Galbatorix nacque nel 7867 a.C., nella provincia di Inzilbêth, ad Alagaësia. All’età di 10 anni, il drago Jarnunvösk si schiuse per lui. Il Cavaliere eccelleva nei suoi studi – sia mentali che fisici – e si dimostrava una grande promessa, superando velocemente i suoi coetanei. Questi, che erano sospettosi della sua rapida ascesa al potere, vennero ignorati dagli altri.
Poco prima la fine del loro addestramento, Galbatorix (ora diciannovenne), il suo drago e due amici si avventurarono sulla Grande Dorsale nel territorio degli Ugralgra. Si accamparono lì, su un ghiacciaio, sicuri nelle loro abilità di poter respingere qualsiasi attacco. Il gruppo cadde in un agguato degli Urgali, che squartarono i compagni di Galbatorix, i loro draghi, e ferirono mortalmente Jarnunvösk con una freccia diretta al suo cuore. Solo Galbatorix sopravvisse, ma non aveva le conoscenze per salvare il suo amico alato. La sua pazzia ebbe inizio quando si trovò solo in quel luogo selvaggio e minaccioso, circondato dai corpi dei suoi compagni e con le braccia strette a ciò che rimaneva del suo amato drago.
La nascita di un pazzo
Inconsolabile, Galbatorix vagò per le montagne, cercando la morte, ma essa non arrivò. Si pensa che Galbatorix incontrò Durza in quel periodo. La Dorsale, o piuttosto, gli spiriti intrappolati in essa, gli insegnarono la magia nera che, successivamente, gli avrebbe facilitato l’ascesa al potere dei Cavalieri. In cambio, Galbatorix aiutò Durza a controllare gli spiriti. Questo fu l’inizio della loro labile collaborazione. Dagli spiriti di Durza, il traditore imparò degli incantesimi subdoli che successivamente insegnò a Kialandì, il quale li usò poi su Oromis.
L’incantesimo proibiva ad un mago “di toccare o manipolare il flusso di energia intorno a lui, ed inoltre gli toglie la possibilità di usare la magia. Nessuno aveva mai fatto una cosa simile prima, e di coloro che sono ancora vivi solo Galbatorix, ora, ne conosce il segreto” (Glaedr, prima edizione deluxe di Inheritance, pag. 435)
Un idea prese forma nella mente di Galbatorix dopo del tempo: avrebbe potuto avere un altro drago dai Cavalieri. Molti mesi erano passati da quando aveva intrapreso l’arduo viaggio nella Dorsale. Forse un contadino lo aveva trovato incosciente nel fango, mezzo morto. I Cavalieri vennero avvisati e Galbatorix fu curato per ritornare in salute. Dormì per quattro giorni interi. Quando finalmente si svegliò, fu portato di fronte al consiglio supremo dei Cavalieri dei Draghi per rispondere dello sfortunato viaggio sulla Dorsale. Galbatorix chiese che gli venisse assegnato un nuovo drago ma l’intensità della sua richiesta rivelò che lui non era tornato dalla sua esperienza con la mente completamente stabile. Fu respinto. In quel momento l’odio di Galbatorix e il ribrezzo per i suoi colleghi e tutti i Cavalieri dei Draghi si cementificarono. Si convinse che loro fossero responsabili per la morte di Jarnunvösk.
Galbatorix iniziò a pianificare di distruggerli tutti. Attirò un Cavaliere simpatizzante alla sua causa utilizzando la magia nera imparata da Durza per accentuare la percezione degli errori passati. Uccisero insieme un anziano, e successivamente Galbatorix assassinò il suo alleato. Gli altri Cavalieri precipitatisi sulla scena, videro l’uomo impazzito gridare, le mani che gocciolavano sangue, per poi scappare nella notte. Abilmente fuggì alla cattura e si nascose nel deserto per sette anni. Le ricerche per trovarlo cessarono.
Successivamente Galbatorix incontrò un giovane Cavaliere chiamato Morzan che riuscì a convincere a lasciargli una porta di Ilirea aperta. Galbatorix rubò un giovane drago appena nato, Shruikan, e fuggi insieme a Morzan. Nascondendosi in un posto pericoloso, nel quale i Cavalieri non osavano avventurarsi, Galbatorix seguì il suo discepolo (nell’apprendere) la nera e proibita magia. Shruikan fu connesso alla volontà di Galbatorix con degli incantesimi – un’imitazione blasfema del tradizionale legame fra drago e Cavaliere – e venne forzato a crescere ad una velocità accelerata. (Durante gli eventi del Ciclo dell’Eredità, Galbatorix appare come un quarantenne, il che significa che lui invecchia più velocemente di quanto non faccia un Cavaliere dei Draghi, ma più lentamente di un umano non alterato. Christopher ha spiegato che questo avviene perché il legame del re con Shruikan è solo una distorsione del normale legame drago-Cavaliere, per cui lui invecchia con una velocità pari a quella di Brom, che aveva perso la sua Saphira.)
L’ascesa al potere
Galbatorix e Morzan iniziarono furtivamente i loro attacchi ai Cavalieri nell’inverno del 7896 a.C., dieci anni dopo la morte di Jarnunvösk. Servendosi di inganni e sotterfugi, uccisero un numero sempre maggiore non soltanto di loro confratelli, ma anche di draghi selvatici. Galbatorix personalmente cacciò e massacrò i vecchi insegnanti/maestri. Altri dodici Cavalieri, delle volte a coppia, si unirono alla causa dei traditori. Insieme a Morzan, erano conosciuti come i Tredici Rinnegati. Galbatorix e i Rinnegati requisirono quanti più Eldunarì poterono dai draghi uccisi per poter aumentare il loro potere.
Il penultimo assalto ai Cavalieri dei Draghi fu fatto a Vroengard. Vrael, il più vecchio e saggio leader del vecchio ordine, si scontrò con Galbatorix fuori dai cancelli di Doru Araeba e quasi ebbe la meglio sul suo nemico. Ma esitò a vibrare il colpo fatale, e Galbatorix colse l’occasione di ferire Vrael al fianco. Vrael fu costretto a ritirarsi ad Edoc’sil sul monte Utgard nella speranza di poter guarire e poi, finalmente, sconfiggere l’usurpatore. Ma Galbatorix e i suoi accoliti vinsero la Battaglia di Doru Araeba. Saccheggiarono la città, rubarono gli Eldunarì rimanenti e tre uova di drago lì conservate. Galbatorix, inoltre, razziò la grande biblioteca; salvò i libri che avrebbe potuto utilizzare e fece distruggere tutto il resto (così come fece con la biblioteca ad Ilirea). Nel Domia abr Wyrda, Heslant il Monaco descrive questa ingiustificata distruzione di conoscenze come la più dannosa azione nella storia contro l’umanità: “Lui distrusse le uniche copie esistenti di innumerabili scritti, storie, trattati matematici, libri di antiche magie, ed altri unici documenti, e noi dovremmo avere più rispetto di ciò che vi era in quelle pagine, tanto più che non le possiamo più recuperare. La nostra razza regredisce a causa di questo” (prima edizione deluxe di Eldest, pag. 628). È incalcolabile la quantità di conoscenze che sono andate perse nelle fiamme.
Galbatorix scovò Vrael poco dopo. Ancora sofferente per le sue ferite, Vrael combatté con coraggio ma inutilmente. Il traditore ferì l’anziano al bacino e poi lo decapitò. Da quel momento non vi furono più i Cavalieri dei Draghi. Edoc’sil cambiò nome in “Ristvak’baen” (“Il Luogo del Dolore”) per sempre. Galbatorix prese la spada di Vrael, Islingr (“Portatrice di Luce”), per il suo uso personale e la rinominò Vrangr (“La Storta”).
Galbatorix ed i Rinnegati, infine, si insediarono ad Ilirea. Oromis e Glaedr sopravvissero ad un imboscata di Formora e Kialandì e riuscirono ad avvertire la città dell’imminente attacco. (Tutti gli Eldunarì lì accolti vennero trasferiti all’isola di Vroengard per salvarli appena prima della Battaglia di Doru Araeba). Gli elfi ed il clan dei nani Dûrgrimst Az Sweldn rak Anhûin, prestarono loro membri per la difesa di Ilirea. Fu tutto inutile. Il re elfico Evandar, il re umano Angrenost, molti elfi e quasi tutto il clan nano furono uccisi. Galbatorix pretese il trono ed il Regno di Broddring. Ilirea fu rinominata Urû’baen e diventò la sede del potere di Galbatorix. (Lui volle migliorarne le mura cittadine in ampiezza ed altezza ed arricchirle di fortificazioni durante il suo regno.)
Del vecchio ordine dei Cavalieri, solo Oromis, Glaedr e Brom sopravvissero. Il vecchio Cavaliere ed il drago furono costretti a nascondere la loro esistenza a causa delle ferite. Brom si mise da solo sulla via della vendetta.
Gli elfi misero sotto custodia la Du Weldenvarden e si ritirarono, solo dopo che due delle loro città furono distrutte: Éwayëna e Luthivíra. I nani tornarono ai Monti Beor. Galbatorix ed i Rinnegati successivamente batterono l’area, cercando di distruggere qualsiasi nano sul loro cammino; la popolazione fu obbligata a trasferirsi a Tronjheim o anche in luoghi sottoterra. (Galbatorix provò a carpire la posizione del Farthen Dûr da molti Cavalieri, ma loro scelsero di morire piuttosto che rivelare l’informazione. Inoltre non riuscì mai a catturare un nano vivo.). Gli elfi si difendevano meglio, con i confini della Du Weldenvarden presidiati. (Galbatorix non aveva mai visitato Ellesméra o Tronjheim prima della morte di Jarnunvösk, ma gli sarebbe piaciuto scoprire la loro localizzazione dai tanti Eldunarì in suo possesso.)
Diventare re
Nel 7900 a.C., la vittoria sembrava completa. Con la maggior parte dei Cavalieri massacrati ed i loro leader morti, Galbatorix (con l’aiuto degli Eldunarì) diventò uno degli esseri più potenti in Alagaësia. Lui si autoproclamò re, e i suoi possedimenti iniziarono ad essere conosciuti come “l’Impero”, i confini del quale si dipanano oltre quelli del Regno di Broddring. Il suo sigillo era una fiamma ondeggiante, ricamata sugli abiti dei soldati:
Come ogni membro delle armate di Galbatorix, il soldato veste una tunica rossa con su ricamata, a filo d’oro, una lingua di fuoco dal profilo frastagliato. Il filo risplende quando si muove. (Prima edizione deluxe di Brisingr, pagg. 18-129)
Ad un certo punto di quest’anno, Galbatorix fece un patto coi Ra’zac che li obbligava a servirlo. Poiché le creature erano state portate quasi all’estinzione dai Cavalieri (ne rimanevano solo due), non erano stati visti in Alagaësia prima dell’ascesa del suo potere. In cambio della sua protezione, un nascondiglio preservato dalla magia, ed una regolare razione del loro cibo preferito, essi divennero i suoi cacciatori di draghi di maggior fiducia. Se si presentava la notizia di una drago libero che sorvolava le terre, i Ra’zac venivano mandati ad investigare. Il re, inoltre, segretamente nascose un certo numero di uova delle creature e ne affidò due ad un culto umano che aveva luogo a Dras-Leona. Il Gran Sacerdote dell’Helgrind, adoratore delle fetide creature, così raccontava della loro collaborazione:
I più vecchi avevano da sempre fatto in nido sull’Helgrind, ma al tempo del nonno di mio padre, Galbatorix rubò le loro uova ed uccise i loro piccoli, e li costrinse a giurargli fedeltà affinché lui non distruggesse interamente la loro specie. Lui li condusse fuori dalle caverne e dai tunnel, nei quali loro erano sempre stati, ed a noi, ai loro devoti fedeli, lui diede la responsabilità delle loro uova – di guardarli e di preservarli e di prenderci cura di loro finché ce ne fosse stato bisogno. Questo noi abbiamo fatto, e nessuno può biasimarci per il nostro operato. (Prima edizione di Inheritance, pag. 290)
Tuttavia, all’insaputa dei preti dell’Helgrind, il re ammazza draghi nascose alcune uova dei Ra’zac in un luogo sconosciuto che nessuno è riuscito a scovare durante i fatti narrati nel Ciclo dell’Eredità.
Ma la vittoria non fu definitiva come Galbatorix aveva pensato. Prima della Battaglia di Doru Araeba, Vrael, Oromis, Glaedr, Umaroth e pochi altri capirono che avrebbero dovuto proteggere il futuro dei Cavalieri dei Draghi e dei Draghi stessi. Le attività di Galbatorix avevano condotto i draghi col legame e quelli selvatici, pericolosamente all’estinzione, così tutti i draghi avevano iniziato a deporre le loro uova nel vivaio situato a Doru Araeba. Ma per Vrael e coloro che sapevano, ciò non era abbastanza. Gli Eldunarì e le uova dovevano essere nascosti. Così costruirono “La Volta delle Anime” all’interno del Monte Erolas, per nascondere l’ultima speranza dei Cavalieri: 135 Eldunarì e 243 uova dei draghi. Per accordo, le informazioni su questa vennero magicamente oscurate dalla mente delle persone coinvolte, per proteggere la localizzazione dalle mire di Galbatorix. Il cavaliere Thuviel accettò di immolare se stesso presso il vivaio per salvare le uova e gli Eldunarì mancanti, qualora la Battaglia di Doru Araeba non si fosse risolta per il meglio. Le emissioni radioattive, inoltre, impedirono a Galbatorix di stabilirsi nell’isola. Il piano funzionò, ma sfortunatamente molti Cavalieri non vennero avvisati dell’imminente esplosione, e morirono in essa. Galbatorix ed i Rinnegati se ne accorsero in tempo e riuscirono a proteggersi. Ancora poco e il traditore avrebbe scoperto che ciò che lo avrebbe sconfitto era nascosto all’interno delle viscere della montagna lì vicino.
Dopo aver preso il trono, Galbatorix era ora libero di ricostruire i Cavalieri così come preferiva… o come pensava dovessero essere. Lui si teneva impegnato con i dettagli delle missioni dei Rinnegati:
Galbatorix conosceva tutti i più intimi particolari della vita dei Tredici: i loro sogni, le loro battaglie – e, più importante – i loro pensieri. Gli piaceva guardarli scontrarsi l’uno con l’altro e delle volte ne aiutava uno od un altro per il suo diletto. (Murtagh, prima edizione deluxe di Eragon, pag. 388)
Il problema di questo passatempo era che ogni Rinnegato poteva eventualmente morire in uno scontro diretto, o poteva essere assassinato, poteva suicidarsi, e morire per un uso eccessivo della magia. Loro non riuscirono a salvaguardarsi dalle ripercussioni delle loro azioni durante la guerra contro il Cavalieri. Quando i draghi si accorsero che tredici dei loro stavano cercando di eliminare la loro stessa razza, furono tutti banditi e fu imposto il Bando del Nome. I draghi legati ai Rinnegati furono privati di tutti i loro nomi, i veri nomi, nomi della nascita, nomignoli, nomi familiari e titoli. Nessuno poté più pronunciare i loro nomi:
…coloro che ricordavano quei nomi, presto li dimenticarono; e anche se puoi leggere i nomi nei rotoli e nelle lettere dove erano annotati e persino scriverli, se ti soffermi su un singolo glifo alla volta, ti sembreranno senza senso. Fu risparmiato solo Jarnunvösk, il primo drago di Galbatorix, poiché non ha colpa se è morto per mano degli Urgali, ed inoltre Shruikan, poiché non ha scelto di servire Galbatorix, ma è stato costretto da Galbatorix stesso e Morzan.
Ed, alla fine, i tredici vennero trasformati quasi in animali. Loro non potevano più dire ‘Mi piace questo’ o ‘Non mi piace questo’, o ‘Ho le scaglie verdi’ poiché così facendo si sarebbero autodefiniti. Loro non potevano neanche chiamarsi draghi. Parola dopo parola, l’incantesimo cancellò tutto ciò che li definiva come delle creature pensanti, ed i Rinnegati non poterono fare altro che guardare, in un miserabile silenzio, i loro draghi perdere il loro raziocinio. L’esperienza fu talmente forte che almeno cinque dei tredici draghi e alcuni dei Rinnegati impazzirono. (Arya, prima edizione deluxe di Brisingr, pagg. 206-207).
Galbatorix andò su tutte le furie. Rimasto con sole tre uova, si vide costretto a dare avvio alla seconda parte del suo grande piano per la dominazione del mondo. Non avrebbe più aspettato.
La resistenza
Ma le questioni si complicarono ulteriormente, Galbatorix mandò il suo esercito sulla Dorsale per distruggere gli Urgali che avevano ucciso il suo drago, Jarnunvösk. Ma, durante la Battaglia di Stavarosk, l’Urgalo Tulkhqa attirò gli umani in uno stretto passaggio all’interno delle montagne. Lì gli Ugralgra massacrarono le truppe del re, uccidendone quasi la metà. Dopo la sconfitta, Galbatorix si disinteressò di loro per un po’.
Un altro ostacolo fu la formazione dello stato del Surda, a seguito della sconfitta dell’Impero durante la Battaglia di Cithrì. Oromis ci spiega come fu possibile, per un piccolo gruppo di uomini, ribellarsi senza troppe conseguenze:
Galbatorix costruì i suoi successi usando la forza e la saggezza dei draghi contro tutta Alagaësia. All’inizio non era capace di controllare più di una manciata degli Eldunarì che aveva catturato. Non è una cosa semplice sottomettere un drago al proprio volere, non importa quanto potente tu sia. Subito dopo essersi sbarazzato dei Cavalieri ed essersi insediato come re ad Urû’baen, si dedicò a sottomettere tutti gli altri cuori, uno per uno.
Pensiamo che il progetto lo occupò per la maggior parte dei quarant’anni successivi, durante i quali pose poca attenzione a ciò che accadeva in Alagaësia – questo il motivo per cui il popolo del Surda riuscì a staccarsi dall’Impero. Quando ebbe finito, Galbatorix riemerse dalla reclusione e iniziò a riprendere il controllo sull’Impero e sulle terre confinanti. Per alcuni motivi, dopo due anni e mezzo di uccisioni e dolori in più, tornò indietro a Urû’baen, e lì è rimasto fin da allora, non più isolato come prima, ma focalizzato su un progetto che conosce solo lui. Ha molti vizi, ma non si è abbandonato alla dissolutezza. (Prima edizione deluxe di Brisingr, pagg. 631-632).
Ancora più problematica fu la formazione del gruppo di ribelli, i Varden, capeggiati da Brom. Egli fu responsabile di molti degli assassini dei Rinnegati, sia direttamente che indirettamente, ed orchestrò la trafugazione di una delle tra uova di drago in possesso del re, con l’aiuto anonimo degli Eldunarì all’interno della Volta delle Anime. Fu in quell’occasione che avvenne l’uccisione dell’ultimo Cavaliere ancora fedele a Galbatorix, Morzan, per mano di Brom. Prima della sua morte, l’ultimo dei Rinnegati aveva avuto un figlio chiamato Murtagh, un fatto che aveva gelosamente nascosto alle menti curiose. Solo Galbatorix sapeva dell’esistenza del bambino, e tenne la notizia segreta per ragioni sconosciute. Forse a causa del fatto che la madre di Murtagh, Selena – anche conosciuta come “La Mano Nera” – era l’agente/spia più capace di Morzan. Alcuni anni prima, lei era scomparsa per molti mesi, durante i quali neanche Galbatorix era riuscito a trovarla, e quando finalmente tornò, morì per una misteriosa malattia che successivamente si scoprì essere dovuta alle complicazioni del parto del suo secondo figlio. Dopo che Morzan morì per mano di Brom, poco prima o proprio durante la morte della donna, il re decise di condurre Murtagh a palazzo ed il castello di Morzan, che era nascosto sulle colline della Dorsale a nord-ovest del vicino il Lago di Leona, diventò un podere di Galbatorix. Il ragazzo e Galbatorix ebbero pochi contatti.
A causa dell’imprevedibilità di Durza, Galbatorix dovette usare lo Spettro per missioni semplici finché Morzan non morì. Senza più problemi, da allora in poi, iniziò a contare su Durza per una sempre maggiore quantità di missioni sotto copertura, facendo di lui una delle figure più potenti dell’Impero, secondo solo al suo maestro.
Lady Marelda del Surda ed i suoi discendenti regnarono sulla nazione appena formatasi al sud dell’Impero per cento anni. Come Oromis ha detto, il Re Drago attese il suo momento per molti anni del suo regno, preferendo portare avanti le sue ricerche, descritte più avanti, piuttosto che schiacciare i suoi oppositori rimasti. Per tenere sotto controllo i suoi nemici, usò la magia, risorse ed inganni per creare un impressionante e larga portata rete di spie, la Mano Nera, così chiamati dopo Selena. Non si faceva scrupoli ad utilizzare metodi clandestini per raggiungere i suoi scopi. Ad esempio, quando i suoi agenti che facevano il doppiogioco, I Gemelli, lo informarono che Jeod Gambelunghe ed altri mercanti aiutavano i ribelli (vedi il paragrafo sotto), il re ordinò ai suoi seguaci di bloccare le attività economiche degli aiutanti e di portarli alla rovina. (Drail, un altro delle sue talpe, avrebbe assassinato Nasuada se non fosse stato per l’intervento di Elva.)
La ricerca del potere assoluto
I Varden collaborarono col Surda per i viveri, la protezione e per alcuni problemi di stabilità interna. Nonostante questo, Galbatorix si sentiva relativamente sicuro nella sua posizione. Pose la sua attenzione alla ricerca del Vero Nome dell’Antica Lingua sfruttando la gran quantità di informazioni che aveva rubato dalle grandi biblioteche di Doru Araeba e Ilirea. La conoscenza di quel nome avrebbe fatto sì che il suo potere fosse assoluto. Sebbene il perseguimento di questo segreto sembrasse chiaro e lineare, fu tutt’altro che semplice, e finì per dedicarci molte decadi per trovarlo. Nel frattempo, i Varden strinsero un’alleanza con i nani, che crearono il centro della resistenza nel Farthen Dûr. I ribelli cercavano disperatamente di sfruttare a loro vantaggio l’uovo di drago in loro possesso, così iniziarono a trasportarlo avanti ed indietro fra i Varden e gli elfi, per vent’anni, nella speranza che si schiudesse per uno di loro.
Un’altra complicazione, tra l’altro meno evidente delle altre, si presentò a causa delle azioni di Galbatorix. Il benessere degli umani, degli elfi e dei draghi era intrinsecamente collegato. Quando un gruppo iniziava ad avvizzire, lo stesso facevano gli altri. Galbatorix, forte del suo potere-corrotto, iniziò a rallentate il deterioramento di tutte e tre le razze.
Durante gli eventi del Ciclo dell’Eredità, Eragon chiese come mai non si fosse semplicemente cercato di trovare il vero nome del re, per usarlo contro di lui e distruggerlo. Arya gli spiega:
Il vero nome di Galbatorix non è un grande segreto. Tre elfi diversi – un Cavaliere e due semplici maghi – lo hanno scoperto per conto loro ormai molti anni fa. Possiamo solo chiederci se Galbatorix conosca il suo stesso vero nome o no. In ogni caso, di sicuro Galbatorix è consapevole di avere un vero nome, come tutte le creature e le cose, e questo è un suo potenziale punto debole. Ad un certo momento, prima di imbarcarsi nella sua missione contro i Cavalieri, trovò un incantesimo che uccideva chiunque pronunciava il suo vero nome. E finché non sapremo esattamente in che modo questo incantesimo uccide, non potremmo proteggerci da esso. Come vedi, quindi, è per questo che abbiamo tutti abbandonato quella linea di ricerca. Oromis è uno dei pochi abbastanza coraggiosi da continuare nella ricerca del nome di Galbatorix, benché in maniera indiretta.
Possiamo solo chiederci se Galbatorix stesso conosca, o meno, il suo vero nome.” (Prima edizione deluxe di Brisingr, pag. 208)
Ciclo dell’Eredità
Pochi mesi prima che i fatti di Eragon avessero inizio, Galbatorix imbrogliò gli Urgali per farsi aiutare. Lui gli promise terre e salvezza, qualora si fossero alleati con lui. Invece ordinò a Durza di usare la magia nera sugli Urgali per obbligarli, senza possibilità di ribellarsi, a combattere per la sua causa. Essi divennero i suoi mercenari più potenti. Il Re Drago li mandò fino ai monti Beor, aizzandoli a trucidare i contadini nelle loro case lungo il cammino. La condanna per gli attacchi ricadde sui Varden, cambiando così l’idea che l’opinione pubblica aveva dei ribelli. Galbatorix pensò che fosse il momento giusto per schiacciare i suoi oppositori. I contadini sapevano poco di tutto ciò:
Poiché gli attacchi dei Varden sono aumentati, Galbatorix ha costretto le città a mandare più soldati ai confini, uomini che sarebbero utili per combattere gli Urgali. Le bestie hanno migrato al sudest, in direzione del Deserto di Hadarac. Nessuno sa perché e non ci interessa, eccetto che per il fatto che attraversano le zone popolate. Sono stati avvistati sulle strade e vicino alle città. Ancor peggio è che si parli di uno Spettro, sebbene le storie non siano state confermate. Nessuno sopravvive ad un suo incontro… è cominciato tutto pochi mesi fa. Interi villaggi sono stati costretti a spostarsi a causa degli Urgali che gli hanno distrutto i campi e le riserve di cibo.” (Merlock, Prima edizione deluxe di Eragon, pag. 25-26)
Si dice che i Varden abbiano stretto un patto con gli Urgali e che stiano ammassando un esercito per attaccarci. E’ solo grazie alla misericordia del nostro re se siamo stati protetti fin’ora – come se a Galbatorix importasse se veniamo rasi al suolo…” (Morn, Prima edizione di Eragon, pag. 28)
Come potete vedere, molti nell’Impero, soprattutto nei punti più limitrofi, non amavano il re.
C’era un odio ben radicato per l’Impero, a Carvahall, molte volte tramandato nelle generazioni. L’Impero non li aveva mai aiutati durante gli anni di carestia, quando erano quasi morti di fame, e gli esattori delle tasse erano senza cuore. (Prima edizione deluxe di Eragon, pag. 29).
La schiavitù era una pratica comune nelle grosse città, soprattutto a Dras-Leona. Galbatorix si assicurò che la cultura fosse difficile da acquisire ed impedì agli storici di pubblicare degli accurati resoconti del passato, o di parlare dei tempi dei Cavalieri. Heslant il Monaco riuscì a pubblicare il Domia abr Wyrda prima di essere catturato ed essere ucciso per i suoi sforzi. Il re rese illegale il possesso del suo libro, fatto che sarebbe stato punibile con l’impiccagione, e tutte le sue copie vennero bruciate. Nonostante questo, i duplicati del libro iniziarono a circolare segretamente.
Galbatorix mandò Durza ad intercettare uno dei portatori dell’uovo dei Varden. Lo Spettro, con un gruppo di Urgali, riuscì a tendere un’imboscata ad Arya ed ai suoi accompagnatori elfici, ma lei riuscì a teletrasportare il suo prezioso carico a Brom, sulla Dorsale, prima di essere catturata. All’insaputa di tutte le parti coinvolte, gli Eldunarì nella Volta delle Anime, modificarono il suo incantesimo in modo da far apparire l’uovo di fronte ad un giovane contadino chiamato Eragon, che viveva a Carvahall.
Quando la dragonessa Saphira fu sicura di essere in salvo, si schiuse davanti ad Eragon, rendendolo così un Cavaliere. Galbatorix mandò i Ra’zac all’inseguimento, dopo essersi improvvisamente accorto di dove l’uovo fosse andato. Eragon scappò con Saphira e Brom, ma suo zio Garrow rimase ucciso durante l’attacco dei Ra’zac (uccidere Garrow fu una decisione avventata, presa dai Ra’zac, che fece montare l’ira di Galbatorix). Questo istigò il giovane Cavaliere nel perseguire il suo piano di distruggere il re. Insicuro sulla lealtà di Eragon, Galbatorix affisse una taglia in tutti i territori nella speranza di catturare il giovane e di portare il ragazzo ad unirsi alla sua causa.
Durante lo stesso periodo in cui Eragon iniziava la sua disperata fuga da Carvahall, Murtagh, al suo diciottesimo compleanno, fu convocato per un pranzo privato con Galbatorix. L’Uccisore dei draghi gli offrì la sua amicizia e Murtagh ne fu conquistato.
Il pranzo fu sontuoso, ma i suoi occhi neri non si staccarono mai da me. Il suo sguardo era sconcertante; sembrava quasi che stesse cercando qualcosa nascosta sulla mia faccia. Non sapevo cosa fare, ho cercato di fare del mio meglio per instaurare una piacevole conversazione, ma lui si rifiutava di parlare, così ho subito abbandonato i miei sforzi.
Quando il pasto fu finito, lui finalmente iniziò a parlare. Tu non hai mai sentito la sua voce, quindi per me sarà difficile farti capire come essa suonava. Le sue parole erano sinuose, come un serpente che sussurrava dolci frasi nelle mie orecchie. Non ho mai sentito un uomo più convincente e spaventoso di lui. Lui mi descrisse una visione: una fantasia sull’Impero per come lui lo immaginava. Ci sarebbero state delle bellissime città costruite in tutto il paese, riempite dai più valorosi guerrieri, artigiani, musicisti e filosofi. Gli Urgali sarebbero stati debellati definitivamente. E l’Impero si sarebbe espanso in ogni direzione, finché non avesse raggiunto in confini di Alagaësia. La pace e la prosperità avrebbero dilagato, ma ancor più meraviglioso, i Cavalieri sarebbero tornati a governare con saggezza sui feudi di Galbatorix.
Incantato, lo ascoltai per quelle che devono essere state delle ore. Quando si fermò, entusiasticamente gli chiesi come avrebbe fatto a far ritornare i Cavalieri, visto che tutti sanno che non ci sono più uova. Galbatorix si alzò e mi fissò pensierosamente. Per un lungo momento rimase in silenzio, ma poi mi porse la mano e chiese: ‘Vorrai tu, figlio del mio prezioso amico, aiutarmi nel mio lavoro per creare questo paradiso?’
Dopo aver saputo la sua storia e la storia di mio padre sulla loro ascesa al potere, il sogno che lui aveva dipinto per me era troppo grande e troppo seducente, per poterlo ignorare. Fremevo per questa missione che mi includeva, così promisi solennemente di aiutarlo. Ovviamente compiaciuto, Galbatorix mi diede la sua benedizione, quindi mi congedò, dicendomi ‘Ti richiamerò quando la necessità lo richiederà’.
Alcuni mesi passarono prima che lui lo facesse. Quando la convocazione arrivò, sentì tutto il mio antico ardore ritornare. Ci incontrammo in privato come la prima volta, ma questa volta lui non fu gentile ed affascinante. I Varden avevano appena distrutto tre legioni, nel sud, e la sua ira era montata in forza. Mi incaricò, con una voce paurosa, di prendere un distaccamento di truppe e di andare a distruggere Cantos, dove si sapeva i ribelli si nascondessero occasionalmente. Quando gli chiesi cosa ne avrei dovuto fare della gente in città e come avremmo fatto a sapere se erano colpevoli o meno, lui gridò ‘Sono tutti traditori! Bruciali al rogo e seppellisci le loro ceneri nel letame!’. Continuò ad inveire, maledicendo i suoi nemici e descrivendo come avrebbe sottratto le terre a tutti coloro i quali gli sarebbero andati contro.
Il suo tono era così differente da quello che aveva usato la prima volta che ci eravamo incontrati; questo mi fece capire che lui non aveva la misericordia o la lungimiranza per guadagnare la lealtà delle persone, e che lui governava con la forza bruta che gli davano le sue passioni. Fu in quel momento che decisi di scappare da lui e da Urû’baen per sempre.” (Murtagh, Prima edizione deluxe di Eragon, pagg. 389-391)
Quella notte, Murtagh fuggì da Urû’baen con il suo fedele maestro, Tornac. Galbatorix scoprì la fuga e mise delle guardie ai cancelli. Tornac morì, ma Murtagh riuscì a scampare alle cattura, poiché il re non si era aspettato che il ragazzo ed il suo mentore avrebbero combattuto e poiché era distratto da Durza che aveva fallito nel riprendere l’uovo di Saphira dalle mani di Arya. Solo, Murtagh decise di nascondersi nella villa di un vecchio amico, per qualche tempo. Galbatorix sapeva dove il giovane fosse ma decise di permettergli di superare la perdita di Tornac mentre lui, il re, andava alla ricerca di Eragon e Brom. Le cose non andarono esattamente come si era aspettato, comunque, perché Murtagh sgattaiolò via quando venne a sapere che c’era un nuovo Cavaliere dei Draghi. Decise di seguire i Ra’zac mentre erano a caccia del nuovo arrivato.
Il leader malvagio lasciò Urû’baen per la prima volta in dieci anni con la scusa di sgridare Lord Tábor di Dras-Leona per essersi prese troppe libertà con la sua elevata carica. In realtà, anche se Lord Tábor ebbe la sua reprimenda, il re era intenzionato a vedere se poteva convincere Murtagh a tornare. Ma ciò non accadde. Galbatorix mandò i suoi Urgali a catturare Brom ed i suoi compagni dopo che i Ra’zac avevano incontrato Eragon alla cattedrale di Dras-Leona. (Ancora una volta, il re non voleva uccidere il giovane Cavaliere ma costringere lui e il suo drago al servizio dell’Impero.) Murtagh comparì, dopo aver eluso di nuovo le mire di Galbatorix, salvandoli da un attacco appena fuori la città, per poi unirsi alla loro causa per una parte del loro viaggio. Brom fu ferito mortalmente in un altro scontro con gli Urgali ed Eragon venne catturato e condotto da Durza a Gil’ead.
Lo Spettro aveva torturato Arya per mesi, per ordine di Galbatorix, per scoprire dove lei aveva mandato l’uovo e tutto ciò che sapeva su Ellesméra. Indipendentemente dalla crudeltà dei maltrattamenti, lei non rivelò i suoi segreti. Infine, il re ordinò al suo preferito di portarla ad Urû’baen, ma l’arrivo di Eragon lo impedì. Durza ignorava che Galbatorix avesse ordinato che nessuno dovesse parlare col ragazzo; lo Spettro conversò con Eragon, palesando che lui sperasse che il giovane Cavaliere si aggregasse a lui, come suo servo, per contrastare il re. Ma Murtagh e Saphira riuscirono a salvare l’elfa ed il Cavaliere prima che gli succedesse qualcosa. Rincorsi tutto il tempo dai Kull, i giovani avventurieri si precipitarono dai Varden nel Farthen Dûr nella speranza di salvare la vita di Arya (era stata avvelenata e solo i Varden conoscevano la cura). Ad eccezione di Murtagh, loro decisero di unirsi alla loro causa.
Qualsiasi cosa Galbatorix pensasse del fallimento di Durza a Gil’ead, il re mandò lo Spettro con un esercito di Urgali all’interno dei grossi tunnel del Farthen Dûr, sperando di attaccarli a sorpresa. Ma non funzionò. I Varden avevano sterminato, all’entrata del Farthen Dûr, il gruppo di Kull che aveva costantemente tallonato Eragon, Murtagh, Arya e Saphira. Tra i cadaveri, trovarono un messaggio in codice scritto da Galbatorix che riportava i piani per un’imboscata, sebbene non fosse chiaro quale fosse l’obiettivo di questa. Questo, prima che un nano incontrasse un gruppo di Urgali nelle gallerie e corresse indietro per avvisare i suoi confratelli. I nani e i Varden fecero crollare le entrate delle gallerie e si prepararono per lo scontro. La battaglia del Farthen Dûr segnò la prima cocente sconfitta di Galbatorix – l’armata degli Urgali fu respinta, Durza fu ucciso, e l’incantesimo che collegava gli Urgali all’Impero fu spezzato. Questi ultimi scapparono nella confusione.
Dopo la battaglia, Murtagh fu rapito dai Gemelli e riportato dal Re Drago. (I Varden pensarono che Murtagh fosse rimasto ucciso in un imboscata degli Urgali.) Una delle due uova rimaste a Galbatorix, si schiuse per Murtagh, rivelando il cucciolo Castigo. (L’ultimo uovo conteneva un maschio, il che rendeva la sopravvivenza di Saphira vitale per il programma di riproduzione del re.) Il nuovo Cavaliere ed il suo drago vennero torturati per estorcergli il loro giuramento di lealtà. Murtagh non riusciva a stare a guardare mentre Castigo veniva torturato e così fece la sua promessa. Galbatorix scavò nella mente del giovane per imparare il suo vero nome e poi lo impose al giovane Cavaliere. Molto probabilmente lo stesso fu fatto con Castigo, inoltre Galbatorix accelerò la crescita del drago con la magia. Il re iniziò ad addestrare le sue nuove e recalcitranti reclute.
Inoltre Galbatorix inviò un gruppo composto di truppe imperiali e Ra’zac a Carvahall alla ricerca di Roran, il cugino di Eragon. Il villaggio rifiutò di consegnare il ragazzo, così alle strette, i Ra’zac rapirono Katrina, la promessa sposa di Roran, il villaggio fu distrutto dai soldati e gli abitanti del villaggio scapparono verso il Surda per unirsi ai Varden, nonostante l’inseguimento dei Ra’zac.
Re Orrin del Surda apertamente concesse le sue truppe ai ribelli dopo la Battaglia del Farthen Dûr. Facilitati dalla loro vittoria, i Varden spostarono il loro quartier generale da Aberon, nel Surda, dove l’alleanza fra uomini e nani si preparava per la guerra aperta.
Prima di entrare nelle terre di Galbatorix, i Varden cercarono di localizzare le truppe del re. L’uccisore di draghi, sapendo che coloro che erano leali ai Varden avrebbero riportato qualsiasi attività anonima, creò una complessa illusione che faceva credere alle spie dei Varden nascoste a Gil’ead che la maggior parte delle sue forze sarebbero rimaste nelle caserme in città. Comunque, la sua strategia non fermò la resistenza per molto. Un’altra spia ribelle ad Urû’baen rivelò che i soldati marciavano in battaglioni non più grandi di 16.000 uomini, i quali comprendevano la maggior parte delle truppe del re. La spia stimò che fossero all’incirca 100.000 uomini o più e lo riferì quindi a Re Orrin. Era chiaro che Galbatorix avesse ingrassato le sue fila con la leva. I Varden, malgrado tutto, decisero di continuare l’avanzata nell’Impero.
Inoltre gli specchi divinatori degli elfi erano stati ingannati dagli incantesimi di Galbatorix. Quando Lord Däthedr finalmente riuscì a spezzare l’incantesimo (dopo tre giorni di tentativi) e si rese conto dell’entità della minaccia che i Varden avrebbero dovuto affrontare, il Popolo Leggiadro iniziò i preparativi per unirsi ai ribelli per attaccare direttamente l’Impero. Eragon e Saphira, che si erano segretamente allenati con Oromis e Glaedr sin dalla vittoria nel Farthen Dûr, tornarono indietro per riunirsi a Nasuada sulle Pianure Ardenti. Il Cavaliere ed il drago furono accolti da una spiacevole visione al loro arrivo:
L’esercito di Galbatorix era talmente grande, da misurare tre miglia di diametro ed era impossibile capire quanto fosse lungo a causa della gran quantità di gente che si confondeva nella nebbia alla distanza. (Prima edizione deluxe di Eldest, pag. 528)
Una cosa inaspettata che avvenne dopo la morte di Durza, fu che gli Urgali, determinati ad avere la loro vendetta sull’usurpatore, si unirono ai Varden poco prima della Battaglia delle Pianure Ardenti. (Si erano ritrovati molto confusi dopo la morte dello Spettro, così avevano mandato la coniuge di covata di Garzhvog ad incontrare il re per capire perché lui avesse rotto la sua promessa e li avesse resi schiavi con la magia. Lei non tornò più.) Anche con le truppe in più a rinforzare le fila dei Varden, essi erano comunque in inferiorità numerica. Angela l’erborista avvelenò migliaia di soldati imperiali per aiutare a ridurre la disparità dei numeri.
Dopo che la battaglia era iniziata, Murtagh e Castigo apparirono improvvisamente, colpendo a morte il re dei nani, Hrothgar, una cosa che Galbatorix non gli aveva ordinato di fare. Inoltre ferirono Eragon e Saphira – più che altro perché il drago rosso ed il Cavaliere erano aiutati da alcuni Eldunarì catturati. Murtagh tolse Zar’roc ad Eragon, spiegandogli che sebbene Morzan fosse il padre di entrambi, lui, in quanto primo nato, aveva il diritto di reclamare la spada come sua legittima eredità. Questa affermazione fu successivamente smentita. Mentre la battaglia infuriava, Roran uccise i Gemelli mentre i draghi e i Cavalieri lo stavano a guardare. Murtagh e Castigo sfruttarono una scappatoia nei loro ordini ed andarono via senza portare le loro controparti a Galbatorix. Nonostante questo ennesimo inconveniente, Galbatorix vietò alle sue milizie di uccidere o menomare permanentemente Eragon o Saphira.
(Dopo la Battaglia delle Pianure Ardenti e negli scontri successivi, i Varden presero prigionieri di guerra. Diventò complicato, comunque, quando tutti gli ufficiali dell’esercito del re e molti soldati ordinari iniziarono ad essere obbligati a giurare fedeltà a Galbatorix e all’impero nell’Antica Lingua. Le persone che sinceramente volevano fare defezione e abbracciare la causa dei Varden non potevano essere accettate poiché non si poteva fare affidamento sulle loro azioni, che le avessero prese controvoglia o meno. Per di più, in ogni città che i Varden conquistavano, tutti i nobili, molti degli ufficiali ed anche alcuni cittadini semplici scelti fugacemente erano sotto giuramento. Il Re Drago usava diverse tattiche per catturare l’obbedienza dei cittadini. Se non riusciva ad assicurarsi la cooperazione dei leader cittadini, lui scovava il loro vero nome per legarli al suo volere; Murtagh più tardi spiegherà che Galbatorix ha iniziato ad usare la schiavitù del nome sin da quando aveva reclutato Morzan. Per tenere le città sotto controllo, Nasuada dovette lasciare a guardia più truppe di quante ne avesse preventivato ed imprigionare troppi cittadini per i quali doveva sottrarre provviste alla resistenza e lasciarle ai cittadini per evitare che morissero di fame.)
Galbatorix era furioso con Murtagh poiché aveva permesso che Eragon e Saphira scappassero. Dopo che Eragon, Roran e Saphira si furono infiltrati con successo nell’Impero, che ebbero invaso l’Helgrind, salvato l’imprigionata Katrina e ucciso i Ra’zac ed i Lethrblaka nella sortita, il re assassinò cinque dei suoi servitori e punì severamente Murtagh e Castigo. I due furono obbligati a pronunciare dei giuramenti aggiuntivi che avrebbero garantito al re la loro completa obbedienza. L’ira del re sarebbe stata ancora maggiore se fosse venuto a conoscenza del fatto che un Ra’zac, poco prima di morire, aveva rivelato ad Eragon che Galbatorix aveva quasi trovato “Il Nome”. Purtroppo, il giovane Cavaliere non capì cosa quello volesse dire, in quel momento, l’informazione avrebbe potuto mettere in pericolo tutti i piani di Galbatorix.
L’uccisore di draghi mandò degli uomini ad abbattere vent’otto antichi alberi nelle profondità della Du Weldenvarden per ricostruire le macchine d’assedio e gli arieti persi sulle Pianure Ardenti. Appena gli uomini iniziarono a lavorare, la Regina Islanzadì ed alcune delle sue guardie forestali uccisero gli intrusi. Gli elfi avrebbero conquistato Ceunon poco dopo.
Murtagh e Castigo attaccarono di nuovo i Varden con un plotone dei “Morti che Ridono” nella battaglia sul fiume Jet. (In cambio della sicurezza economica per le loro famiglie, Galbatorix aveva trovato degli uomini disposti a subire un incantesimo che non gli avrebbe permesso di sentire il dolore. Chiamati i Morti che Ridono, questi uomini erano privi di paure, combattevano ridendo come dei maniaci nonostante venissero mutilati o colpiti a morte.) I due fratelli combatterono di nuovo. In questa occasione Eragon rivelò un informazione che probabilmente avrebbe portato alla sconfitta del re: se Murtagh e Castigo avessero cambiato l’essenza di ciò che erano, il loro ‘vero nome’ sarebbe cambiato con loro e sarebbero stati liberi dal volere dell’usurpatore. Dopo aver condiviso quella vitale informazione, Eragon e Saphira avrebbero potuto attingere alla forza di Arya e dei dodici maghi elfici per battere il Cavaliere rosso ed il suo drago. Ma Murtagh e Castigo si ritirarono.
Galbatorix non aveva creato molti Morti che Ridono. Marltland Barbarossa e la sua squadra, e Roran con loro, incontratono un gruppo di uomini senza paure. Il gruppo di ribelli si impegnò ad annientare i preferiti del re, ed i Varden non incontrarono più quegli abomini sul loro cammino durante il Ciclo dell’Eredità.
Murtagh e Castigo vennero inviati a scontrarsi con Oromis, Glaedr e gli elfi alla Battaglia di Gil’ead. Il re, per lungo tempo, aveva sospettato che gli elfi avessero nascosto un Cavaliere ed un drago superstiti nella Du Weldenvarden, ed aveva ragione. Durante il combattimento, Galbatorix prese il pieno controllo del corpo di Murtagh per parlare con Oromis e Glaedr. I draghi ed i Cavalieri rimasero sospesi in aria grazie agli incantesimi dell’Uccisore di Draghi. Dapprima il re si complimentò per la saggezza del Cavaliere più anziano, e poi finse di provare rimorso per le azioni compiute in gioventù, cercando così di convincere i due antichi guerrieri ad unirsi spontaneamente a lui. Quando loro rifiutarono, le pretese di Galbatorix caddero e giurò di catturarli. Ancora una volta loro decisero di non cooperare. Quindi Oromis soffrì di un attacco, e Galbatorix usò quest’opportunità per colpire mortalmente il Cavaliere più vecchio. Glaedr provò a riportare Oromis indietro dagli elfi ma fu ucciso da Castigo prima di riuscire a volare verso la salvezza. Fortunatamente, l’Eldunarì di Glaedr era salvo nelle mani di Eragon e Saphira a Feinster. Nonostante la perdita dell’antico Cavaliere e del suo drago, gli elfi riuscirono a conquistare la città.
Il conflitto a Gil’ead si sviluppò in contemporanea con la Battaglia di Feinster. Il re si era votato ad eliminare tutte le cellule di resistenza dal suo impero. Galbatorix divise le sue armate in tre unità; una venne mandata a dar manforte ad Arughia (preventivamente rifornita di cibo e rifornimenti, prima dell’arrivo dei Varden), un’altra a Feinster, e l’ultima a Belatona. Lui sperava di far durare la guerra il più possibile e di indirizzare i capi dei Varden in più direzioni possibili. Ma le battaglie che ne conseguirono furono tutte vittoriose per i Varden.
…Da quando Nasuada ed Orrin avevano prelevato la maggior parte delle loro forze dal Surda, Galbatorix aveva apparentemente deciso di prendere vantaggio dalla loro assenza e scatenare la devastazione su tutte quelle regioni senza difese, saccheggiare le città ed i villaggi e bruciare tutti i campi che sarebbero potuti servire per sostenere l’invasione dell’Impero.” (Prima edizione deluxe di Brisingr, pag. 506).
Nasuada mandò duecentocinquanta uomini, fra i quali Roran, per bloccare le incursioni. Si scoprì che i responsabili dei danni erano pressappoco settecento uomini, ma nonostante questo, Fortemartello e gli altri riuscirono a sbarazzarsi di gran parte del gruppo.
Galbatorix fu irritato dalla seguente vittoria dei Varden a Dras-Leona e dalla morte dei due Ra’zac appena nati nascosti dai preti dell’Helgrind nelle catacombe cittadine. (La setta religiosa aveva provato a dare in pasto Eragon e Arya ai nuovi nati prima di mandarli ad Urû’baen. Non è chiaro se il re sapesse o no che i monaci dell’Helgrind avevano ignorato i suoi ordini.) Galbatorix, sapendo che Elva non stava controllando Nasuada come era solita fare, ordinò l’assassinio della ragazza. Nel tentativo di salvarle la vita, Murtagh suggerì che sarebbe potuta essere una preziosa alleata: avrebbero potuto catturarla e costringerla ad allearsi con l’Impero. Per ordine del re, Murtagh e Castigo si infiltrarono nell’accampamento dei Varden, la rapirono e la portarono con loro nella capitale.
Quando Galbatorix parlò per la prima volta con Nasuada, lei poté provare che il tono ed il timbro col quale lui parlava fosse una miscela irresistibile (i lettori possono ragionevolmente dedurre che lui avesse truccato magicamente la sua voce e le sue parole per essere persuasivo e carismatico, provocando in coloro che lo ascoltavano la voglia di stare ad ascoltare la sua saggezza e di ricercare la sua approvazione); lui, inoltre, aveva un leggero accento, il quale, lei pensò, fosse il risultato dei cambi che la sua lingua madre aveva subito negli ultimi cento anni. Di se stesso lui diceva:
Io posseggo molti più anni di quanti mi spettino. Le memorie di centinaia sono le mie. Vita dopo vita: amori, odi, battaglie, vittorie, sconfitte, lezioni imparate e sbagli commessi – tutto ciò risiede nella mia mente, sussurrando la loro saggezza nelle mie orecchie. Io ho memoria di interi eoni. In tutta la storia già scritta, non c’è mai stato un altro come me, neanche fra gli elfi. (Prima edizione deluxe di Inheritance, pag. 420)
Nasuada pensava che Galbatorix volesse delle informazioni da lei, ma al contrario, non ne voleva. La sua rete di spie aveva riportato, con estrema accuratezza, tutti i dettagli sulla resistenza. No, invece lui apprezzava le sue capacità di comando. Fin dalla morte dei Rinnegati, aveva lottato per trovare qualcuno da considerare abbastanza degno per essere suo servitore; Durza era limitato, ma Eragon, Murtagh e Nasuada erano i candidati perfetti. E perché soffrire quando lei avrebbe potuto semplicemente acconsentire? Lei rifiutò, così Galbatorix ordinò a Murtagh di torturarla. (Il re aveva incontrato il padre di lei quando Ajihad era un servitore della tenuta di Enduriel; l’Uccisore dei Draghi non avrebbe mai sospettato che un così insignificante uomo sarebbe andato alla guida di un gruppo di ribelli, ancor meno che sua figlia avrebbe fatto lo stesso così bene.) Galbatorix disse, sebbene la vendetta lo avesse mosso per prima cosa, che lui, in verità, aveva rovesciato i Cavalieri perché essi stavano soffocando, con le loro regole, il progresso di tutte le razze. Nasuada gli fece osservare che le sue azioni erano state le stesse di coloro che lui tanto disprezzava – lui possedeva una gran quantità di informazioni che non condivideva con nessun’altro. Il re lo ammise, ma specificò che il suo comportamento era stato quello solo perché era stato occupato ad indagare su un segreto che gli avrebbe permesso di controllare tutti coloro che usavano la magia sulla terra; disse che una volta che lo avesse trovato, avrebbe reso pubbliche le conoscenze dei Cavalieri. Pianificava di limitare l’uso della magia in Alagaësia. Solo gli incantesimi più semplici e benefici sarebbero stati possibili. Solo lui sarebbe rimasto fra gli elfi, gli Urgali e i nani ad impedire che loro spazzassero via gli umani.
Nasuada ripetutamente rifiutò di unirsi a lui e si burlò della validità dei suoi piani. (Nonostante questo, dopo la morte di Galbatorix, lei stessa avrebbe provato a mettere in pratica una sua versione di quello stesso piano.) Se, come lei gli fece notare, lui aveva a cuore i migliori interessi per il popolo, perché lui aveva permesso ai Varden di vagabondare per l’Impero senza essersi voltato a scontrarsi con loro? Perché lui aveva portato i draghi quasi all’estinzione e aveva annientato i Cavalieri? E perché aveva torturato e sottomesso gli Eldunarì? Galbatorix non risposte, ma invece si divertì a costringere Murtagh a torturarla.
Murtagh, invece, di nascosto alleviava il dolore di Nasuada il più possibile. Lei cercò di scappare, uccidendo alcune guardie e il suo carceriere nel tentativo, solo per essere poi catturata poco dopo. Furioso, Galbatorix le disse che lei non avrebbe dovuto ucciderli per fargli un dispetto e che lei non avrebbe dovuto fare niente senza che lui glielo ordinasse. Lui ricompensò le azioni della ragazza, sottoponendola alle “Larve scavatrici”, delle creature che ascoltavano i suoi comandi ed uno strumento di tortura che lui aveva usato su pochissimi, forse su nessuno. Lui rideva mentre lei soffriva.
Le attenzioni di Galbatorix furono rapidamente allontanate da Nasuada dal veloce arrivo delle armate di Varden ed elfi. Per un paio di giorni lui supervisionò la preparazione finale delle difese di Urû’baen e discusse le strategie con Lord Barst (al quale affidò un Eldunarì prigioniero), ordinandogli di accertarsi di rompere ogni singolo osso di Roran qualora Barst lo avesse incontrato. Il re, inoltre, lanciò degli incantesimi sulla città per far sì che gli effetti della magia, all’interno delle mura della capitale, fossero imprevedibilmente reindirizzati e che i passaggi d’accesso verso la cittadella fossero invisibili, questo avrebbe fatto sì che ci fossero meno accessi non autorizzati. Una volta completati questi compiti, lui focalizzò tutta la sua attenzione ancora una volta su Nasuada.
Galbatorix la assoggettò a visioni di diversi tipi, tutte estremamente dettagliate. Solo la segreta assistenza di Murtagh impedì alla ragazza di perdervisi. Come sapete, l’usurpatore non era capace di replicare il tocco della mente di un’altra persona, quindi Murtagh poteva contattarla mentalmente prima che il re facesse iniziare le sue illusioni e dopo che le faceva cessare. Il primo gruppo di allucinazioni furono delicate, seguite poi da più elaborati e fantastici scenari, ma più lei resisteva, più i dettagli diventavano sciatti. Il re prese spunto dalle memorie degli Eldunarì catturati e dei loro Cavalieri deceduti, così come dalle sue; ma più lui o loro si stancavano, più le illusioni diventavano deboli. Galbatorix fallì nel rompere la sua mente poco prima la Battaglia di Urû’baen; era da lunghissimo tempo che nessuno era riuscito a resistergli per così tanto e così bene.
Confronto finale
I Varden assaltarono la capitale. Eragon, Saphira, Arya, Elva, Blödhgarm, ed altri elfi lanciatori di incantesimi entrarono nella cittadella, usando Niernen per aprire una breccia nel perimetro di sicurezza. La strada alla sala del trono era tappezzata di trappole, ma Elva giudò il gruppo in avanti, sfortunatamente Blödhgarm ed i maghi vennero presi da un incantesimo che lì allontanò prepotentemente dal resto del gruppo (non vennero uccisi, ma semplicemente catturati). Eragon, Arya, Saphira ed Elva localizzarono Galbatorix nella sua sala del trono. Spogliando tutti quanti delle loro difese con solo una parola, il re li imprigionò in quello stesso luogo, impedendogli di muoversi. Galbatorix gli rivelò di aver finalmente trovato il nome dell’antica lingua. Lui disse, la sua voce più autoritaria di quella di Ajihad e più elegante di quella di qualsiasi elfo:
“Con questa Parola, io posso riforgiare gli incantesimi con la stessa facilità con cui un qualsiasi altro mago può comandare gli elementi. Tutti gli incantesimi si sottometteranno a me, ma io non sarò sottomesso a nessuno, ad eccezione di ciò che sceglierò io.”
“Userò il Nome dei Nomi per tenere ogni mago in Alagaësia sotto controllo, e nessuno potrà lanciare un incantesimo senza il mio permesso, neanche gli elfi. In questo stesso momento i maghi nei vostri eserciti se ne stanno rendendo conto. Dopo che si saranno inoltrati entro una certa distanza in Urû’baen, oltrepassato l’ingresso centrale, i loro incantesimi smetteranno di funzionare come dovrebbero. Alcuni dei loro incantesimi falliranno del tutto, mentre altri scaglieranno il loro effetto sulle vostre truppe invece che sulle mie.” Galbatorix inclinò la sua testa e il suo sguardo si fece distante, come se stesse ascoltando qualcuno che gli sussurrasse alle orecchie. “Ha creato molta confusione fra i vostri ranghi. (Prima edizione di Inheritance, pag. 665)
Galbatorix rese inefficaci i progressi di Eragon e Saphira: Elva era inefficace contro di lui, Niernen non poteva essere utilizzata; la morte di Durza non era stata un problema – gli Spettri erano facili da creare e rimpiazzare; il re aveva nascosto altre uova dei Ra’zac da qualche parte nel mondo, così che le creature non erano del tutto estinte come il giovane Cavaliere ed il drago pensavano; persino Murtagh e Castigo erano più potenti di Eragon e Saphira.
L’Uccisore di Draghi pensava che la vittoria fosse assicurata, ma in effetti, aveva organizzato la sua stessa esecuzione. Il re aveva comunicato la Parola a Murtagh, sicuro che il giuramento inviolabile del ragazzo gli avrebbe proibito di usarla senza il suo permesso. (Tutti coloro che la ascoltavano, per incanto, erano impossibilitati a ricordarla.) Inoltre, Galbatorix non sapeva che l’Antica Lingua non era l’unico mezzo per lanciare un incantesimo, e questa lacuna sarebbe stata disastrosa per i suoi piani di conquista del mondo. Lui, inoltre, non era a conoscenza del fatto che prima della Battaglia di Urû’baen, Eragon, Saphira e l’Eldunarì di Glaedr avevano segretamente viaggiato fino a Vroengard dove avevano trovato la Volta delle Anime, usando degli indizi lasciati per loro dagli Eldunarì lì dentro. Molti degli Eldunarì preferirono tornare indietro nella madrepatria con Saphira ed Eragon per aiutare nel confronto finale col re. Galbatorix fu certamente sorpreso quando essi finalmente si rivelarono.
Nonostante Eragon e gli altri fossero bloccati, i loro Eldunarì potevano comunque continuare ad attaccare Galbatorix ed i suoi Eldunarì. Ma il re si era preparato allo scontro rapendo due bambini dei nobili di palazzo. Lui minacciò di uccidere i bambini se i loro attacchi mentali non fossero cessati. Eragon, Oromis e Glaedr riuscirono a far calmare gli Eldunarì così che non si facesse alcun male ai bambini. Persino il tentativo segreto di Eragon di uccidere il re con l’Antica Lingua fu immediatamente sventato dall’Uccisore dei Draghi utilizzando il Nome dei Nomi.
La discussione che seguì confermò che Galbatorix non aveva limiti etici che non fosse disposto a travalicare; la sua fame di potere assoluto era insaziabile; lui era carismatico, narcisista, intelligente, e non si sarebbe fermato finché tutti non si fossero inchinati a lui senza opportunità di ribellarsi. Non gli interessava in che modo avrebbe vinto, ma solo di farlo. Durante il protrarsi della loro discussione, era subito apparso ovvio che Shruikan fosse lì con loro nella sala del trono. Era enorme, persino se comparato con Saphira o Castigo. E non soltanto il drago nero era presente, ma anche Nasuada era lì, incatenata ad una grande lastra di pietra.
L’usurpatore si rifiutò di combattere di persona contro Eragon, preferendo invece costringerlo a duellare contro Murtagh, fratello contro fratello. Galbatorix fu enormemente sorpreso quando Eragon rivelò che lui e Murtagh condividevano solo la madre. I due giovani Cavalieri si equiparavano, ma Murtagh velocemente riuscì a prevaricare su Eragon e andò molto vicino a sferrargli un colpo mortale. Galbatorix rimproverò il giovane per aver tentato di uccidere Eragon ed il duello riprese. Entrambi soffrivano per il numero crescente di ferite e contusioni. Eragon, usando la tecnica conosciuta come “La Via della Conoscenza”, capì che Murtagh non soltanto era uno spadaccino leggermente migliore di lui, ma che lui dava molta più importanza al duello di quando non gliene desse Eragon. Dopo aver capito questo, Eragon seppe cosa fare per porre fine al duello: deliberatamente lasciò a Murtagh un apertura nella sua postura di difesa. Murtagh, cadendo nella trappola, ferì Eragon lungo le costole, quindi Eragon, lo contraccambiò ferendolo in pancia. Galbatorix finalmente fece finire il duello, annunciando che Eragon era il vincitore.
Il re ordinò loro di avvicinarsi al trono per essere guariti, ma Murtagh e Castigo precedentemente si erano resi conto che i loro veri nomi erano cambiati poiché Murtagh si era innamorato di Nasuada durante la sua incarcerazione. (Questo era il motivo della sua determinazione a vincere il duello – la speranza di poterle garantire la libertà.) Il giovane drago ed il Cavaliere non erano più incatenati a i loro giuramenti. Murtagh aiutò Eragon, usando il Nome dei Nomi, a privare Galbatorix di molte delle sue difese. Nel momento in cui queste misure cautelari furono strappate dal re, vi furono molti lampi di luce. Castigo balzò su Shruikan.
Il re bloccò il conseguente tentativo di Elva di colpirlo con le sue parole. Murtagh gridò che Galbatorix era stato privato di tutte le sue difese, ma l’Uccisore di Draghi zittì magicamente il giovane Cavaliere e lo mandò al tappeto. Egli era furioso: lui aveva tratto il suo mantello ed i suoi guanti dalle ali di Belgabad, strappato la sua corona al Re Angrenost, e rubato la sua spada a Vrael, e ancora quel giovincello tentava di ucciderlo?
“Hai bisogno che ti si insegni un po’ d’umiltà, ragazzo,” … “Mi farà molto piacere averti al mio servizio,” (Galbatorix, Prima edizione deluxe di Inheritance, pa.g 717)
Il re era capace di tenere a bada chiunque, ma questa volta Eragon, Arya, Saphira e gli Eldunarì liberi potevano colpire Galbatorix e i suoi involontari complici. Ma questo non preoccupava il re che era un maestro nell’irrompere nelle coscienze dei suoi oppositori, il che gli faceva trarre un piacere perverso. Galbatorix ordinò agli Eldunarì catturati di cessare i loro attacchi su Eragon e concentrò tutte le sue forze ed attenzioni sull’abbattere le barriere mentali del suo nemico. Eragon non riuscì ad impedire che la mente di Galbatorix invadesse la sua come un laser. Il giovane Cavaliere descrisse la coscienza di Galbatorix come:
…una terribile vista dominata dalle ombre, spazzata da intense raffiche gelate o folate torride – dominate da sbarre di ferro, rigide ed impenetrabili, le quali dividevano le diverse aree della sua coscienza.” (Prima edizione deluxe di Inheritance, pagg. 715-716)
Il re pretese la sua sottomissione sei volte, aumentando ogni volta la furia dei suoi attacchi. Eragon era disperato ma capì che, se avesse dovuto passare il resto dei suoi giorni obbligato a servire Galbatorix, avrebbe voluto che l’uomo assetato di potere capisse ciò che provocavano con le sue azioni infide – la sofferenza che lui avrebbe causato:
Fu un incantesimo senza parole, poiché le magie di Galbatorix non ne avrebbero permessi di altri tipi, e nessuna parola avrebbe potuto descrivere ciò che Eragon provava, o ciò che sentiva. Un intera biblioteca di libri non sarebbe stata sufficiente allo scopo. Il suo fu un incantesimo guidato dall’istinto e dalle emozioni; il linguaggio non avrebbe potuto contenerlo.
Quando la magia cominciò a fare effetto, Eragon sentì Umaroth e gli Eldunarì volgere la loro attenzione al suo incantesimo, faticando ad ignorare i draghi di Galbatorix. Centinaia di anni di dolore inconsolabile e rabbia si alzarono dal profondo degli Eldunarì, come un boato ruggente, ed i draghi unirono le loro menti con quella di Eragon e cominciarono a modificare l’incantesimo, approfondendolo, amplificandolo, costruendoci sopra finché esso non comprese molto più di quando il ragazzo avesse originariamente inteso.
L’incantesimo non avrebbe soltanto mostrato a Galbatorix quanto fossero state sbagliate le sue azioni; ma ora lo avrebbe obbligato a sentire tutto ciò che gli altri avevano provato, sia nel bene che nel male, e tutto ciò che lui aveva suscitato negli altri fin dal giorno in cui era nato. L’incantesimo andava oltre tutto ciò che Eragon aveva inventato, poiché conteneva molto più di quanto ogni singola persona, od ogni singolo drago, avrebbe mai potuto concepire. Ogni Eldunarì contribuì all’incanto, e la somma della loro collaborazione fu un incantesimo che non soltanto si estendeva per tutta Alagaësia, ma che inoltre andava a toccare ogni momento del tempo da quel giorno alla nascita di Galbatorix.
Questo fu, secondo Eragon, la più grande opera di magia che i draghi avessero mai compiuto, e lui fu il loro strumento, lui fu la loro arma. (Prima edizione di Inheritance, pagg. 720-721)
Anche se il re aveva qualche difesa residua, queste non lo protessero dall’incantesimo poiché la magia non era un tentativo di ferirlo ma di comunicare con lui. Galbatorix non riuscì più a tenere bloccati i suoi nemici ed essi si rimisero tutti in azione. Arya, Saphira e Castigo si scontrarono con Shruikan, mentre Eragon fronteggiava l’Uccisore dei Draghi da solo. Il ragazzo riuscì a respingere alcuni colpi di spada del re e ad infliggergliene lui qualcuno. Nel frattempo, Galbatorix non riusciva a bloccare l’assalto furioso ed opprimente dei sentimenti ed emozioni di migliaia di persone che avevano subito le sue angherie. Saphira e Castigo bloccarono la testa di Shruikan per terra ed Arya infilzò Niernen nell’occhio del drago nero, uccidendolo. Il trambusto distrasse Eragon abbastanza da fargli rischiare di essere mortalmente colpito da un fendente della spada di Galbatorix, ma l’avviso tempestivo di Elva, diede al giovane Cavaliere la possibilità di schivarlo e ritornare all’attacco pugnalando Galbatorix all’addome.
Incapace di mettere freno alla sofferenza di migliaia di persone che confluiva dentro di lui, Galbatorix implorò Eragon di porre fine all’incantesimo. Dopo che ebbe rifiutato, il re si suicidò trasformando il suo corpo in un esplosione di pura energia. Forse aveva sperato di annientare i suoi nemici con l’esplosione atomica, ma neanche questo funzionò. Eragon, aiutato dagli Eldunarì suoi alleati, lanciò un incantesimo per proteggere dall’esplosione e dalla caduta dei detriti coloro che si trovavano nella sala del trono.
La pioggia nucleare e le esalazioni nucleari si sparsero per Urû’baen, ma vennero contenute e bonificate con la magia. Nonostante questo, ci sarebbe voluto molto tempo per risanare tutti i danni causati alla città ed alla sua gente. Per tutta Alagaësia, per quel che importa. Blödhgarm e i maghi elfici sopravvissero all’esplosione e vennero salvati da Arya prima che il palazzo crollasse. Gli Eldunarì imprigionati iniziarono un lungo, e forse impossibile, cammino di recupero, con l’aiuto degli elfi. Molti tesori – incluso l’intatto uovo di drago (Firnen), spade di Cavalieri dei Draghi, artefatti magici, libri, pergamene e molto altro – furono o ritrovate o programmate per il recupero. Alcuni tentativi di vendetta, uccidendo importanti membri dei Varden, vennero sventati. Castigo e Murtagh volarono verso luoghi remoti per cercare di risanare i loro traumi. Nasuada fu incoronata regina suprema. Sembrava che il regno di Galbatorix fosse finalmente finito.
Solo Eragon, Arya, Murtagh ed i draghi conoscevano il Nome dei Nomi. L’equilibrio sembrava essere tornato sulla terra. Ma l’influenza di Galbatorix permase. Non emersero segni in Alagaësia dei Ra’zac che lui aveva nascosto, così che loro erano sicuramente ancora vivi. E Nasuada cominciò a mettere in atto un piano, per coloro che erano capaci di usare la magia, molto simile a quello che l’Uccisore dei Draghi le aveva delineato durante la sua prigionia.