da Kooskia » 8 maggio 2013, 15:52
Capitolo 11--- La Monarca
Se fosse stata una normale femmina della sua specie, la dragonessa non avrebbe dovuto avere altri pensieri per la testa che godersi il pasto e farsi scaldare le squame dal sole.
Ma Libertaria non era una dragonessa qualsiasi.
I suoi pensieri erano sempre indirizzati verso ciò che doveva ancora accadere: speranze, piani ed idee si arrovellavano nella sua mente, impedendole di riposarsi.
Volse il capo per guardare il suo capitano e sorrise nel vederla.
L’orgoglio per il proprio capitano era qualcosa che accomunava Libertaria agli altri draghi.
Un orgoglio a lungo frustrato dalle ingiustizie che riteneva avessero perseguitato ingiustamente sia lei che la giovane donna.
Rammentava bene cosa accadde il giorno della sua nascita; invece di respirare l’aria pura e libera dei monti, si era sentita soffocata dalla frustrazione che trapelava da tutti gli umani che si attorniavano intorno a lei.
Nessuno dei giovani maschi che cercarono di sottometterla suscitava anche una minima empatia in Libertaria. Fu la notte più terribile per la giovane dragonessa appena uscita dal guscio: almeno una decina di giovani umani si erano allontanati, chi spazientito e chi deluso, solo un inserviente alla fine si era degnato di darle qualcosa da mangiare.
Era rimasta da sola in quella che era una vecchia stalla per ore, dopo che nessuno dei cadetti era riuscito a conquistare il suo cuore. Libertaria stessa non sapeva cosa fare ed era disperata.
Sentiva che aveva bisogno di un compagno accanto a se, qualcuno con cui condividere la durezza di un mondo nel quale era appena nata e del quale non comprendeva le regole.
Fu solo allora, vedendo una giovane serva che era venuta a portarle altro cibo, che gli occhi di Libertaria si illuminarono.
Forse era stata una qualche sensazione che scaturiva da un volto più gentile e affidabile, forse il fatto che la fanciulla non si fosse avvicinata a lei con sprezzante sicurezza di se: qualsiasi sia stato il motivo, le vita di Libertaria e della fanciulla cambiarono per sempre.
L’incomprensione pervase la giovane dragonessa quando le venne detto che non avrebbe mai potuto prendere parte al servizio militare nei Corpi; ci vollero mesi perché i motivi di tale limitazione fossero resi chiari.
Adesso Libertaria poteva finalmente guardare con orgoglio la sua Giovanna che indossava la camicia rossa Garibaldina, tutta intenta a pulire un paio di stivali sotto un albero.
L’espressione della ragazza era seria, non avevano avuto una grande parte nella recente battaglia di Milazzo: ancora una volta era stato Vindex con la sua squadra di uomini scelti a dare una svolta alla battaglia, quando aveva appoggiato l’azione della pirocorvetta Tukory nel bombardare il fianco sinistro dei Borbonici fino alla loro resa. Milazzo era stata liberata e tutte le forze rimaste dell’esercito Borbonico avevano abbandonato la Sicilia senza colpo ferire.
Libertaria tuttavia rammentò una sorta di tristezza nell’espressione di Vindex, probabilmente legata al ricordo di un ufficiale di origini ungheresi che era perito a seguito della precedente Battaglia di Palermo: la pirocorvetta, un vascello Borbonico il cui capitano aveva disertato, era stata rinominata in onore all’Ungherese.
Ma in cuor suo Libertaria pensò che l’espressione muta di Giovanna fosse dettata da ben più foschi eventi: dopo l’euforia iniziale per la vittoria, si era frapposta la necessità per l’Esercito Meridionale di garantire l’ordine pubblico in Sicilia e gli ideali e le speranze di molti volontari vennero accolti con rivolte, saccheggi e sommosse . A riprova della difficile situazione era appena giunta voce di un increscioso evento che aveva coinvolto proprio quel Bixio che in teoria avrebbe dovuto controllare la Flotta Aerea dell’Esercito Meridionale e che adesso sembrava essersi dedicato ad altro ruolo.
Libertaria aveva capito fin da subito che l’uomo era dotato di una forte tempra autoritaria e che sarebbe stato in grado di prendere dure decisioni militari: le voci che si susseguivano rapidamente tra i volontari parlavano di legge marziale e giustizia sommaria con tanto di fucilazioni.
Fu in quel momento, tra densi pensieri e mormorii degli uomini della squadra di Garibaldini che addetti al dorso di Libertaria, che il rumore di zoccoli di cavallo attirò l’attenzione della dragonessa.
Sollevò il muso con sorpresa nell’osservare Garibaldi in persona dirigersi verso di lei.
-Buongiorno- disse educatamente la dragonessa. –E’ da diverso tempo che non ci fate visita, state bene? Eravate rimasto ferito nella battaglia? Ho sentito che… -
-Oh… non è stato niente.- Disse il Nizzardo sollevando una mano, come a sottolineare la scarsa importanza dell’evento. –Ero banalmente caduto di sella durante una carica della cavalleria e per fortuna il mio buon Missori, il capo del nostro contingente di guide a cavallo, mi tirò fuori da quell’impiccio. –
La giovane compagna della dragonessa si avvicinò e fece il saluto al comandante dell’Esercito Meridionale.
-Ah, Giovanna! Cercavo anche voi… avrei una proposta da fare a te e Libertaria. Si tratterebbe di una missione molto pericolosa e non intendo insistere se ritenete di non essere in grado di portarla a termine.
Sarebbe l’occasione perfetta per infliggere un grave colpo materiale e morale al nostro nemico, oltre che per dare ai nostri volontari altro su cui parlare notte e giorno piuttosto che le nostre difficoltà amministrative e gli spiacevoli eventi degli ultimi giorni.-
Libertaria annuì, rendendosi conto della lungimiranza di un capo che cercava sempre di ottenere il massimo col minimo sforzo: la dragonessa non era affatto orfana di tattiche militari benché avesse all’attivo praticamente nessuna vera battaglia. Qui però si andava ben oltre, puntando piuttosto ad un preciso obiettivo propagandistico.
-In tutta sincerità tale impresa sarebbe estremamente difficile da svolgersi se non avessimo un drago nei nostri ranghi, inoltre ritengo che per il colore delle squame tale missione possa essere affidata solo a voi.-
Gli occhi di Libertaria incrociarono quelli di Giovanna che risposero con la stessa espressione interrogativa.
-Si tratta della Monarca, il più grande e potente vascello in servizio nella Marina del Regno delle Due Sicile, una nave con oltre 60 cannoni che voi dovrete catturare. Voi e la nostra pirocorvetta Tukory. Vostra missione sarà scortare la Tukory fino a Messina, dove imbarcherà truppe per l’abbordaggio, quindi assicurarsi che l’impresa riesca intervenendo durante l’attacco alla rada a Castellammare di Stabia nel caso di imprevisti. Con la vostra colorazione delle squame, Libertaria, siete la più indicata di tutta la nostra Forza Aerea per operare su mare. –
Era paura quella che avvertiva Libertaria? Uno strano brivido, una sensazione mai avvertita prima che tuttavia andava a mescolarsi all’adrenalina che le scorreva in corpo.
-Strano… non dovrei provare paura.- pensò la dragonessa.
Libertaria non provò paura quando durante la navigazione della nave che doveva proteggere venne avvistata una pirofregata Borbonica, identificata come la Borbone, che però non aprì il fuoco.
Né provò timore quando osservò le lunghe file dei 150 uomini che si imbarcavano. Si trattava di due intere compagnie di una forza di Bersaglieri, parte dei numerosi rinforzi giunti via mare nelle settimane precedenti dal Nord.
Quando nave e dragonessa procedettero con la loro missione, Giovanna chiese alla sua compagna i motivi del suo silenzio.
- Sono solo concentrata sul volo, tu piuttosto dovresti guardare bene se arrivano draghi Borbonici alle mie spalle!-
Si pentì quasi subito della risposta data alla fanciulla, anche perché non era compito del Capitano fare tali osservazioni: vi erano già vedette all’erta tra l’equipaggio che Libertaria portava sul dorso.
Come previsto da Garibaldi stesso, non vi furono draghi in aria quella sera poiché i Borbonici non si aspettavano un azione tanto imprevista. Libertaria atterrò silenziosamente tra i fitti alberi di colline poco abitate, scrutando con attenzione ciò che accadeva nella rada del porto.
-Dovranno agire rapidamente: a meno che non siamo stati traditi, un ufficiale borbonico passato dalla nostra parte dovrebbe aver già predisposto la Monarca nella posizione migliore per l’arrembaggio.-
Gli occhi di Libertaria tuttavia potevano rendersi conto di come la situazione fosse diversa.
La Monarca era stata visibilmente ancorata con la prua rivolta verso il mare e la Tukory avrebbe dovuto effettuare una manovra per accostarsi al meglio: cosa che avrebbe richiesto troppo tempo.
-C’è qualcosa che non mi convince, credo che… -
Le parole della dragonessa vennero oscurate dal lontano crepitio delle scariche di fucili.
-Li hanno scoperti! Andiamo!-
Ruggì la dragonessa, dispiegando le ali e prendendo il volo mentre il suo equipaggio si teneva stretto.
-Sei sicura di sapere quello che fai?!- chiese Giovanna con un grido, per farsi sentire.-
-No! – rispose sinceramente la dragonessa, prima di volare verso la rada del porto.
Scariche di fucileria provenivano dal ponte della Monarca, mentre altri Borbonici si mobilitavano dalle caserme e correvano verso la banchina; i Bersaglieri sulla Tukory rispondevano al fuoco ma era evidente che non avrebbero potuto fare molto mentre in mare arrancavano tre piccole lance cariche di uomini.
Libertaria non poté fare nulla per impedire che una delle tre lance venisse risucchiata per errore e schiacciata dalle grandi pale del motore della Tukory stessa.
La dragonessa ruggì mentre all’improvviso i due uomini che operavano dalla rete del ventre lanciarono delle granate esplosive contro le file di uomini sulla Monarca: le esplosioni non erano ovviamente forti abbastanza da danneggiare la robusta nave ma i marinai borbonici vennero falciati e si dispersero.
-Atterriamo!- disse Giovanna e Libertaria non attese oltre.
Mentre le sue zampe afferravano saldamente il legno del vascello e il suo fianco sbatté contro uno degli alberi, i Garibaldini sulla sua schiena aprirono il fuoco contro altri marinai della Monarca, uccidendone una mezza dozzina. Fucilate di risposta però raggiunsero i Garibaldini e con apprensione Libertaria notò come la stessa Giovanna dovette chinarsi mentre puntava un revolver.
Uno scatto d’ira colse la dragonessa che ruggì e si slanciò impetuosamente in avanti: un artigliata della zampa destra fece volare via alcuni marinai oltre il parapetto della nave.
Fu in quel momento che Giuseppe Piola, al comando della Tukory , approfittò della situazione: il peso della dragonessa stava inclinando la Monarca e rampini e corde vennero lanciate mentre il grande legno borbonico veniva abbordato.
-Continuate a sparare uomini! Per Dio e per il Re!- urlò il capitano della Monarca, Gugliemo Acton, seguito da una dozzina di altri tra soldati ed ufficiali che fuoriuscirono dagli alloggiamenti di poppa.
Una salva di fucileria piovve contro la dragonessa che abbassò il muso cercando di ripararsi: aghi di dolore le penetrarono le squame nel petto e sulla spalla destra, la dragonessa ebbe anche una fugace visione della pena che le avrebbe causato il chirurgo del suo equipaggio di terra per estrarglieli.
Libertaria ruggì ancora e caricò verso quegli uomini ma nel farlo prese in pieno con la spalla sinistra l’albero centrale della nave che intralciava la sua corsa ed in seguito all’urto esso si incrinò.
Libertaria ebbe un idea. –Reggetevi!- ruggì al suo Capitano e al suo equipaggio.
-Libertaria ma cosa… - la domanda di Giovanna venne interrotta da un grido femminile di stupore quando la dragonessa si impennò sulle zampe posteriori e con tutto il peso del corpo e delle zampe anteriori andò a schiantare l’albero centrale che rovinò contro gli alloggiamenti di poppa.
Il capitano Acton che aveva guidato il contrattacco e alcuni dei suoi uomini vennero travolti dal legno della struttura semidistrutta che si schiantò a seguito dell’impatto con l’albero abbattuto.
Libertaria ruggì un ultima volta per decretare la sua vittoria mentre gli uomini della Tukory correvano ai suoi lati finendo o catturando gli ultimi Borbonici, squadre di marinai Garibaldini si erano già diretti sotto coperta con pesante scorta di fucilieri per attivare le pale della grande nave e metterla in navigazione mentre altri uomini avevano rimosso l’unica catena di ferro che teneva la Monarca unita alla banchina.
Il rombo dei cannoni costieri Borbonici, unito al fuoco di fucileria proveniente dalle banchine del porto, crepitava intorno a loro ma le palle di cannone sollevarono spruzzi di acqua quando mancarono la Monarca che si mise in moto accompagnata dalla più piccola Tukory.
-Saliamo in volo Libertaria! Così potranno dispiegare le due vele rimaste e guadagnare velocità!-
Quando fu in alto nel cielo, la dragonessa osservò come le successive salve Borboniche cadevano sempre più distanti rispetto ai due legni che si allontanavano e navigavano alla velocità massima fuori dal porto.
-E’ incredibile ce l’abbiamo fatta!- esultò la ragazza, mentre le voci dell’equipaggio di Garibaldini dietro di lei si levarono in simili espressioni di trionfo.
Durante il volo di rientro, Libertaria pensò a quanto aveva detto il suo capitano prima della battaglia.
Aveva provato paura nell’affrontare i fucilieri della Monarca?
La risposta lasciò sconforto nel cuore di Libertaria.
-Perché si suppone che noi draghi abbiamo un destino scritto come bestie da guerra?-
Note: L’attacco alla Monarca è un evento reale, conclusosi in un fallimento poiché l’ufficiale borbonico passato ai Garibaldini non era riuscito a predisporre bene la Monarca per l’abbordaggio. La Tukory riuscì comunque a fuggire dal porto. Nella realtà del mondo di Temeraire, il ruolo di Libertaria riesce a ribaltare la situazione consentendo la cattura del vascello. Ho accennato solo brevemente all’incontro tra Libertaria e Giovanna (non potevo perderci troppo tempo): solitamente un draghetto riceve la visita di diversi candidati che si offrono come loro capitani. Come già accennato, alcune rare razze prediligono esclusivamente capitani di genere femminile (Libertaria è uno di questi casi, in quanto frutto di un incrocio nel quale uno dei due genitori apparteneva alla razza Longwing).