
Mentre le sue zampe afferravano saldamente il legno del vascello e il suo fianco sbatté contro uno degli alberi, i Garibaldini sulla sua schiena aprirono il fuoco contro altri marinai della Monarca, uccidendone una mezza dozzina. Fucilate di risposta però raggiunsero i Garibaldini e con apprensione Libertaria notò come la stessa Giovanna dovette chinarsi mentre puntava un revolver.
Uno scatto d’ira colse la dragonessa che ruggì e si slanciò impetuosamente in avanti: un artigliata della zampa destra fece volare via alcuni marinai oltre il parapetto della nave.
Fu in quel momento che Giuseppe Piola, al comando della Tukory , approfittò della situazione: il peso della dragonessa stava inclinando la Monarca e rampini e corde vennero lanciate mentre il grande legno borbonico veniva abbordato.
-Continuate a sparare uomini! Per Dio e per il Re!- urlò il capitano della Monarca, Gugliemo Acton, seguito da una dozzina di altri tra soldati ed ufficiali che fuoriuscirono dagli alloggiamenti di poppa.
Una salva di fucileria piovve contro la dragonessa che abbassò il muso cercando di ripararsi: aghi di dolore le penetrarono le squame nel petto e sulla spalla destra, la dragonessa ebbe anche una fugace visione della pena che le avrebbe causato il chirurgo del suo equipaggio di terra per estrarglieli.
Libertaria ruggì ancora e caricò verso quegli uomini ma nel farlo prese in pieno con la spalla sinistra l’albero centrale della nave che intralciava la sua corsa ed in seguito all’urto esso si incrinò.
Libertaria ebbe un idea. –Reggetevi!- ruggì al suo Capitano e al suo equipaggio.
-Libertaria ma cosa… - la domanda di Giovanna venne interrotta da un grido femminile di stupore quando la dragonessa si impennò sulle zampe posteriori e con tutto il peso del corpo e delle zampe anteriori andò a schiantare l’albero centrale che rovinò contro gli alloggiamenti di poppa.
Il capitano Acton che aveva guidato il contrattacco e alcuni dei suoi uomini vennero travolti dal legno della struttura semidistrutta che si schiantò a seguito dell’impatto con l’albero abbattuto.
Libertaria ruggì un ultima volta per decretare la sua vittoria mentre gli uomini della Tukory correvano ai suoi lati finendo o catturando gli ultimi Borbonici, squadre di marinai Garibaldini si erano già diretti sotto coperta con pesante scorta di fucilieri per attivare le pale della grande nave e metterla in navigazione mentre altri uomini avevano rimosso l’unica catena di ferro che teneva la Monarca unita alla banchina.
Il rombo dei cannoni costieri Borbonici, unito al fuoco di fucileria proveniente dalle banchine del porto, crepitava intorno a loro ma le palle di cannone sollevarono spruzzi di acqua quando mancarono la Monarca che si mise in moto accompagnata dalla più piccola Tukory.
-Saliamo in volo Libertaria! Così potranno dispiegare le due vele rimaste e guadagnare velocità!-
Quando fu in alto nel cielo, la dragonessa osservò come le successive salve Borboniche cadevano sempre più distanti rispetto ai due legni che si allontanavano e navigavano alla velocità massima fuori dal porto.
-E’ incredibile ce l’abbiamo fatta!- esultò la ragazza, mentre le voci dell’equipaggio di Garibaldini dietro di lei si levarono in simili espressioni di trionfo.
Durante il volo di rientro, Libertaria pensò a quanto aveva detto il suo capitano prima della battaglia.
Aveva provato paura nell’affrontare i fucilieri della Monarca?
La risposta lasciò sconforto nel cuore di Libertaria.
-Perché si suppone che noi draghi abbiamo un destino scritto come bestie da guerra?-

Note: L’attacco alla Monarca è un evento reale, conclusosi in un fallimento poiché l’ufficiale borbonico passato ai Garibaldini non era riuscito a predisporre bene la Monarca per l’abbordaggio. La Tukory riuscì comunque a fuggire dal porto. Nella realtà del mondo di Temeraire, il ruolo di Libertaria riesce a ribaltare la situazione consentendo la cattura del vascello. Ho accennato solo brevemente all’incontro tra Libertaria e Giovanna (non potevo perderci troppo tempo): solitamente un draghetto riceve la visita di diversi candidati che si offrono come loro capitani. Come già accennato, alcune rare razze prediligono esclusivamente capitani di genere femminile (Libertaria è uno di questi casi, in quanto frutto di un incrocio nel quale uno dei due genitori apparteneva alla razza Longwing).
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RE: Vindex

da Kooskia » 15 settembre 2013, 13:04

Capitolo 12 - Prenderemo Roma...

Vindex si era abituato da tempo al rumoroso cicalio che proveniva dalle vaste foreste sotto di lui.
Sebbene fosse difficile dormire i primi tempi, quel rumore costante dei tanti piccoli insetti alla fine era diventato una presenza fissa.
-… quasi come la loro.-
Egli fece ancora una volta un ampio giro della valle, osservando con attenzione gli accampamenti degli uomini del Regio Esercito appostati ai margini del territorio.
-Perché ho combattuto? Alla fine sono tornato al punto di partenza: anche se adesso almeno ho il mio capitano. –
I recinti di riproduzione del Pollino erano stati una sgradevole sorpresa per il drago.
Avrebbero dovuto ricevere premi e lodi ed invece erano stati rinchiusi in quel luogo torrido: se non altro qualcuno aveva avuto la compiacenza di iniziare la costruzione di padiglioni decenti, su modello di quelli del Gran Paradiso.
-Per una volta che siamo riusciti a vincere! E questo è quanto ci spetta.-
Perché sì, avevano vinto.
O almeno questo viene scritto nei libri di storia.
La verità è che Vindex era rimasto terribilmente annoiato dalla vana attesa dell’invasione delle terre Borboniche oltre lo Stretto di Messina, almeno Libertaria si era divertita un po’ nel catturare quel grosso guscio di noce al nemico e aveva anche ricavato un bel profitto.
-E noi niente… -
Pensò il drago, anche se in effetti un angolo della sua mente gli ricordava che un discreto patrimonio era stato assegnato a suo nome in una banca svizzera per la cattura della Partenope.
-Se non altro Libertaria non se ne vanta troppo. Quella femmina è davvero strana.-
Ma Vindex aveva avuto altre preoccupazioni nell’ultima fase della campagna: i giorni erano diventati settimane e alla fine le forze Garibaldine avevano marciato per sferrare l’ultimo colpo al Borbone.
Grande era stata la delusione quando Napoli venne presa senza sparare un singolo colpo: poco dopo si profilò all’orizzonte la battaglia decisiva sul fiume Volturno e Vindex aveva potuto assaggiare solo un breve scontro contro una formazione di draghi borbonici, che si era arresa quasi subito.
Senza arma aerea, l’armata nemica condotta da Giosuè Ritucci era stata spezzata con facilità dopo diserzioni di massa e l’unico evento degno di nota era una medaglia che il suo capitano aveva ricevuto da Garibaldi in cambio di una pallottola vagante che gli era finita nella gamba. Il grande drago era rimasto sconvolto quando il suo giovane capitano rivelò solo a terra di essere stato colpito e benché la ferita leggera venne prontamente curata, l’ansia del drago era stata lunga a morire.
Quel singolo evento venne in seguito succeduto da una tediosa attesa, con le forze di “Franceschiello” assediate a Gaeta fino alla loro resa definitiva.
-Per poi fuggirsene in esilio a Roma…. Roma, sempre Roma! E possibile che tutte le nostre preoccupazioni alla fine vengano da quella città?!-
L’esercito Sabaudo calato dal nord aveva sconfitto le forze Papali a Castelfidardo ma la vittoria non era stata definitiva e Pio-IX se ne stava aggrappato al suo trono ancora con più energia di prima.
Ci si aspettava che da un giorno all’altro Garibaldi desse l’ordine di puntare al Trono di Pietro ed incredibilmente nulla di tutto questo accadde.
-Chissà cosa si sono detti quel giorno, a Teano.-
I pensieri del grande drago vennero interrotti quando una piccola creatura rossa gli saltò all’improvviso sulle spalle.
-Vindex ! Vindex! Devo dirti una cosa!! Oh sono così contento… -
Il peso massimo sbuffò di impazienza e si scrollò la schiena, quindi fece una virata verso terra, seguito dall’amico.
-Di che si tratta? Hanno deciso di lasciarci andare a radere al suolo il Vaticano?-
Il piccolo drago atterrò al suo fianco, sollevando una nube di aghi di pino rinsecchiti.
-Beh no… però mi hanno detto che posso avere un uovo con lei!-
Vindex sbuffò, aveva cercato quasi di togliersi dalla mente la principale occupazione alla quale erano stato nuovamente costretti: con l’integrazione dei draghi meridionali nelle forze aeree del nel nuovo Regno d’Italia era iniziato un massiccio piano di riorganizzazione delle razze dei draghi italici, si cercava di attingere quanto vi era di meglio nei draghi selezionati nel corso degli anni nel Sud per mescolare il loro sangue ai draghi del nord.
Tutto ciò aveva significato un fitto programma di accoppiamenti per moltissimi draghi: da piccole forze aeree di difesa dei vari Regni e Principati, si doveva creare una forza in grado di primeggiare con le tante altre che imperversavano in Europa.
Vindex comunque trovò curioso l’interesse di Puck per una piccola femmina in particolare, una dragonessa color blu acceso con screziature arancio il cui capitano aveva disertato durante la Battaglia di Palermo.
-Sono contento per te, Puck… - disse il grande drago con espressione distratta, perché la notizia dell’amico gli rammentò che anch’egli aveva un accoppiamento pianificato per quel pomeriggio.
Egli prese una bella mucca abbrustolita a pranzo, soddisfatto per il grande quantitativo di spezie che la cucina locale sembrava prediligere a differenza di quella nordica, ma mentre portava via il suo pasto uno spiacevole incontro turbò il suo umore.
Il grande peso massimo lo fronteggiava con espressione spavalda, le squame arancio identiche alle sue.
- Cosa ci fai qui al sud, Cruentum ? – disse Vindex con tono infastidito.
-Bizzarro che me lo chiedi cugino caro, non sapevi che le Forze Aeree stanno procedendo in massa con il programma di unificazione? Sono giunto solo una settimana fa nei territori della Sila e già ci saranno tre femmine lì in attesa delle mie uova.- disse con un ghigno di superiorità.
-Sì beh… dovresti ringraziare il fatto che qualcuno si è battuto per abbattere quel Francesco-II mentre tu e il Consiglio stavate a scaldarvi la coda lì al Gran Paradiso…-
-Ah ! – lo interruppe sarcastico il drago più grande - Non per mettere l’artiglio nella piaga caro cugino, ma non mi sembra che tu e quel tuo …”capitano” di cui ho sentito parlare abbiate fatto qualcosa.-
Vindex si voltò, un ringhio di avvertimento già pronto a scaturire dalle sue labbra a seguito delle parole irrispettose verso il suo capitano.
-Però almeno quella tua compagna di giochi sembra aver fatto qualcosa, catturando quella grande nave, lei stessa è una femmina niente male devo ammettere… credevo che quella sua testolina piena di stupidaggini fosse tutto quello che aveva da offrire ma in realtà aveva un bel fuoco dentro; a quanto pare gli umani si sono decisi che anche un suo uovo potesse valere qualcosa dopotutto, personalmente ne dubito ma sono certo che il mio sangue saprà colmare le sue debolezze. -
Aggiunse con un ghigno mentre la mente di Vindex sprofondò in uno stato di dubbio, incertezza e confusione.
-Sì beh… ora devo andare … - riuscì a dire con voce spenta, lasciando il cugino a terra ancora ghignante di soddisfazione.
Vindex si allontanò camminando a terra, lasciando che la coda a terra strascicasse sul terreno.
-Perché la cosa mi turba tanto? Dovrebbe essere normale… è una femmina adulta dopotutto, niente da stupirsi che abbiano deciso di farla accoppiare con un altro maschio della mia razza.-
Poi la vide: Libertaria se ne stava accucciata in un angolo, masticando con poca passione un paio di pecore arrostite e quando si accorse della sua presenza la dragonessa sollevò il muso.
-Vindex, io… - accennò ad iniziare, poi mosse il capo di lato.
-Ti hanno fatta accoppiare con lui vero?- disse il maschio con espressione piatta.
Lei continuò a guardare a terra con espressione sia arrabbiata che pensierosa.
-Solo ora capisco che non siamo padroni neanche dei nostri corpi, Vindex… avrei voluto avere un uovo da te e spero di averlo prima o poi.-
Il grande drago si sedette accanto a lei, con espressione preoccupata.
-Non è questo il problema: voglio sapere come ti ha trattata, cosa ti ha detto, se ti ha fatto del male. Cruentum è uno stupido pieno di sé e non gli interessa affatto degli altri!-
Libertaria allungò il muso mordicchiandogli per gioco la zampa destra.
-Ti preoccupi così tanto per me? Se non fossi nata così intelligente potrei sentirmi ferita nell’orgoglio! Purtroppo questo è sia il mio dono che la mia maledizione, perché anche se il tuo cuore è buono tu non riuscirai mai a capirmi fino in fondo: forse solo due o tre altri draghi qui in Europa potrebbero farlo.-
Vindex si sentì a disagio, comprendendo bene di non riuscire ad afferrare molti dei discorsi e dei pensieri dell’amica, ella era nata dopotutto con intelligenza superiore allo standard dei draghi.
-Ma non devi preoccuparti mio caro, sì … non è stato particolarmente gentile, considerando il fatto che era anche la mia prima volta, per il resto è stato un completo gradasso vanaglorioso però l’uovo che portò adesso dentro di me sarà frutto anche del mio corpo e sono sicura che sarà un grande drago.-
Vindex sorrise alla femmina.
-Magari intelligente come te.-
-Oh sì! Quanto mi piacerebbe avere finalmente qualcuno con cui leggere libri e poesie! Però sono sicura che con un po’ di sforzo anche tu potresti apprezzare un bel libro.-
Vindex finì di mangiare la sua mucca, mentre rispondeva all’amica.
-Magari… ora però devo andare, ho anch’io un programma deciso questo pomeriggio.-
Libertaria reagì con interessata curiosità.
-Uh? Una femmina qui del sud? E di chi si tratta?-
Vindex si sentì il cuore più leggero, grato che Libertaria non avesse rancore o gelosia per un suo accoppiamento programmato ma del resto avrebbe avuto poco senso: lo stesso Vindex era rimasto più turbato per il trattamento che Cruentum pareva aver riservato alla peso medio, piuttosto che per il fatto in sé di essersi accoppiato con lei.
-Quella grande dragonessa verde oliva con cui mi ero battuto sopra Palermo. Si chiama Silentiosa e a quanto pare il suo nome poco si addice al suo modo di fare, almeno così mi hanno detto.
Libertaria rimase in pensiero per un attimo quindi chiamò un altro drago bruno, giovane e dall’aspetto solare, verso di loro.
-Incitatus! Vieni qui un attimo!-
Vindex si volse e lo riconobbe dopo qualche istante: era il secondo drago che aveva disertato a Palermo.
Senza indugiare, il peso massimo chiese al drago bruno dettagli sulla femmina e quest’ultimo rispose con pesante dialetto Napoletano.
-Chella è na' femmena davvèr arrabbiata, cumpa’ … -
Quindi raccontò la storia della dragonessa.
-Le cose stanno così quindi… -

Non si stupì di trovarla all’interno di una caverna, prontamente indicata dagli addetti umani.
-Mi raccomando, cerca di stare tranquillo! E’ molto suscettibile e … -
Vindex ignorò il parlottio di uno dei professori venuti apposta da Torino: erano loro a dirigere tutto questo per conto delle Forze Aeree.
Quando egli entrò all’interno della caverna, non si stupì della scelta di isolamento di Silentiosa.
-Tu ! – disse con determinazione la dragonessa, per poi abbassare il lungo collo verde con espressione rassegnata.
-Forse in un certo senso è giusto così. Avanti, reclama la tua vittoria, drago del nord… -
Disse lei con un accento perfetto.
-Non sono un selvaggio! – disse Vindex con espressione indignata.
-…. non sono come Cruentum.- pensò in privato, riflettendo su come si sarebbe comportato suo cugino.
-Non c’è niente da discutere … Vindex, giusto?. Le menzogne che ti hanno già instillato nella mente sono chiare come la luce del sole. Menzogne di libertà e unificazione che nascondono la distruzione delle mie città, la deportazione del mio equipaggio in campi di prigionia dove muoiono uno dopo l’altro per malattia e ferite, la segregazione del mio capitano che per lealtà si rifiuta di unirsi al vostro esercito… -
Le parole morirono in gola a Vindex, ben sapendo che egli si sarebbe trovato con la stessa rabbia e sconforto di Silentiosa, se le parti fossero invertite.
-Tu hai contribuito a distruggere il mio mondo, drago del nord… e per questo ti odio e ti odierò per sempre.-
Disse lei con occhi di ghiaccio, quindi si spostò… piegandosi e spostando di lato la lunga coda.
-Prendimi e facciamola finita.-
Vindex la osservò per un istante, una dragonessa in effetti molto bella con ali grandi ed un corpo grande ed allungato: una razza frutto delle guerre del passato e destinata ad estinguersi di fronte alla pericolosità sempre maggiore dell’artiglieria anti-drago, troppo grande e vulnerabile e non veloce abbastanza.
-Sono stati gli uomini a creare così la tua razza? Effettuando incroci ed esperimenti al solo scopo di produrre una bestia da guerra destinata ora all’estinzione? Ed io sono nato con lo stesso destino? –
Pensò il peso massimo, quindi scosse il capo per scacciare via quei pensieri.
-Sia come sia… l’uovo che deporrà garantirà la sopravvivenza di qualcosa di lei. E qualcosa di me. –
La prese, senza alcuna gioia o felicità nel cuore di entrambi e quando Vindex ebbe finito e fece per andarsene, la prospettiva di dover tornare da lei nei giorni successivi per assicurare il concepimento non alleggeriva il suo cuore.
- Avevo sentito di quel tuo simile, Cruentum… dalle voci che erano giunte a me non mi aspettavo che tu fossi così gentile.- disse lei all’improvviso con vaga sorpresa e forse una traccia di rimorso.
-Io e lui siamo diversi, Silentiosa. Non siamo tutti cattivi come tu pensi … - disse con astio Vindex.
Lei chinò il capo, ma le sue parole rimasero pesanti come macigni.
-Le tue intensione possono anche essere buone Vindex, ma gli eventi a cui hai partecipato recheranno tanto dolore. I sogni di libertà in cui tu stesso hai creduto, si frantumeranno dinanzi ai tuoi occhi: il tradimento giace sotto ogni roccia e il sangue bagnerà la terra che ritieni essere libera.-

Quando Vindex uscì dalla caverna fu sorpreso di non trovare il gruppo di umani addetti agli accoppiamenti ad attenderlo, si guardò intorno e vide un singolo uomo seduto su una roccia.
Lo sguardo del Nizzardo era perso nel vuoto e solo dopo alcuni istanti egli volse il capo verso Vindex.
-Sapete… anche il signor Mazzini venne a trovarmi in un momento simile. Mi chiedo se ciò non sia in realtà motivato da un qualche misterioso fascino da voi attribuito alle nostre pratiche più intime.-
L’uomo sorrise un istante.
-Immagino che la sua reazione sia stata decisamente più imbarazzata della mia.-
-Oh certamente… se ne andò via balbettando, certo che a volte voi umani siete davvero strani e vi fate problemi anche quando non esistono.-
-E’ nella nostra natura: forse se avessimo un po’ della vostra determinazione ci comporteremmo diversamente.-
-… o se foste un pochino più alti.- pensò Vindex privatamente.
-C’è qualcosa che devo chiederti drago… qualcosa che posso chiedere solo a te, ai tuoi compagni e ai vostri Capitani. Ci ho pensato a lungo e i tempi ormai sono maturi.-
La sua mano sinistra si strinse in un pugno.
-Prenderemo Roma… con o senza il consenso del Re.-
Disse con un sussurro.

Note: Molti eventi storici non sono stati affrontati e sono stati riassunti in breve proprio perché dal punto di vista di Vindex essi non rappresentano niente di rilevante.
Alcuni dettagli: il mio trisavolo Pietro (c’è una certa rassomiglianza di nomi? Non è casuale ^^), volontario di giovane età della Sicilia, venne effettivamente ferito alla gamba e in seguito decorato dallo stesso Garibaldi.
Le dinamiche della riproduzione dei draghi in Temeraire sono affrontate più volte(essendo una storia per “young adults” e non per ragazzini): essi mancano di un vero senso di genitorialità suoi figli poiché le uova sono ben protette dagli umani e poiché il piccolo (viene deposto sempre un uovo alla volta) diventa rapidamente indipendente e viene assegnato ad un Capitano.
Manca tra i draghi il concetto di “amore” per come lo intendiamo noi, essi manifestano sentimenti di amicizia o interesse ma non un sentimento come l’amore umano. Particolare come nei libri i draghi leghino la sfera degli accoppiamenti ad un puro scopo riproduttivo: nella serie il drago co-protagonista Temeraire viene coinvolto in un accoppiamento con Iskierka sebbene il loro rapporto sia costellato da reciproche ripicche e senso di competitività. Nonostante i loro dissapori, Iskierka ambisce ad avere un piccolo che erediti la forza di Temeraire e quest’ultimo acconsente essendo egli stesso affascinato dall’idea (dopo molte reticenze, proprio perché non sopportava che Iskierka fosse così esuberante e piena di sé).
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RE: Vindex

da Kooskia » 20 novembre 2013, 20:18

Capitolo 13 - Sangue sull’Aspromonte

I fuochi ardevano, illuminando la spiaggia di luce e donando alle divise scarlatte dei Garibaldini una luminescenza particolare. Non che tutti gli uomini lì riuniti indossassero uniformi, e molti di coloro i quali indossavano il cremisi del Nizzardo esibivano tracce di logorio nei loro vestiti.
Vecchi veterani e nuovi giovani volontari si erano ammassati, attirati dalle parole profetiche di uomo che aveva forgiato il destino dell’Italia ma che giunto alla fine del suo scopo, sembrava essere stato dimenticato quale un vecchio relitto onorevole destinato a stare nel molo più prestigioso del porto ma senza poter spiegare le vele ancora una volta.
Vindex osservava gli uomini attorno al fuoco: alcuni di essi ancora trasalivano quando il drago si avvicinava loro, mentre altri oramai si comportavano con maggior naturalezza.
Il drago stese per bene il lungo collo sulla sabbia ancora calda seguendo con curiosità le voci e le movenze del gruppo di uomini dinanzi a lui.
Tre Garibaldini stavano inscenando un piccolo siparietto: secondo Vindex non avevano alcuna speranza di essere anche solo paragonati agli attori dei teatri di Torino per bravura, ciononostante sapevano suscitare l’ilarità generale tra gli altri Garibaldini seduto o sdraiati in circolo attorno al fuoco.
Un paio di ufficiali, la cui divisa rossa si contraddistingueva dalle altre poiché ancora immacolata, si erano avvicinati e pur restando in piedi anche loro ridevano visto che il tema dello spettacolino vergeva sulle ingerenze della Francia.
All’improvviso però uno dei teatranti che si era scostati dagli altri due, fece di nuovo la sua comparsa inscenando un nuovo personaggio e sfoggiando un paio di grandi baffoni finti (che altro non erano se non un folto ramoscello di pino marittimo).
Anche il grande Vindex lasciò sfuggire un mugugno di ilarità poiché il Garibaldino stava impersonando niente meno che Francesco Crispi: colui che era stato in mezzo ai garibaldini (anche se sarebbe più corretto dire dietro di essi), ora si era fatto largamente notare per la sua assenza sostituita dal suo ingresso ufficiale nella carriera politica nel nord.
Crispi non ne uscì bene dalla rappresentazione, risultando alquanto pomposo.
-… pomposo e forse qualcos’altro in più.-
Le risate di tutti vennero però interrotte dalle parole irate e imperiose di uno dei due ufficiali.
-Come vi permettete di mancar di rispetto a Crispi?- disse uno.
-Ma lo sapete cos’ha fatto per l’Unità d’Italiana?- rincarò il secondo.
Fu in quel momento che una voce inaspettata si levò dal circolo dei Garibaldini seduti. L’aspetto dell’uomo attirò la curiosità di Vindex: la sua voce era calda e velata di vibrante giovinezza eppure i lunghi capelli erano ingrigiti, segno che il Garibaldino era stato segnato dall’incedere del tempo.
Egli non portava la divisa rossa ma un abito bruno, segno del suo essere un volontario unitosi di recente.
-Crispi è a Torino! In quel parlamento dove si fanno solo discorsi inutili. Mentre loro stanno per spingere un cannone fino a Roma!.
-Come ti permetti!? Come ti chiami tu?- chiese uno degli ufficiali con tono inquisitorio.
Tale domanda suscitò soltanto una nuova reazione di rivolta nel combattente dai capelli d’argento.
-Come sarebbe “come mi chiamo”. Non si può parlare liberamente nemmeno qua?-
Prima che l’ufficiale potesse replicare, da un Garibaldino seguito dopo alcuni istanti da un secondo e poi da tanti altri ancora, si levò un canto di sfida.
“Quando all'appello di Garibaldi
tutti i suoi figli suoi figli baldi
daranno uniti fuoco alla mina
camicia rossa garibaldina
daranno uniti fuoco alla mina
camicia rossa garibaldina.”

Vindex stesso levò alto il lungo collo, unendo la sua forte voce al coro ed imprimendo le parole con calore.
Il coro si interruppe solo un istante, al grido di un singolo volontario (subito seguito da grida di esultazione) che additò delle figure a cavallo appena giunte su di un colle.
-E’ lui- disse Vindex. – Garibaldi è arrivato.-
Il coro riprese con maggior vigore e Vindex non trattenne la sua voce nel cantare.
“ E tu ti svegliasti col sol d'aprile
e dimostravi che non sei vile
per questo appunto mi sei più cara
camicia rossa camicia rara.”

L’animo dei presenti ardeva con più forza degli stessi fuochi sulla spiaggia, e grida di “O Roma o Morte” proruppero tra la folla.


La luna piena illuminava il sentiero di fronte a Vindex rendendo più facile il cammino non solo al grande drago ma anche alla lunga colonna di volontari che marciava sulle aspre alture dell’Aspromonte.
Per un interessante caso, il peso massimo e il suo equipaggio erano stati assegnati allo stesso gruppo con cui aveva condiviso la notte sulla spiaggia qualche tempo prima.
Vindex portava sulla schiena solo il suo giovane capitano Pietro mentre il resto dell’equipaggio proseguiva a piedi visto che il drago era stato caricato di casse di viveri e munizioni.
Tempo fa egli se ne sarebbe risentito per essere trattato quasi come un mulo da soma, ma i tempi erano cambiati.
-Io sono qui perché così ho scelto. Non perché mi è stato ordinato… e lo stesso vale per tutti questi uomini.-
Non riusciva a vedere gli altri draghi del gruppo poiché essi erano stati sparpagliati lungo la colonna per adempiere al suo stesso compito.
Lo spirito del drago era alto così come quello di tutti gli altri volontari che non smettevano di intonare un canto dopo l’altro.
-Questo qui non lo conosco Pietro, tu sai le parole?.-
“E a Roma a Roma
ci sta un papa
che di soprannome
si chiama Pio Nono
lo butteremo giù dal trono
dei papa in Roma
non ne vogliamo più

Lo butteremo giù dal trono
dei papi in Roma
non ne vogliamo più

Prima in San Pietro
e poi in San Paolo
e le lor teste
vogliamo far saltar
e in piazza d'armi la ghigliottina
e le lor teste
vogliamo far saltar”

Vindex emise un ghigno al tono alquanto lugubre eppure gioioso della canzone.
-Che ne pensi, Pietro?- il suo giovane capitano era in effetti un po’ silenzioso.
-E’ interessante come parecchi Garibaldini siano cristiani convinti eppure cantino così allegramente tale canzone. In effetti… a pensarci su non è poi così tanto strano, il Papato dopotutto non è altro che uno dei tanti Regni che per secoli ha imperversato con tasse ed armate sul popolo italiano. –
Il peso massimo cercò di guardare dietro di sé, poiché Pietro persisteva nel suo silenzio.
-Cosa succede Pietro?- chiese il drago con espressione preoccupata.
-Mi… mi è sembrato di aver visto qualcosa muoversi laggiù.- disse il giovane con tono incerto.
Vindex sbuffò, pensando che si trattasse di lupi o di volpi. Dopotutto non vi erano nemici fino ai confini dello Stato Vaticano, le uniche forze in armi nella Calabria in quel momento erano le truppe del Regio Esercito e forse qualche banda di irriducibili borbonici alla macchia.
L’attenzione di Vindex venne interrotta poiché sembrava che il cannone che i volontari stavano trascinando davanti a lui si era bloccato.
Mentre i Garibaldini cercavano di smuoverlo, incominciò il crepitare dei fucili.
Uno dei volontari crollò a terra, Vindex ebbe appena il tempo di rendersi conto che era lo stesso che aveva interpretato Crispi sulla spiaggia, prima che altre fucilate risuonarono intorno a loro.
Vindex gettò uno sguardo agli uomini che stavano sparando dalle alture.
Il suo cuore venne bloccato da un fremito di gelo.
Non erano sbandati borbonici ancora in armi: ma soldati regolari che indossavano le divise dei Bersaglieri del regno.
Lui stesso si era battuto per proteggere tali uniformi in innumerevoli battaglie.

Il drago fece alcuni passi indietro.
-Pietro tieni giù la testa! Presto ! Qualcuno mi levi di dosso queste casse… non posso combattere così!.-
Alcuni uomini del suo equipaggio accorsero ai suoi fianchi e si apprestarono a tagliare le corde che reggevano il carico.
Allo stesso tempo, alcuni Garibaldini risposero al fuoco, solo per venire interrotti da un ufficiale dalla divisa scarlatta.
-Fermi! Il Generale ci ha detto che non bisogna rispondere al fuoco italiano!-
Le fucilate dall’alto dell’altura però non si interruppero e quando finalmente l’equipaggio di Vindex aveva liberato il drago dal suo carico, il colpo sparato da una cannonata esplose non lontano da lui.
-Anche… anche i cannoni… - disse Pietro
In mezzo al trambusto, si levò forte e decisa la voce del volontario dai capelli grigi che si era levato di fronte agli ufficiali quella notte sulla spiaggia.
-Via presto! O i bersaglieri ci ammazzano tutti!-
A quelle parole la colonna si frantumò disperdendosi nella macchia ai lati del sentiero e fornendo un bersaglio meno facile agli attaccanti.
Ma lo stesso non poté dirsi per un drago della stazza di Vindex e almeno tre differenti colpi andarono a segno: due sulla spalla sinistra ed una sulla membrana alare, essi fecero emettere un ruggito di dolore al drago.
-Ti hanno colpito?- chiese con ansia il giovane Pietro.
-Non è niente di grave, avessi avuto con me le mie protezioni però… -
-Va bene ma resta a terra! Se ci leviamo in volo saremo un facile bersaglio… loro sono più in alto di noi.- disse il suo capitano e il drago annuì il suo consenso.
Alcuni istanti più tardi egli avvistò un gruppetto di Garibaldini che comprendeva un ufficiale ed anche il volontario dai capelli grigi.
-Facciamoli salire presto! Pensi di poter portare un po’ dei nostri nella rete ventrale?-
-Sì ma non troppi- rispose il drago, mentre altre pallottole volarono alte sopra le loro teste.
Quando li raggiunsero, Vindex rimase ancora una volta frustrato dal riluttante timore esibito dall’ufficiale e da alcuni di quegli uomini nel salire su di lui: curiosamente però il veterano dai capelli grigi non sembrò affatto timoroso e i suoi occhi scintillarono un istante per l’emozione.
L’ufficiale cercò di far sentire la sua voce dalla rete ventrale.
-D… dobbiamo cercare di raggrupparci, l’intera colonna si sarà sparpagliata e dobbiamo capire quali sono i nostri ordini. Ancora non posso crederci… il Regio Esercito contro di noi…. come è possibile che… –
Le sue parole vennero interrotte da un ruggito di rabbia e dolore.
Dal lato destro del pendio emersero le figure di due draghi avvinghiati in una lotta furiosa.
-Anche le Forze Aeree!- disse Pietro con stupore, mentre Vindex decise di lasciarsi alle spalle la cautela e si slanciò in avanti, cercando di tenere collo e testa il più bassi possibile.
Alcuni colpi crepitarono attorno a lui, un'altra pallottola gli si conficcò nella coda mentre il grido di uno degli uomini del suo equipaggio ne indicò la morte.
Anche i volontari che erano saliti nella rete cercarono di rispondere al fuoco benché la loro posizione non fosse la migliore per sparare né il passo affrettato del drago rendesse facile la mira.
Vindex si interruppe solo di fronte alla scena, rendendosi conto di essere giunto tardi.
Il suo grande cugino Cruentum lo affrontava con espressione trionfante, mantenendo la zampa destra sul collo di un drago ai suoi piedi.
Sangue colava dal muso del peso massimo e dai suoi artigli, per qualche istante Vindex temette che la sua vittima poteva essere stata Libertaria: si rese conto dopo alcuni istanti che invece si trattava di Incitatus, il cui capitano Napoletano aveva condiviso il piano di unirsi alla spedizione verso Roma.
-Stai tranquillo cugino, non ho ucciso quella tua amichetta… certo, non volerà per qualche mese, ma non avrei mica potuto uccidere una femmina destinata a deporre un mio uovo, non credi?- disse con un ghigno.
Vindex ritenne di odiare Cruentum come non era mai riuscito a fare prima d’ora.
Cercò di aprire bocca ma le parole gli vennero meno.
-Ti stai chiedendo perché ho ucciso questo qui?- e per calcare la mano premette con forza sul collo squarciato del peso medio.
-… perché era un traditore. Esattamente come lo sei tu, caro cugino, avete disobbedito ad un ordine del Re agendo di vostra iniziativa. Però credo che se tu ti arrenda adesso potrei risparmiare la tua vita e quella del tuo equipaggio. Tanto per informarti, abbiamo catturato anche quel ridicolo draghetto sardo: ha avuto la fortuna di trovarsi circondato dai Bersaglieri prima che lo trovassi io e ha preferito vivere piuttosto che lasciarsi ammazzare. Peccato… mi sarebbe piaciuto divertirmi un po’ anche con lui.-
Pietro parlò con calma al suo drago.
-Ascolta Vindex, è pieno di Bersaglieri tutto intorno a noi: se lo attacchiamo potrai anche ferire lui o il suo capitano ma verremo tutti uccisi. Credo… credo che sia meglio arrendersi.-
L’orgoglio di Vindex si scontrò per la prima volta contro tale possibilità. Poi guardo il suo equipaggio e gli uomini che portava nella rete ventrale e comprese qualcosa.
Le sue azioni avrebbero significato la morte anche di altre persone che riponevano in lui la loro fiducia.
Non poteva sacrificare anche le loro vite.
Quando i Bersaglieri arrestarono uno ad uno i Garibaldini, Vindex cercò con lo sguardo il volontario dai capelli grigi, una nube di dolore sembrava offuscare il suo volto benchè egli non sembrava avere ferite fisiche.
-Naturalmente… - continuò a parlare Cruentum, dopo che anche Pietro venne portato via sotto tiro.
-Come promesso non ucciderò nessun altro questa notte, ma tutti i Garibaldini che erano ufficialmente parte delle Forze del Regio Esercito, saranno passati per le armi dai Bersaglieri in quanto disertori: gli altri civili potranno andarsene e devono render onore alla magnanimità di Sua Maestà. Oh… ovviamente la pena capitale vale anche per tutto il tuo equipaggio, anche in questo caso dovresti render grazia alla generosità del Re poiché il tuo capitano verrà risparmiato e segregato. Tu invece te ne andrai dritto nei terreni di riproduzione, direi che ti andrà più che bene caro cugino, pensa che a me toccherà invece tornare in pieno servizio attivo.-
Vindex emise un singolo ruggito di dolore, provocando un improvvisa reazione in tutti i Bersaglieri attorno a lui: essi non spararono solo grazie ad un ordine di alcuni ufficiali che impedì loro di aprire il fuoco.


Note:
Questo capitolo è largamente ispirato ad un paio di scene del film “Noi Credevamo” del 2010. Possiamo dire che è praticamente un cross-over. Il personaggio dai capelli d’argento è ovviamente Domenico, interpretato dal grande attore Luigi Lo Cascio.
Per gli interessati ecco lo spezzone presente su youtube:

http://www.youtube.com/watch?v=FJhQS81waY4
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RE: Vindex

da Kooskia » 29 gennaio 2014, 13:17

ops errore. Avevo postato il nuovo capitolo dell'altra fanfic.
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RE: Vindex

da Kooskia » 28 aprile 2014, 10:40


Capitolo 14 – Sopra navi di ferro.
Le onde del mare crescevano, si impennavano e si univano le une alle altre in giochi ininterrotti.
Vindex avrebbe potuto rimanere a fissarle per lungo tempo, come se quel passatempo potesse aiutarlo a lasciarsi alle spalle il passato.
A volte qualcosa poteva essere dimenticato: altre volte no.
Ed il passato ritornava sempre, a morderti una zampa come se fosse un nemico assetato di sangue.
Il tempo era scorso lento per il grande drago, la monotonia della vita nei terreni di riproduzione era inframezzata da piccoli eventi che lasciavano poco il segno.
Erano passati quattro anni dalle cicatrici dell’Aspromonte.
Cicatrici che ancora faticavano a rimarginarsi.
Se non altro il suo Capitano era rimasto sempre con lui, unico del suo equipaggio a sopravvivere.
Vindex si tormentava per quanto era accaduto e provava rimorso nel pensare con gioia che Pietro era ancora accanto a lui.
Se avessero strappato anche la sua vita, probabilmente il grande drago avrebbe cercato volontariamente la morte.
Pietro aveva colmato in buona misura il vuoto nel suo cuore dato dalla morte del suo primo Capitano: egli non capì mai se ciò fosse dato da una somiglianza di aspetto o di voce o di carattere o di qualche dettaglio che non poteva essere visto, toccato o annusato.
Il suo Capitano era vivo, ma era prigioniero come lui. Se non altro poteva vederlo ogni tanto e le brevi visite erano inframezzate da lunghi periodi di attesa.
Mentre il mondo continuava a scorrere attorno a lui, piccole gioie venivano concesse quando qualcuna delle uova da lui concepite si schiudeva.
Come ogni drago che si rispetti, Vindex mantenne un distaccato orgoglio nei loro confronti anche se rimpianse di non aver potuto assicurarsi che la figlia nata dall’uovo di Silentiosa avesse un capitano all’altezza di lei.
Anche Libertaria aveva deposto l’uovo di quell’assassino di Cruentum, e Puck non si era dato meno da fare: il piccolo draghetto sardo non perdeva mai il suo umore né una discreta fama tra le dragonesse di piccola stazza.
-E’ tutto a posto Vindex? –
Chiese la voce amplificata da un megafono del suo capitano.
Vindex non rispose, continuando a mantenere la rotta.
Perché nonostante ci fossero stati piccoli stralci di felicità, il passato non poteva essere cancellato.
Sotto di lui si stagliava l’intera flotta dell’Ammiraglio Persano.
Ancora una volta Vindex si sorprese nell’osservare le navi in formazione, perché in quei pochi anni il progresso aveva portato molti cambiamenti.
Le unità avevano ancora alberi, ma i fianchi erano sempre più protetti da piastre corazzate e alte torri eruttavano fumo scuro e puzzolente.
Non da ultimo, il progresso si era unito al passato e parecchie di quelle navi esibivano degli speroni metallici sotto la linea di galleggiamento, come le antiche galee Romane.
-Ma tutto questo non serve a nulla senza il supporto aereo. Ed ecco per cui anche un traditore come me può essere utile e ricevere il perdono se si dimostra capace in guerra.-
Vindex non poteva scordare il livore nella faccia del suo capitano quando degli ufficiali in alta uniforme ed aria pomposa gli avevano fatto tale “proposta” (che suonava più come un ordine).
Uomini che sapevano bene che l’intero equipaggio di Vindex era stato sterminato proprio per mano di soldati con quella stessa uniforme.
Un lampo rosso saettò di fronte a Vindex.
Il piccolo drago sardo fece un ampia manovra e andò ad accostarsi al peso massimo.
Vindex non dimenticò mai come il draghetto sia rimasto rattristato quando gli venne affibbiato a forza un “Capitano”: un ufficiale arrogante di origine aristocratica a cui interessava poco o nulla dello stesso Puck.
Vindex mosse il capo, regalando un sorriso di simpatia nei confronti di Puck che in quel momento veniva rimproverato dal suo Capitano per la manovra acrobatica poiché bella quanto “inutile”.
Il grande drago fece sorridere il piccolo amico e questo era per lui decisamente più importante dei confusi ordini che il Capitano pomposo stava trasmettendo con una segnaletica di bandierine.
Vindex avvertì come gli uomini sul suo dorso e gli ufficiali di guardia al suo Capitano fossero alquanto confusi e sotto di lui le navi della flotta si divisero.
Non era la prima volta che Puck volava dalle navi alla Squadra aerea per dare informazioni contraddittorie, mentre sotto di loro le navi davano prova solo di problemi e incomprensioni.
Alcune di esse avevano avuto dei guasti ed erano rimaste indietro, scardinando la formazione.
Con la coda nell’occhio, vide che gli ufficiali sul suo dorso segnalarono domande di chiarimento all’ufficiale di Puck.
In particolar modo chiedevano quale fosse effettivamente l’Ammiraglia di Persano:
-Quale esercito, su terra o su mare, può mai combattere senza sapere chi li guida?-
E senza dare altro tempo alla Flotta di Persano, le navi austriache si profilarono all’orizzonte.
Vindex scorse con un fremito i profili dei draghi in volo sopra di esse.
Per alcuni istanti rimase solo una cosa: il brivido e l’eccitazione della battaglia imminente.
Cosa importava aver perso tanto, se poteva ancora essere in volo e battersi per sé stesso e per il suo capitano?
Poi il ruggito dei draghi si levò alto in cielo e Vindex volò a combattere i suoi simili nell’ennesima guerra degli uomini.
Ma la formazione italiana in cielo era scoordinata e confusa esattamente come quella su mare e gli Austriaci lottavano con precisione, con le due forze che si aiutavano a vicenda.
Le volte che Vindex e i draghi più piccoli cercavano di attaccare i loro avversari, questi scendevano di quota e venivano supportati dal fuoco anti-drago delle unità navali.
Un peso-piuma che volava non poco distante da Vindex venne preso in pieno da una cannonata e il suo corpo straziato precipitò rapidamente nel mare.
Mentalmente Vindex si sentì sollevato nel notare che il piccolo drago aveva scaglie verdi e non rosse come Puck ma non ebbe altro tempo per pensare poiché una grande femmina di peso massimo di una razza nativa delle coste della Dalmazia urtò contro di lui cercando di azzannargli il collo.
I due leviatani si batterono a mezz’aria, sfregiandosi i fianchi con gli artigli ma poi dovettero separarsi per non compromettere ulteriormente il loro assetto di volo e rischiare di precipitare.
Essi volarono affiancati per qualche istante mentre gli equipaggi si scambiavano fucilate a distanza e Vindex sentì gli impatti di alcuni proiettili che venivano assorbiti dalle placche corazzate protettive che indossava sul collo.
I colpi però distrassero il peso massimo e un drago più piccolo si slanciò frontalmente contro di lui volandogli addosso: egli affondò le zanne nella spalla sinistra di Vindex che lanciò un ruggito di dolore e riuscì ad allontanarlo con le zampe anteriori, prima di scendere di quota planando.
Vindex si rese conto di essere ferito, anche se non mortalmente, ma la perdita di sangue lo stava indebolendo.
Un rapido sguardo intorno a lui gli diede conferma che gli Austriaci stavano vincendo tanto in aria, quanto in mare: i nuclei delle navi più forti da ambo le parti erano oramai in diretto contatto e i vascelli si scambiavano colpi o cercavano di speronarsi a vicenda con una serie di manovre.
L’esito della battaglia però era chiaramente in vantaggio degli Austriaci: molte navi italiane erano puntolini all’orizzonte mentre l’ariete corazzato Affondatore, impegnava navi austriache senza riuscire a speronarle.
L’attenzione di Vindex venne mossa da un singolo vascello italiano, che identificò rapidamente come la Re d’Italia, accerchiato da diverse navi austriache.
-Scendiamo di quota Vindex! Cerchiamo di aiutarla!- gridò Pietro al suo drago, riecheggiando i pensieri del drago.
Forse, se fosse riuscito a disperdere il nucleo delle navi austriache, ci sarebbe stata speranza.
Egli scese di quota rapidamente, sfiorando il livello del mare.
Un paio di pesi piuma austriaci cercarono di intercettarlo, stupidamente quanto coraggiosamente, ma Vindex non dovette nemmeno attaccarli perché il nutrito fuoco dei fucilieri sul suo dorso bastò ad allontanarli.
Gli artiglieri austriaci si accorsero troppo tardi del rapido attacco del drago ed egli puntò direttamente all’Ammiraglia, la pirofregata corazzata Ferdinand Max.
Vindex si scagliò sulla fiancata della nave, facendo leva su di essa e tranciando il fumaiolo ma mentre si apprestava a fare lo stesso anche con gli alberi e il ponte, la decisa reazione dell’equipaggio lo sorprese.
Si rese conto che gli uomini su quella nave erano di ben altra pasta rispetto ai marinai Borbonici ed egli rimase ancora più sorpreso nel constatare come le grida concitate erano tutte in veneto.
-Stiamo combattendo altri Italiani...-
Alcune pallottole si conficcarono nel fianco di Vindex, colpendo punti non protetti, ed egli emise un gemito di dolore: il suo sguardo si posò sul punte, dove l’Ammiraglio austriaco Tegetthoff rimaneva sul suo posto, attorniato dai suoi ufficiali tutti armati.
I fucili erano spianati contro di lui, e gli sguardi degli uomini e dello stesso Ammiraglio erano decisi e pronti a tutto.
Vindex prese la sua decisione.
Spiegò le grandi ali e con una spinta si allontano dallo scafo del vascello, sollevandosi in aria e allontanandosi.
Con la coda nell’occhio vide che i marinai non spararono contro di lui a seguito di un brusco grido di Tegetthoff : quest’ultimo diede quindi una serie di rapidi ordini e pochi minuti dopo Vindex vide l’Ammiraglia austriaca speronare e colare a picco la Re d’Italia.

Note:
La Battaglia di Lissa è in realtà un’azione navale complessa e con diverse fasi, ho dovuto concentrare l’azione su un evento particolare e come avrete notato l’intero capitolo si svolge alcuni anni dopo il precedente. Anche i capitoli successivi avranno dei salti temporali per necessità della trama.
L’utilizzo di unità speronatrici in mare vide il suo culmine proprio per questa Battaglia navale, in seguito tale tattica non venne praticamente più utilizzata con lo sviluppo di artiglierie di gittata maggiore.
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